Terni, Di Girolamo: «Resto per etica»

Il sindaco a 360 gradi su ‘Operazione Spada’, attacchi, intercettazioni e senso di responsabilità: «Nessun dubbio sulla mia posizione e sicuro dell’innocenza di tutti»

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di Leopoldo Di Girolamo
sindaco di Terni

Ormai da qualche anno l’opinione pubblica nazionale è scossa da ripetuti casi giudiziari che hanno riguardato amministratori locali che hanno utilizzato il mandato loro conferito dai cittadini per vantaggi personali. Un recente studio commissionato dalla Fondazione Res di Palermo e condotto dal prof. Rocco Sciarrone ci restituisce un quadro della situazione preoccupante.

Il malaffare sembra essersi spostato dagli apparati centrali dello Stato al sistema delle autonomie locali e della ricerca di sostegno economico illegittimo ai propri partiti al vantaggio personale o di una rete di potere. E’ sicuramente il frutto di alcuni fenomeni generali che hanno interessato il sistema politico-istituzionale dell’Europa ma in particolare del nostro Paese, quali la fine delle ideologie, la inadeguata selezione della classe dirigente, un progressivo scadimento dell’etica pubblica e del senso civico.

In questa graduatoria poco invidiabile emerge che l’Umbria è di gran lunga la regione dove reati di questo tipo si sono consumati di meno, ben al di sotto anche del Trentino Alto Adige.  Una costatazione da accogliere sicuramente positivamente ma che non deve assolutamente farci abbassare la guardia. Insieme con un nuovo dispiegarsi delle misure previste dalla legge sull’anticorruzione e del ruolo dell’Anac che è, ricordiamolo, di tipo preventivo e cautelare, va dispiegato un lavoro di relazione con le varie articolazioni della società per promuovere il valore dell’agire sia pubblico sia privato. Noi lo stiamo facendo da tempo promuovendo incontri nelle scuole superiori e sono molto apprezzabili anche iniziative di privati, quali quelle prese dalla maggiore azienda del territorio, l’Ast, in collaborazione con la Prefettura.

Ma oltre ai reati certificati con condanna definitiva, il dibattito pubblico, specie in questi ultimi mesi, ha ruotato intorno al comportamento da tenere in caso di un amministratore sottoposto ad indagini, con risposte estremamente diverse tra loro perché corrispondenti a valutazioni e sensibilità esclusivamente individuali: dalle dimissioni da presidente della Regione Emilia Romagna di Vasco Errani all’autosospensione del sindaco di Milano Giuseppe Sala, alla legittima tenuta di altri amministratori che continuano nella loro azione in  attesa che la loro posizione si chiarisca. Quello che emerge è la mancanza di un quadro di riferimento unitario e condiviso, qualcuno lo ha chiamato codice di autogoverno o di autoregolamentazione, che possa servire come base comune.

Per quello che mi riguarda giudico significativa la posizione espressa da 140 sindaci appartenenti a forze politiche diverse, che nel loro appello rivolto al sindaco di Milano, Giuseppe Sala, lo invitano a recedere dalla decisione di autosospensione affermando che, cito testualmente: ‘se passa il messaggio che, di fronte al semplice avvio di una indagine ed alla iscrizione al registro degli indagati, un amministratore è gravemente indebolito nell’esercizio delle sue funzioni, si determina gravi conseguenze’.

Aggiungo io che viene alterato quell’equilibrio di autonomia di poteri che è uno dei fulcri della nostra carta Costituzionale, caricando la magistratura di una responsabilità che non le è propria e sicuramente non voluta. Dobbiamo ricordare infatti che siamo in un sistema dove, per fortuna, l’azione penale da parte di un magistrato è obbligatoria, qualora si abbia notizia di un possibile reato, e se il solo inizio dell’azione penale determinasse le dimissioni di chi ne è oggetto, si esporrebbe ad uno strumentale uso politico delle denunce. Lo stesso Beppe Grillo in una recentissima dichiarazione, in rapporto ai fatti di Roma, se ne è lamentato.

Meglio tardi che mai, verrebbe da dire, visto che l’utilizzo politico dell’esposto-denuncia è stato finora come un marchio di fabbrica del M5S. Ma anche perché così si stravolge lo stesso significato giuridico della informazione di garanzia. L’informazione di garanzia infatti, in uno stato di diritto, ed il nostro lo è, rappresenta un addebito provvisorio, ripeto provvisorio, volto a garantire il pieno diritto alla difesa da parte di coloro nei confronti dei quali sono in corso le indagini preliminari.

E che quindi, credo sia giusto attendere le successive determinazioni della magistratura lo provano anche i casi, ripetuti, di assoluzione di amministratori pubblici oggetto di indagini o processi per presunti reati commessi nell’esercizio del loro mandato: da Errani a Cota o per venire a persone più vicine, Riommi o Brega. Dico quindi no ad autovalutazioni di iniziative della magistratura e ripercussioni sulle istituzioni: va valutata ogni volta la portata e il merito.

Quello che è preoccupante  è il clima che si determina quando emergono queste situazioni. Un clima di  giustizia sommaria alimentato da alcune forze politiche che innescano una catena di provocazioni e conseguenti reazioni che sta distruggendo ogni spazio di confronto civile e democratico, lasciando spazio solo alla rissa verbale che poi rischia anche di  degenerare in quella fisica. C’è anche una legittima dialettica politica, ma come ha sottolineato in una intervista la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Deborah Serracchiani, la ferocia che prende di mira le persone ed addirittura i loro cari, in un escalation che sembra non avere fine, alimentata anche da quello strumento assoluto che sono i social network, il vaso di Pandora moderno da cui tracimano gli umori peggiori della specie umana.

Un clima che poi porta anche ad episodi di violenza squadristica quale quello verificatosi recentemente nei confronti di Osvaldo Napoli, ex deputato di FI ed ex vicepresidente nazionale di Anci, condito anche delle dichiarazioni farneticanti di un ex generale dei carabinieri in pensione. Non posso che ribadire quanto detto in un mio recente commento: dobbiamo fermare questa spirale e recuperare rapidamente una modalità di confronto ed una dialettica più corretta, più rispettosa delle persone e delle regole, lo dico anche al mio partito che a volte travalica questi confini.

Ma su questo punto ci devono dare una mano anche i mezzi di informazione, che troppo spesso invece contribuiscono alla radicalizzazione – non solo attraverso la pubblicazione, illegittima, di atti e documenti coperti da segreto istruttorio – ma anche con stillicidio quotidiano degli stessi e la strumentalità con la quale se ne tagliano chirurgicamente le parti in modo da darne una lettura già colpevolizzante.

Valga per tutte la pubblicazione di un brano di una telefonata intercorsa tra uno degli indagati ed un’altra persona nella quale si parlava di un finanziamento di 3 mila euro al sindaco con un ritorno di 15 milioni. Solo la successiva pubblicazione dell’intera conversazione avvenuta per iniziativa dei legali dell’indagato ha permesso di capirne il carattere scherzoso e mirabolante. Tra l’altro quei 3 mila euro rappresentano un contributo elettorale, permesso dalla legge, regolarmente registrato, pubblicato ed a disposizione di qualunque cittadino. O quando, in articoli di fondo si parla di crisi di nervi del sottoscritto, dicendo una evidente falsità, come può testimoniare chiunque mi sia stato vicino in questi giorni. Invito anche loro quindi a recuperare il senso di una informazione corretta, esauriente, equilibrata, attenendosi costantemente al proprio codice deontologico.

Per quanto riguarda la mia amministrazione con diversi atti si chiede da parte delle opposizioni, non tutte, o le mie dimissioni, facendo quello che chiamano un gesto di responsabilità, o questa volta, tutte, la rimozione degli assessori e dei dipendenti oggetto di indagini. I più insistenti su questi punti sono i consiglieri del M5S. Dico loro solo che la coerenza che tanto sbandierano come prova della loro diversità non esiste. Sulla fertile casistica messa all’attenzione in soli cinque mesi di governo della capitale potrei parlare per un’ora. Voglio solo far notare due cose: 1) la notizia che l’assessore Muraro era oggetto di indagini era conosciuta fin dall’estate sia dalla sindaca Raggi che da un importante esponente istituzionale del Movimento che però ha interpretato male sms ed e-mail (è opportuno un corso rapido di alfabetizzazione informatica, ne avrei bisogno anche io ed anche adesso l’avviso di garanzia consegnato il 7 dicembre, è stato reso noto solo il 12; 2) la sindaca finora non ha riferito in aula su quanto sta accadendo. Finora ha prima messo un video notturno su Facebook, poi ha fatto una conferenza stampa durata 1,50′ e senza alcuna possibilità di intervento per i giornalisti. Non mi sembra il massimo della tanto decantata trasparenza!

A queste osservazioni su Roma aggiungo la vicenda che coinvolge il sindaco di Livorno Filippo Nogarin, indagato per bancarotta fraudolenta e saldamente al suo posto. Su come si comporta quella amministrazione è anche molto interessante leggere la relazione pubblica della ex direttrice generale, Sandra Maltinti, scelta proprio da Nogarin, perché da conto di un certo stile di governo che mi sembra sia connaturato a diverse amministrazioni 5 stelle.

Io concordo con la scelta di Nogarin di non dimettersi e spero che la stessa scelta faccia la sindaca Raggi nel malaugurato caso che le venga recapitata una informazione di garanzia.

Perché credo che la prima responsabilità di un sindaco sia verso la propria città ed i cittadini che lo hanno eletto. Da quando ho scelto di abbandonare il Senato per ricoprire questo ruolo in questo periodo tanto difficile, ed ancor più in questi giorni, sono stati innumerevoli gli amici o semplici conoscenti che mi hanno chiesto: “ma chi te lo ha fatto fare?” Io rispondo che per quelli che hanno passione civile e politica, quello di servire e rappresentare la propria città è la cosa più bella che si possa desiderare. Quindi da un lato, perché sono sicuro della innocenza, rispetto ai reati contestati, sia dei miei collaboratori che dei dipendenti del Comune, dall’altro perché ritengo che sarebbe irresponsabile da parte mia lasciare la città senza una guida nel momento in cui si intrecciano sia i problemi (piano di riequilibrio finanziario pluriennale da predisporre e mettere all’attenzione del consiglio) che le opportunità provenienti da Agenda Urbana, all’Area di Crisi industriale complessa che possano aprire una nuova stagione di sviluppo per la città.

Per questo non ho mai avuto alcun dubbio sul rimanere o meno nella mia posizione attingendo proprio a quella etica della responsabilità che da sempre guida il mio operato. Per quanto riguarda gli assessori, ribadendo la piena fiducia nel loro operato, ho ritenuto opportuno redistribuire le deleghe interessate dalle indagini fra gli altri assessori, così come assegnare ad altro dirigente le materie interessate. Credo che questo garantisca allo stesso tempo l’occasione della magistratura, ma anche l’operatività dell’amministrazione.

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