Terni, delitto Moracci: «Il sistema è debole»

Le motivazioni della sentenza con cui il gup Santoloci ha condannato all’ergastolo i due autori materiali dell’assalto. Il processo entra nella fase cruciale

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La corte di Assise

La corte di Assise

Due giornate cruciali per il processo legato alla tragica rapina del 28 aprile dello scorso anno, sfociata nell’omicidio del 91enne Giulio Moracci, assalito e ucciso nella casa di via Andromeda dove viveva con la moglie Fioranna. Sono quelle di giovedì e venerdì, con altrettante udienze di fronte alla corte di assise di Terni. La sentenza per i presunti fiancheggiatori e basisti della banda – il rumeno Daniel Buzdugan e gli italiani Claudio Lupi, Gianfranco Strippoli e Angela Cioce – potrebbe arrivare già venerdì.

La sentenza Due dei sei arrestati – gli autori materiali della rapina, i 20enni Gheorghe Buzdugan e Elvis Epure – lo scorso 18 aprile sono stati condannati all’ergastolo dal gup Maurizio Santoloci. Le motivazioni della sentenza sono state notificate nei giorni scorsi e contengono un’analisi dettagliata non solo del fatto, ma anche dell’impotenza del sistema rispetto a fenomeni criminali spesso cruenti, messi in atto da persone prive di scrupoli e che fanno leva sulle lacune legislative che caratterizzano il sistema giudiziario nazionale.

Gheorghe Buzdugan

Gheorghe Buzdugan

«Vittime selezionate» Alcuni passaggi, in particolare, meritano attenzione per la rilevanza sociale e nel merito dell’omicidio Moracci. «Tutti i soggetti che si sono attivati per questa azione criminale – scrive il giudice Santoloci – sapevano perfettamente cosa stavano per fare ed avevano tutto un quadro chiaro del teatro dinamico ove avrebbero operato. Nessuna sorpresa poteva attenderli. […] Tutti, scientemente e dolosamente, hanno selezionato le due vittime, ben sapendo che si trattava di due anziani innocui ed inermi e, soprattutto, fragili e privi di ogni minima capacità difensiva».

«Stile paramilitare» «Tutti sapevano benissimo che l’anziano era di fatto immobile a letto ed in gravi condizioni di salute e che nel contempo l’anziana era un ‘fuscello’ delicato e fisicamente fragile. Dunque era noto che i soggetti destinatari della brutale aggressione, improntata a stile paramilitare tipico di questa nuova forma di criminalità predatoria che ancora molti sottovalutano a livello giurisprudenziale, erano debolissimi e che la forza d’urto da loro posta in campo avrebbe sortito effetti devastanti».

Gianfranco Strippoli e Claudio Lupi, presunti basisti

Gianfranco Strippoli e Claudio Lupi, presunti basisti

«Violenza gratuita» «Non servivano grandi intuizioni per capire che due soggetti di estrema vulnerabilità fisica e fragilità esistenziale sarebbero letteralmente stati travolti dalla loro macchina da guerra criminale e dalla violenza gratuita e senza senso da attuare. Né serviva oggi una perizia per dimostrare che ‘incaprettare’ un malato anziano, inerme, di fatto paralizzato a letto con un sistema che ha creato una situazione intollerabile già per una persona sana, ma certamente ed inevitabilmente nefasta se attuata su tale fragilissimo soggetto, avrebbe avuto esiti mortali».

Maurizio Santoloci

Maurizio Santoloci

L’analisi «Vi è dunque – scrive il gup di Terni – un interscambio di collaborazione che vede da una parte una realtà criminale nazionale con una formula operativa consolidata e, dall’altra, una realtà delinquenziale locale che opera per lo più attraverso il bieco ma fondamentale ed irrinunciabile ruolo dei ‘basisti’. E’ un dato di fatto che la stessa banda è in grado di operare a distanza di pochi giorni (o addirittura di poche ore) in località estremamente lontane tra loro. Gli stili di vita improntati al delinquere seriale come una marca, un brand, un marchio. La ‘casa madre’ trasversale ha operato ormai un’esportazione oltre i confini nazionali, ma sempre riaffermando il fatto consolidato che le ‘filiazioni’ esterne delocalizzate rispondano a determinati standard. Il ‘franchising criminale predatorio’ è un sistema perfetto che è in grado di funzionare in tutto il paese ed oltre i confini, fino ai paesi esteri di origine ove parenti, affini ed amici sono pronti a scambiare i ruoli con gli attori primari ‘in ritirata’, in un turnover continuo».

L'avvocato Colacci e il figlio della vittima

L’avvocato Colacci e il figlio della vittima

No attenuanti generiche «Lo stato di incensuratezza formale non è solo di per se stesso fonte automatica di attenuanti generiche. Va sottolineato che questa tipologia di soggetti – afferma Maurizio Santoloci nella sentenza – sfrutta ormai in modo seriale il meccanismo di prassi del nostro sistema giuridico che vede facili scarcerazioni anche dopo delitti ripetuti, sostanzialmente in base al concetto che uno stato di incensuratezza formale sul certificato penale sia automaticamente sinonimo dì mancato pericolo di reiterazione del reato, di mancata pericolosità sociale, di quasi diritto a ottenere immediatamente una scarcerazione immediata al di là del crimine commesso o comunque attenuanti generiche anche prevalenti sulle aggravanti. Tale linea interpretativa, che questo giudice non ha mai condiviso nella propria giurisprudenza pregressa, ha portato fino ad oggi sul territorio nazionale ad un vero e proprio problema di politica di prevenzione e repressione dei crimini, in quanto frange sempre più estese di criminalità ‘aggregata’ hanno perfettamente percepito tale meccanismo procedurale e sostanziale e lo sfruttano in modo abile ai propri fini e tornaconti».

Le lacune del sistema-Italia «Sostanzialmente si è creato un meccanismo in base al quale in particolare alcuni settori di criminalità straniera hanno identificato questo meccanismo di prassi, e quindi sfruttano tale situazione per poter continuare a delinquere in modo praticamente ripetitivo senza temere di essere definitivamente bloccati al sistema giudiziario. Si tratta di bande di predoni dediti all’attacco del patrimonio privato, ma anche che attentano, come appare evidente in questo caso, alla incolumità delle persone».

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