Referendum, dove il PD vota contro se stesso

Lo zoccolo duro si sente stretto, poco considerato seppur ritenga se stesso – a torto o a ragione – l’humus della sinistra ternana – Il corsivo di Walter Patalocco

Condividi questo articolo su

di Walter Patalocco

Ha destato qualche sorpresa che nell’Umbria rossa al referendum del 4 dicembre abbia vinto il No. Al contrario di quanto è accaduto in Toscana ed Emilia, le altre due regioni del “Trio Lescano” delle “rosse per sempre”.

Ancora: in Umbria il No ha ottenuto un risultato migliore nell’area sud, il Ternano per capirsi, in passato roccaforte operaia dell’Umbria comunista.

Che è accaduto? A Terni sono diventati tutti di destra o grillini? Oppure la sinistra radicale è cresciuta a dismisura? Niente di tutto questo: ha votato No lo zoccolo duro di quel Pci che faceva man bassa di consensi negli anni che vanno dal dopoguerra alla Bolognina, quando la bandiera rossa con la falce il martello e la stella sparì dal simbolo (e dalle insegne delle sezioni) lasciando il posto a una quercia, poi a un ulivo. Lo zoccolo duro, la croce, la faceva materialmente sulla specie arborea del momento, ma dietro vedeva sventolarvi quella vecchia bandiera rimasta nel cuore. Poteva domenica scorsa far la croce su un Sì dietro al quale intravedeva – a torto o a ragione – agitarsi una bandiera con lo scudo crociato?

Il problema forse sta qui. In questo zoccolo duro che col Pd s’è trovato a disagio, s’è sentito messo da parte. E ha visto alcuni di coloro che avrebbero dovuto ispirargli fiducia correre alla bisogna sotto le insegne del nuovo corso renziano.

Quella componente operaia che si è sentita tradita dal Job Act e ancor più dall’abolizione dell’articolo 18; quella che non può fare a meno di scegliere chi votare in seno alla lista (anche se poi, una volta, passava in sezione per prendere i numeretti delle preferenze); quella che Renzi “sarà pure un boy scout ma vatti a fidare”; quella che si sente di far parte della “ditta”. Quella, cioè, che rende evidente che nel Pd è ancora di là da venire l’amalgama tra coloro che erano della Dc e quelli che erano del Pci.

Ma non è per pigra abitudine o per masochismo, come ha detto nell’azzardare un’analisi un giovanotto di Borgo Rivo che fa il senatore (se lo dice sarà vero) con L’M5S. Il motivo appare più serio. Lo zoccolo duro nel Pd si sente stretto, poco considerato seppur ritenga se stesso – anche qui: a torto o a ragione – l’humus della sinistra ternana.

Il segretario del Pd, per parte sua, dopo il voto di domenica si è dichiarato quasi sereno: “Abbiamo retto”, ha detto tirando in ballo numeri e raffronti con i voti presi da Di Girolamo quando è diventato sindaco e appellandosi ad esercizi aritmetici da prima repubblica quando alle elezioni non perdeva nessuno.

Forse, sarebbe più costruttivo interrogarsi, confrontarsi e capire perché nel Pd ternano in tanti hanno votato per dire No al governo del segretario del Pd.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli