Sanità in Umbria: «Stop al superticket»

Marco Coccetta, segretario Regionale dell’Umbria del sindacato medici Cimo: «Vinta battaglia durata 4 anni»

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di Marco Coccetta
Segretario Regionale dell’Umbria del sindacato medici Cimo

Il Consiglio di Stato con sentenza n. 4924/2016, pubblicata il 23.11.2016, ha respinto il ricorso promosso dalla Regione Umbria e dal Ministero con il quale chiedevano l’annullamento della sentenza del TAR Umbria N. 19/2015 che a sua volta aveva accolto il ricorso presentato dall’Adiconsum (Associazione Difesa dei Consumatori e Ambiente) contro la tassazione del 20% sulle prestazioni libero professionali in regime di intramoenia (ovvero all’interno della struttura sanitaria pubblica).

La sentenza che è arrivata qualche giorno fa, chiude una vicenda che avrebbe potuto danneggiare il servizio di cura e di assistenza che i medici offrono ai cittadini tutti i giorni attraverso il sistema sanitario nazionale. Il “super ticket” deciso dalla Regione Umbria altro non era che una sovra tassa che i cittadini avrebbero dovuto pagare per la prestazione medica da loro scelta in regime di intramoenia. Qualche tempo le avevo già scritto in merito alla vicenda e adesso dopo qualche mese possiamo finalmente archiviare l’intera vicenda. Riassumo brevemente i fatti perché sulla stampa nazionale la notizia non è ancora arrivata.

L’imposta era stata introdotta per la prima volta dalla Regione nel gennaio del 2012 (pari al 29%) e bocciata dal Tar dell’Umbria con le sentenze NN. 18-19 e 20/2013, su ricorso promosso dai sindacati dei medici.

In una seconda fase, la Regione si rivolse al Consiglio di Stato (sentenza 474 del 3 febbraio 2014) il quale stabilì che i medici che presentarono ricorso, non fossero nella posizione di poterlo fare, precisando tuttavia che “la misura danneggia direttamente gli utenti del servizio”. Quindi la Regione Umbria deliberò di nuovo, reintroducendo il superticket sulla libera professione intramoenia, questa volta pari al 20%.

Dopo questa disposizione, e qui sta la vera notizia a mio parere, i pazienti si sono mobilitati e hanno deciso di presentare ricorso, sostenuti dall’Adiconsum Umbria, assistiti dall’avvocato Romina Pitoni, lo stesso avvocato che aveva condotto il ricorso dei medici sulla tassa del 29%.

La richiesta dei cittadini è stata accolta positivamente dal TAR dell’Umbria poiché, si legge nella sentenza: “l’introduzione di un “ticket” su ogni singola prestazione resa in libera professione intramoenia, pari al 20% rispetto al valore tariffario, assume carattere direttamente lesivo per la generalità degli utenti del S.S.N., i quali, indistintamente, si trovano a dover sostenere una duplicazione dei relativi costi già integralmente sopportati”.

E così si chiude una vicenda che avrebbe potuto evitare le aule dei tribunali se solo gli amministratori avessero voluto ascoltare i medici e i pazienti. Per questo CIMO Umbria non può che esprimere viva soddisfazione perché è stata restituita ai cittadini la libertà di scegliere da chi farsi curare e ai medici umbri, che hanno sposato il sistema sanitario pubblico, la libertà di esercitare la propria professione.

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