Ternana: «Tifosi, ecco la situazione»

Simone Longarini a tutto campo: «Decisioni nette perché qualcuno ha provato a mettere la società spalle al muro»

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La tifoseria non è tutta contro di lui, ma poco ci manca al momento. Silurato Panucci, caos societario – dimissioni di Capizzi, poi rientrate, e di Larini -, mercato bloccato, delusione dei supporter e giocatori che chiedono – Falletti e Furlan – la cessione. Simone Longarini, dopo l’annuncio del quarto allenatore rossoverde della sua gestione, si apre. E lo fa soprattutto per spiegare l’esonero del ligure e la separazione con il 63enne emiliano (l’ex dg rossoverde Antonio Recchi e Marco Valentini i primi rumours per la sostituzione). Difficile ipotizzare che i diretti interessati restino in silenzio.

di Simone Longarini, amministratore unico della Ternana Calcio S.p.A.

Cari Tifosi, cari Ternani. Come sapete sono, da sempre, una persona poco incline all’esposizione mediatica ed ai riflettori. Purtroppo oggi, come altre volte in passato, le circostanze mi obbligano a dover ricorrere alla penna per raccontare, a tutti coloro che avranno la pazienza di leggere queste righe, cosa è accaduto negli ultimi 40 giorni, ovvero dal primo luglio quando ho nominato un nuovo e corposo staff tecnico, in quanto qualcuno vorrebbe far passare un certo messaggio e si è mosso scientificamente per uscirne da martire, mentre invece credo sia più onesto condividere con tutti voi alcuni episodi di quanto accaduto al fine di ristabilire la realtà.

Simone Longarini

Simone Longarini

Per rendere la comprensione più chiara occorre partire dall’inizio di questa mia avventura come presidente della Ternana Calcio. Ho iniziato ufficiosamente a giugno del 2015 in condizioni quasi estreme, con un amministratore unico ai domiciliari ed un direttore sportivo plenipotenziario. Ho cercato, come sempre, di fare il massimo per ottenere i miei obiettivi ovvero far essere la Ternana Calcio una società autosufficiente senza per questo perdere di competitività. La prima stagione per certi versi la considero un successo, per altri, invece, un grande fallimento.

Anche io ho le mie colpe: due su tutte, quella di aver confermato la fiducia alla persona sbagliata che mi ha fatto perdere più di un mese fondamentale (oltre a tanti altri danni che approfondiremo in sede giudiziale) e quella di aver voluto lavorare con un amico, o almeno uno che io consideravo tale. Abbiamo passato tante difficoltà nel processo di riorganizzazione messo in atto la scorsa stagione, ma, nonostante tutto , abbiamo “retto i colpi” e siamo andati avanti.

Per farlo non ho lesinato impegno e fatica togliendo tempo ad altre aziende altrettanto importanti e nelle quali con passione ho sempre lavorato. Ho seguito la squadra, spesso, in casa ed in trasferta, delle volte sostituendomi come motivatore a chi in quel momento avrebbe dovuto farlo ma evidentemente non era più in grado.
Certe settimane ero spesso al campo di allenamento, sono stato al fianco dei ragazzi e del mister quando sentivo che ne avevano bisogno; ed alla fine, facendo un bilancio e considerate le mille difficoltà incontrate lungo il percorso, non posso dire (data la mia maniacale competitività) di essere pienamente soddisfatto, ma posso dire che sicuramente poteva andare peggio.

Christian Panucci

Christian Panucci

Veniamo all’odierno: nel mese di maggio, finito il campionato scorso, avevo le idee molto chiare su come volessi continuare il processo di organizzazione della mia società al fine di renderla sempre più forte e soprattutto più indipendente dal mio personale impegno, poiché già sapevo che quest’anno, per diversi motivi, non avrei potuto dedicare gli stessi sforzi profusi nel corso della passata stagione. Da parte mia non sarebbero mai mancate passione e dedizione, ma avrei messo in atto una differente organizzazione con un organigramma chiaro e definito, composto da diverse figure forti che mi avrebbero permesso di seguire la società più in maniera “strategica” che personale, come ho sempre fatto in ogni altra azienda. Avevo le idee molto chiare su chi sarebbe stato il direttore generale e su chi avrebbe fatto il direttore sportivo, ne è dimostrazione il fatto che è stato il direttore generale a negoziare e perfezionare il contratto del direttore sportivo.

Due sole cose ho chiesto al mio staff: rispettate sempre le gerarchie della società, ed i ruoli di ognuno (onde evitare di ripetere gli errori del passato, dopo vedremo perché); tenere sempre a mente il budget, la nostra filosofia e le nostre regole.La scala gerarchica di questa società (su cui qualcuno ultimamente si è divertito a fare lo spiritoso) è semplice e lineare: vi è un amministratore delegato a cui fa capo e risponde la verticale finanziaria ed organizzativa ed un direttore generale a cui fa capo e risponde la verticale sportiva. Entrambi sono i referenti ed i responsabili per le verticali che gestiscono, ed entrambi rispondono direttamente a me.

Chiunque legga queste righe ed abbia gestito, anche solo per una settimana, una struttura aziendale, sa perfettamente che, a prescindere dalla materia di cui l’azienda si occupa, un’organizzazione gerarchica con compiti chiari e chiare responsabilità è alla base del buon funzionamento della stessa. Se si mette in discussione la società, tutto viene meno. L’unica cosa certa è la proprietà e nessuno deve arrogarsi il diritto di sostituirsi ad essa.

Guglielmo Acri è stato ‘silurato’ mercoledì 27 gennaio 2016

Guglielmo Acri è stato ‘silurato’ mercoledì 27 gennaio 2016

Avevo ricevuto grandi promesse circa il rispetto di queste dinamiche, promesse che sono state disattese quasi da subito. Chi non c’è più (vecchi e nuovi) sa bene quali sono le fortissime motivazioni alla base di tali allontanamenti. A partire da Guglielmo Acri che recentemente ha dichiarato di non sapere le ragioni per le quali è stato mandato via, egli invece è perfettamente a conoscenza delle varie problematiche che le sue condotte hanno creato.

Nel momento in cui, per il bene della società l’amministratore delegato lo chiama e gli dice di fare una cosa, e lui fa il contrario con l’aggravante dei toni minacciosi ed offensivi e con l’ulteriore aggravante di dare allo spogliatoio indicazioni diametralmente opposte a quelle ricevute, alla società non resta altro da fare che chiudere il rapporto anche in considerazione degli enormi e ridondanti disagi che comportamenti del genere creano nel gruppo per il prosieguo della stagione.

Stesso discorso valeva e vale per chi ha iniziato quest’anno. C’è chi ha parlato di “gerarchia opprimente che impediva di lavorare”: l’aver chiuso in tre settimane quattro operazioni di mercato in autonomia ed aver messo sotto contratto un corposo staff tecnico in autonomia testimonia, evidentemente, il contrario. Il direttore sportivo ha avuto carta bianca circa la scelta dell’intero staff tecnico, se dopo tre settimane mi dice in riunione che non è più in grado di controllarlo e di gestirlo, posso fare poco altro.

Il dg Alessandro Capizzi e Fabrizio Larini

Il dg Alessandro Capizzi e Fabrizio Larini

Affinché un’azienda funzioni è fondamentale che tutti abbiano chiari i propri ruoli e rispettino i propri referenti, differentemente si può anche intervenire e risolvere un problema “dell’oggi” ma si avrà la certezza di gettare le basi per l’anarchia “del domani”. Ho il dovere, sempre, di difendere la società che rappresento, la quale, nelle ultime settimane è stata vittima di attacchi sia a mezzo stampa sia, soprattutto, a taccuini chiusi (cosa ben più grave e vile) da parte di chi, stipendiato dalla stessa società, ha provato a forzare la mano ed a descrivere una condizione di difficoltà nell’esperire le proprie mansioni. Tali “grandi difficoltà” raccontate altro non erano che il rispondere a semplicissime gerarchie organizzative, normali e ben chiare già da molto tempo prima delle firme di certi contratti.

Chi delegittima, in pubblico od in privato, un quadro aziendale non solo fa il male della propria azienda ma esplicitamente delegittima chi quel quadro lo ha scelto e gli ha dato fiducia, ovvero il sottoscritto. Ancora più grave è fare tutto ciò, ed anche di più, fra le sacre mura dello spogliatoio. Chi non è d’accordo con la mia visione delle cose ha il diritto di cessare la collaborazione con l’azienda che gestisco e rappresento. Certe alzate di testa, certe forzature per mettere pressione non hanno mai portato a nulla, servono solo ad esasperare gli animi e ad avvelenare il clima; soprattutto se vengono da chi era partito con il giusto spirito salvo poi, per ragioni ancora da decifrare, iniziare una battaglia interna contro chi lo aveva nominato e contro chi gli pagava lo stipendio.

Qualcuno ha provato a forzare la mano chiedendo “apertis verbis” lo stravolgimento di tali gerarchie, attaccando apertamente una figura di riferimento sostenendo che non riusciva a parlarci poiché “lo innervosiva” e quindi non ci voleva più interloquire. Questo non è l’amore di cui egli parla: l’amore è una sentimento spontaneo, non una condotta freddamente premeditata.

L'amministratore delegato Stefano Dominicis

L’amministratore delegato Stefano Dominicis

Dovrebbe raccontare invece, tale signore, che in una telefonata delle 13:45 del 16 luglio esprimeva al direttore generale la massima contentezza di lavorare con lui e per quest’azienda, raccontava anche come in altre esperienze fosse stato costretto a pagare di tasca propria cene alla squadra per fare gruppo: esprimeva grande soddisfazione per le condizioni di lavoro concesse e per gli ottimi giovani in organico, giovani coi quali “la proprietà avrebbe fatto tanti soldi”.

Una sola cosa chiese per esser ancor più felice, “far allenare la squadra tutto l’anno su un campo in erba”: 36 ore dopo aveva il nostro assenso e tre proposte di campi in erba da collaudare, il fatto che non sia mai andato a vederli, bucando anche un appuntamento a riguardo, la dice lunga circa la premeditazione di certe condotte. Dovrebbe anche raccontare, tale signore, perché dopo tutte queste belle parole, il 26 luglio alle 21:26 comunicava per sms le proprie dimissioni al direttore generale comunicando che la mattina successiva avrebbe “salutato la squadra” e “ringraziando per tutto”. Salvo poi presentarsi al campo e far finta di nulla, con la complicità di chi lo ha coperto. E mi fermo qui.

Anzi, aggiungo soltanto, per chi si è permesso di dire in tono minaccioso che “non dovevo permettermi di portare avanti una certa operazione sopra la testa di qualcuno”, che i 3 mila tifosi presenti alla prima gara ufficiale ringraziano per il goal e per il passaggio del turno.

Oggi la società ha preso delle decisioni nette e forti come è sempre accaduto e come sempre accadrà, quando qualcuno ha provato a metterla spalle al muro. Proseguiremo nel nostro lavoro convinti che con serietà e duro lavoro, i risultati arrivano sempre. Forza Fere. Sempre!

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