Comune di Terni, riequilibrio e malumori

Il consiglio comunale approva l’avvio della manovra, ma perde due voti. Il banco di prova vero, però, sarà tra tre mesi

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La procedura parte. Il consiglio comunale – risolta la grana-assessore, con la nomina di Tiziana De Angelis – martedì ha approvato l’adozione del ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario presentata dalla giunta. Ma i voti a favore sono stati 19 (12 i contrari) visto che due consiglieri di maggioranza (Ricci e Bencivenga) non hanno preso parte al voto.

Il lavoro da fare «Il piano – ha detto l’assessore Vittorio Piacenti D’Ubaldi – è l’unico strumento utilizzabile ed è un’assunzione di responsabilità piena, oltre che un atto di generosità nei confronti della città, perché alla fine di questo lavoro, con trasparenza, potremo riconsegnare l’ente risanato a chiunque verrà dopo di noi. Il lavoro da fare sarà durissimo per tutti, anche per la struttura. Per questo ci confronteremo con tutti, a cominciare dalle parti sociali». Si tratta «di una situazione che ha ragioni profonde e lontane. La crisi degli Enti locali è ormai di sistema e anche il parlamento se ne sta rendendo conto. Inoltre sono molte le amministrazioni che hanno fatto ricorso agli strumenti del piano».

Il Comune di Terni Nel caso del Comune di Terni, ha aggiunto Piacenti D’Ubaldi, «si tratterà di un piano di riequilibrio di cinque anni: riguarda 8 milioni di debiti fuori bilancio stimati fino ad oggi e di 3 milioni di disavanzo strutturale. La ricognizione parte da mercoledì 18 ottobre con il riaccertamento strutturale dei residui, poi si predisporrà il piano effettivo che sarà portato in consiglio comunale prima della fine dell’anno, per essere poi trasmesso alla Corte dei Conti».

Gli asset Sulle azioni da porre in essere l’assessore ha ribadito che «verranno ceduti asset che noi riteniamo non più strategici e altri beni patrimoniali non essenziali. Lo squilibrio di parte corrente inoltre dovrà essere sanato dicendo alcuni sì e alcuni no, con la giusta motivazione, nell’interesse generale. Ulteriore lavoro dovrà esser fatto sulla diminuzione del debito, uno dei fardelli che pesano di più sull’Ente, per poi passare alla riorganizzazione della macchina amministrativa per evitare le disfunzioni».

Il dibattito Intervenendo nel dibattito Enrico Melasecche (IlT) – che ha avuto un violentissimo scontro con Sandro Piccini del PD – ha accusato la giunta di «mentire serialmente. Avete condannato la città nascondendo le vere ragioni di questo disastro, per il quale siamo un’eccezione tra i Comuni d’Italia. La massa di residui attivi è la vergogna con la quale è stata truffata la città anche presentando bilanci falsi, perché questo comune se n’è fregato di recuperare i crediti in danno a tutta la città. Altri debiti emergono di giorno in giorno di cui il sindaco non sapeva nulla come quello delle mense scolastiche. Come li pagheremo? Vendendo le farmacie, poi l’Asm che è un’azienda che poteva valere il triplo ed ora è in difficoltà perché non ha prodotto utili». Per Marco Cecconi (FdI) «non si può firmare un atto che è una cambiale in bianco con conseguenze incalcolabili, in assenza di conti definitivi. La verità è che si tratta di un’enorme fallimento politico di questa maggioranza. Dovreste solo scusarvi con la città, ammettendo di esservi sbagliati». Valentina Pococacio (M5S) ha sottolineato che «due anni fa siamo stati noi a dire che eravamo in condizioni di predissesto. Siete ormai nel mezzo di una frana. Vi giocate l’ultima carta e la vendete come atto di generosità. Dovete spiegarci perché non c’è liquidità. State elemosinando dalla cittadinanza sui danni che avete fatto. Inoltre, non si può votare su una stima, su una delega in bianco per chiedere alla città ulteriori sacrifici per risolvere problemi che voi stessi avete creato». Federico Pasculli (M5S) ha aggiunto che sui debiti fuori bilancio «la soluzione non può essere data da chi ha creato il problema: faccio richiesta che si dia vita ad una commissione per verificare tutti i debiti». Per Faliero Chiappini (Città aperta), «quella di oggi non è una bella giornata: al di là di ciò che è successo in passato, siamo obbligati a fare alcune cose, dobbiamo assumerci la responsabilità per determinare una svolta. Questo percorso può essere una sfida rispetto alla riorganizzazione dell’ente per riportarlo sulla giusta direzione finanziaria». Stefano Fatale (FI) nel suo intervento ha sottolineato che «la giunta non può scaricare sempre la colpa sugli altri e sul legislatore. La sfida politica, per come la intendiamo noi, non può essere la svendita degli ultimi due beni presenti nel territorio, Asfm e Asm. Ma non ci convincono le altre sfide politiche delle quali parla l’amministrazione, come la città della salute, la raccolta differenziata, la questione delle mense e dell’ambiente che non riguardano mai un progetto che guarda al futuro». Per Paolo Crescimbeni (Gm) «Il tono trionfalistico dell’assessore è del tutto inopportuno. Mi sembra piuttosto una giornata di lutto per la città. Dalle dichiarazione della giunta non emergono idee nuove, non c’è una nuova progettualità, ma il semplice ricorso ad una via di uscita prevista dal governo Monti». Franco Todini (Il Cammello) ha fatto rilevare come «il problema di fondo è che ci troviamo sulla strada di un’amministrazione controllata, che ingesserà completamente la macchina amministrativa consentendo interventi minimi che serviranno solo per la sopravvivenza. Non c’è una visione politica, solo incapacità e mancanza di visione». Per Thomas De Luca (M5S), «la soluzione migliore è che chi ha creato questo buco vada a casa. Ci dovete spiegare come fino ad ora avete speso i soldi dei ternani, a cominciare dai debiti delle mense. Le bugie hanno aggravato i conti dell’ente per anni». Il presidente del gruppo del PD, Andrea Cavicchioli, pur ricordando tutti i tagli subiti dagli enti locali, ha detto che è evidente «che siamo di fronte ad un problema strutturale dell’ente; un ente che attualmente ha una situazione di difficoltà accertata derivante da un eccesso d’indebitamento che viene da molti anni indietro. Di fronte a questo c’erano diverse possibilità: potevamo ammainare la bandiera e mettere le carte in mano ad un commissario. E’ invece stata fatta una scelta diversa fornendo una garanzia democratica anche per le opposizioni che un commissario non darebbe mai: gli atti dovremo farli vedere a tutti, in piena trasparenza. Oggi noi facciamo dunque un’operazione diversa da quella che farebbe un commissario: non toccheremo l’imposizione fiscale. Dall’atto che votiamo stasera scattano una serie di meccanismi di tutela e trasparenza e inizia un percorso durante il quale abbiamo 90 giorni per fare il piano di riequilibrio in cui dobbiamo inserire tutti gli atti che anche le opposizioni potranno verificare con noi. Esiste procedura più garantista di questa e più conveniente per la città? La realtà è che si tratta di un’operazione senza alternative, trasparente e nell’interesse generale».

Il futuro Il problema vero, però, potrebbe emergere tra 95 giorni, più o meno, visto che ora ci sono cinque giorni per inviare l’atto al ministero dell’Interno e alla Corte dei conti, poi scatteranno i 90 giorni entro i quali il consiglio comunale dovrà tornare a votare un atto, quello sì, pieno di numeri – quello approvato martedì aveva solo l’indicazione generica degli otto più tre milioni di disavanzo – e di dettagli. E lì potrebbero sorgere problemi – come dire – di coscienza più seri nei consiglieri.

Polemiche ‘social’ «Avviso ai naviganti – ha subito commentato Sandro Piermatti (PD) su Facebook – Eros (inteso come Eros Brega; ndr) ordina, Benci (inteso come Luigi Bencivenga; ndr) ubbidisce». Con il diretto interessato che ha replicato: «Tu Piermatti è una vita che obbedisci». Contro replica: «Giusto obbedisco ai mie valori non ai capi bastone». Contro-contro replica «Anche tu hai avuto i tuoi capi bastone». E l’ex vice presidente del consiglio comunale,  David Tallarico, che ironizza: «Che commedia che siete». Avanti così.

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