L’economia si muove, la politica lo faccia

Secondo Banca d’Italia, in Umbria la ripresa economica c’è: come non registrare con favore l’inversione di tendenza? – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Eppur si muove. O si muoveva nel 2015, anno cui fanno riferimento i dati del rapporto di Bankitalia sull’economia umbra. Una disamina della situazione, scevra da roboanti dichiarazioni elettoralistiche, prese di posizione volte al negativo e alla polemica spicciola e inconcludente.

Cattiva consigliera la molla della polemica per amor di polemica, perché a volte porta in evidenza la mancanza di argomenti, la paura che incutono parole complicate come pirolisi, ad esempio, che siccome non sappiamo cos’è dev’essere qualcosa di brutto, di cui non vale la pena di discutere e su cui non è il caso di confrontarsi.

Secondo il rapporto della Banca d’Italia, in Umbria la ripresa economica c’è seppur “moderata”, come accade un po’ dappertutto. Ma come non registrare con favore un’inversione di tendenza che già di per sé è positiva?

Il Pil sale dello 0,8%: la crescita dell’occupazione, iniziata nel 2014, si è intensificata nel 2015 e ha “consentito di colmare buona parte della perdita accumulata nel quinquennio precedente”; il tasso di disoccupazione è diminuito specie tra la popolazione più giovane e quella laureata.

E’ cresciuta l’attività industriale “dopo una lunga fase recessiva”; il valore aggiunto è aumentato dell’1,4% (però il numero delle imprese cala della stessa percentuale). Il fatturato, che nel 2014 era calato di un punto, è salito nel 2015 del 4,2. Le esportazioni sono aumentate del 6,4%.

Certo, non sono tutte rose e fiori: nel commercio è in atto una “rivoluzione” che vede soffrire i piccoli a vantaggio degli ipermercati. E non è detto che tra l’Umbria del nord e quella del sud non ci siano discrepanze.

Terni, per parte sua, a fronte delle difficoltà della sua industria maggiore, registra un dato che la fa distinguere in ambito regionale: un 6,8% di aumento delle presenze turistiche. Ma si parla di piccoli numeri, che però non per questo meritano una scarsa attenzione.

Ogni possibilità di espansione va tenuta nel massimo conto, sostenuta, aggredita. Senza crearsi l’illusione di avere a disposizione un settore che sostituisca l’industria, il manifatturiero. E’ accaduto in passato con l’alta formazione (Isrim), con le nuove tecnologie di comunicazione (Videocentro e Multimediale), con il cinema (Papigno), e via dicendo. Tanta “pressione”, tante speranze hanno scatenato meccanismi che hanno portato ad una serie di fallimenti.

Evitando perciò di farsi prendere la mano, rimane lecito (e obbligatorio) guardare con interesse a nuove iniziative.

Il che non basta se poi non si registra il ruolo propulsivo, concreto, rapido da parte delle istituzioni locali che può nascere se se ne discute, su valuta, si propone. I momenti difficili non possono non essere affrontati che mediante un confronto sereno, aspro, libero da preconcetti e da interessi di bottega. Che cerchi soluzioni mediante l’individuazione della risultante tra le varie posizioni, e non mediante i ricorsi alla Procura.

Senza paura delle parole difficili solo perché non se ne conosce il significato. Tornando a fare politica, insomma, ma vera. Non quella dei rancori, delle conte, delle lobbies, dei facili populismi.

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