Terni, delitto Iordache: confermati 16 anni

La corte d’assise d’appello ha ribadito la pena inflitta in primo grado al 47enne ternano Andrea Arcangeli. Confermati i risarcimenti

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La corte d’assise d’appello di Perugia ha confermato la condanna a 16 anni di reclusione inflitta dal tribunale di Terni al 47 enne ternano Andrea Arcangeli. L’udienza si è tenuta mercoledì mattina di fronte alla corte presieduta da Giancarlo Massei. La sentenza di primo grado era stata emessa lo scorso ottobre dal giudice Massimo Zanetti, con rito abbreviato, a seguito dell’omicidio volontario del 38enne rumeno Victor Marian Iordache, ucciso il 21 aprile del 2014 in un garage di via Mola di Bernardo e poi sepolto nei boschi fra Stroncone e Miranda. Confermati anche i risarcimenti fissati in primo grado in favore dei familiare della vittima. Attualmente Andrea Arcangeli si trova ristretto ai domiciliari.

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«Soddisfatti» «Era il massimo che ci potevamo attendere – afferma il legale della famiglia Iordache, l’avvocato Massimo Proietti – visto che non c’era stato appello da parte della procura di Terni. Si tratta di una sentenza corretta e che rispecchia in pieno le nostre richieste».

Cassazione in vista Ora entro 90 giorni dovranno essere depositate le motivazioni della sentenza. «In base a queste decideremo se ricorrere per Cassazione – affermano gli avvocati dell’omicida, Francesco Mattiangeli e Vittorina Sbaraglini -. Certo ci aspettavamo di più, soprattutto in ordine al riconoscimento delle attenuanti generiche».

«Pena più lieve» Di fronte alla corte d’assise d’appello di Perugia ci si era arrivati in seguito all’istanza presentata dai legali difensore dell’omicida – gli avvocati Francesco Mattiangeli e Vittorina Sbaraglini – secondo i quali la riduzione legata alle attenuanti generiche, in primo grado, era stata «sin troppo modesta». Obiettivo della difesa è ottenere un’ulteriore riduzione della pena.

‘Battaglia’ legale Non la vedono così i familiari di Victor Marian Iordache, rappresentati dall’avvocato Massimo Proietti del foro di Terni: «Non abbiamo ritenuto soddisfacente la sentenza di primo grado che ha reso solo in parte giustizia ai familiari del giovane brutalmente assassinato. Per questo saremo in appello, per ribadire che nessuno ‘sconto’ è possibile a fronte di un omicidio efferato e seguito da una condotta, da parte dell’autore, assolutamente grave».

L’omicidio La sera del 21 aprile 2014 – era Pasquetta – Andrea Arcangeli si trovava insieme a Victor Marian Iordache in via Mola di Bernardo, all’interno del garage di proprietà del 47enne, nello stabile dove viveva con la famiglia, prima del trasferimento in un’abitazione di Miranda in ragione degli arresti domiciliari disposti dal gip. Fra i due, secondo gli inquirenti, c’era un rapporto di amicizia molto stretto, una ‘relazione sentimentale’ vera e propria. Il colpo mortale, sparato alla nuca del giovane con una Sig Sauer, sarebbe nato proprio da questo contesto segnato da una gelosia sempre più forte da parte di Andrea Arcangeli, da una situazione personale ed economica pesante e da qualche bicchiere di troppo che quella sera ne avrebbe allentato i freni inibitori.

Sepolto nel bosco Dopo averlo ucciso, Arcangeli era tornato in casa a dormire come se nulla fosse. Il mattino seguente aveva caricato il cadavere di Victor Iordache sull’auto della moglie, per poi dirigersi nei boschi fra Miranda e Stroncone – in località Fontana San Benedetto, zona che il 47enne conosce benissimo – dove lo aveva sepolto fra la fitta boscaglia della zona. Poi, nei giorni seguenti, era tornato lì per assicurarsi che nessuno – uomo o animale selvatico che fosse – potesse intuire la presenza di quel corpo. Per questo, per limitarne l’odore, l’aveva ricoperto non solo di terra, ma anche di cemento e calce.

La confessione Le indagini congiunte della squadra Volante e della squadra Mobile della questura di Terni erano scattate il 28 aprile con la denuncia di scomparsa da parte dei familiari del 38enne. Con il passare delle settimane il cerchio attorno ad Andrea Arcangeli si era stretto, fino al ‘crollo’ datato 2 luglio 2014. L’assassino aveva confessato tutto, conducendo gli inquirenti nel luogo dove oltre due mesi prima aveva sepolto Victor Marian Iordache.

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