Terni: «Fatti fuori senza spiegazioni»

Parla la proprietà della Cesar Group dopo che Ast ha comunicato la conclusione dell’appalto. Fra i lavoratori serpeggia la paura

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di F.T.

Un altro pezzo di Terni che esce dall’Ast. Messo alla porta dopo 20 anni con quattro righe via e-mail e una raccomandata. L’azienda in questione è la Cesar Group, società di vigilanza privata che nei giorni scorsi ha ricevuto da viale Brin la temuta comunicazione ufficiale: «Dal prossimo 31 luglio non ci avvarremo più delle vostre prestazioni. Restiamo in attesa del Durc per saldare quanto di vostra competenza». Amen.

La fine «Esseri cacciati così – spiega la proprietà della Cesar Group -, senza un incontro, una giustificazione, dopo che per 20 anni abbiamo dato l’anima (il termine è un altro, ndR) per garantire la sicurezza dell’azienda, incassando l’apprezzamento incondizionato di tutti, scusate lo sfogo, fa male e parecchio». Unica azienda di vigilanza privata nata – nel 1995 – e ‘cresciuta’ a Terni, la Cesar Group conta 52 guardie giurate. Un numero che dopo gli ultimi accadimenti rischia di ridursi di 30 unità, visto che l’appalto-Ast rappresenta(va) circa il 60% del giro di affari della società.

La storia «Sul territorio abbiamo gestito e gestiamo appalti importanti – afferma il titolare -, dalla polveriera di Nera Montoro al Polo mantenimento armi leggere (la fabbrica d’armi, ndR), dal tribunale di Terni fino all’Asm. E poi la Tk-Ast, con tante situazioni complicate affrontate nel modo migliore, sin dai tempi della vertenza del ‘magnetico’, in totale sintonia con la sicurezza interna dell’azienda».

Cambia l’aria All’inizio del 2014 – e quindi prima dell’arrivo di Lucia Morselli, a luglio – il rapporto Ast-Cesar inizia a scricchiolare: «Le relazioni con l’azienda si sono congelate, anche se sono due gli episodi che hanno consentito a qualcuno, ingiustamente, di trasformarci in ‘capri espiatori’. Forse la nostra ‘colpa’ è di aver operato sempre correttamente in tutti questi anni. Senza mai chiudere un occhio».

Vertenza calda Il primo dei due episodi incriminati è la lunga notte del 31 luglio 2014, con l’ad Morselli e due consiglieri (Bufalini e Rist) bloccati fino all’alba nella palazzina degli uffici dopo l’irruzione dei lavoratori. Una vicenda seguita da un ‘rapporto di non conformità’ inviato da Ast alla Cesar Group, con tutta una serie di contestazioni legate alla gestione dell’evento. «Contestazioni a cui abbiamo replicato puntualmente – afferma la proprietà dell’istituto di vigilanza -, sottolineando le azioni messe in campo e le responsabilità che ci siamo assunti, con un nostro agente rimasto ferito, a fronte di mancanze evidenti nella prevenzione e nella successiva gestione da parte della sicurezza interna di Ast, competente per definizione. Dopo la nostra replica, quel rapporto di non conformità non ha prodotto alcuna conseguenza sul piano delle sanzioni. E anche questo ci sembra significativo».

Ritardi sospetti A quel punto i rapporti si irrigidiscono ulteriormente e a settembre iniziano i primi ritardi nei pagamenti delle fatture. Ritardi che si ripercuotono anche sui tempi di erogazione degli stipendi ai lavoratori, nonostante dall’azienda continuino ad arrivare richieste ulteriori di servizi ‘straordinari’. A gennaio i vertici della Cesar incontrano l’ad Morselli e tutto sembra ricomporsi. Pochi giorni dopo, a febbraio, si verifica il secondo episodio.

Nuovi guai Un agente della Cesar viene coinvolto nell’operazione ‘Acciaio d’oro’, con la Forestale che arresta sei persone accusate di associazione a delinquere finalizzata al furto di acciaio – tonnellate – dal Centro di finitura Ast di Sabbione. «Già in passato – spiega il titolare – un nostro agente ci aveva detto di essere stato avvicinato da due persone che gli avevano proposto ‘affari’ tutt’altro che chiari. Un episodio prontamente segnalato all’azienda. Il punto è, anche in questo caso, la gestione della sicurezza. Quella portineria era ed è uno snodo delicato: a più riprese abbiamo chiesto nuovi strumenti e più agenti rispetto ai due previsti. Alla fine su quel passaggio si è deciso di mettere una sola persona, spostandone un’altra dove non serviva». Il tutto – ovviamente – in buona fede. «Certo. Poi scopri che anche nella tua azienda c’è una ‘pecora nera’ e, nonostante una storia che parla di onestà e correttezza, alla fine ci rimetti».

La consapevolezza Il contratto Ast-Cesar Group scade ad aprile e da lì inizia uno stillicidio fatto di proroghe mese per mese. Fino al 31 luglio, appunto. «Abbiamo chiesto più volte incontri alla Morselli e al responsabile della sicurezza. Nessuno ci ha mai ricevuti. Fra voci e battute non ci abbiamo messo molto a capire che qualcuno voleva mandarci via. Ma così, senza una spiegazione, è dura da digerire».

Oggi Ricevuta la comunicazione ufficiale di ‘addio’ da viale Brin, la dirigenza della Cesar Group si è attivata chiedendo ad Ast il nominativo dell’azienda che la sostituirà. Il tutto per comunicare i dati dei trenta lavoratori attualmente impegnati e che – come stabilito dal contratto collettivo nazionale di settore e da quello provinciale – la nuova società dovrà obbligatoriamente assumere. Ad oggi, però, risposte ufficiali non ce ne sono state. E fra otto giorni – sei, escludendo il weekend – la nuova società dovrà subentrare alla precedente. Insomma, tempi strettissimi e situazione più che ingarbugliata.

Obblighi «I contratti – spiegano dalla Cesar – prevedono che la nuova società debba assumere tutti i lavoratori attivi nell’appalto. Lo stesso abbiamo fatto noi, con 28 persone, quando siamo subentrati nella gestione della polveriera di Nera Montoro e del Pmal». In assenza di altre informazioni, la Cesar Group nel frattempo ha informato della cosa questore e prefetto. E anche la Sicuritalia, ovvero la società lombarda che – salvo sorprese – dovrebbe subentrare nel servizio.

Paure Senza girarci tanto attorno, il timore dei lavoratori è che i nuovi arrivati decidano di assumere solo personale proveniente da fuori regione. Un’ipotesi e basta, ma che oltre allo stop dei contratti di settore – e dello stesso decreto ministeriale 269 del 2010 che, in casi del genere, prevede sanzioni fino al ritiro della licenza – potrebbe incontrare la ferma opposizione della prefettura. Per questioni sociali ma anche di sicurezza, viste le numerose implicazioni: dall’arrivo sul territorio di trenta persone in possesso di regolare porto d’armi, al fatto che altrettante, di Terni e non solo, possano ritrovarsi di punto in bianco senza una prospettiva. Ce n’è abbastanza per portare ad un interessamento diretto, chiesto anche dai sindacati, da parte dell’ufficio territoriale del governo. Ciò potrebbe avvenire sin dal ritorno del prefetto Bellesini in città, previsto per i primi giorni della prossima settimana.

Prospettiva Con tempi così stretti, una delle ipotesi in piedi è rappresentata dalla proroga dell’appalto – almeno per il mese di agosto – e la contemporanea convocazione di un tavolo in prefettura che metta di fronte la Cesar Group, l’azienda subentrate, Ast e sindacati. Per chiarire la questione-personale una volta per tutte. L’eventualità che Ast possa risolvere il problema utilizzando personale interno appare piuttosto improbabile. Qualche timore in più – fra i lavoratori – è legato alla possibilità che l’azienda decida di ricorrere, almeno in parte, a vigilanza non armata, trasformando di fatto le guardie in ‘portieri’ con un evidente passo indietro nella tutela del patrimonio aziendale.

Fuori dai denti Ma le paure non finiscono qui: fra i sindacati e gli stessi lavoratori c’è chi teme che l’azienda – un po’ come accaduto un anno fa con la Industria e Servizi – possa prendere carta e penna e dichiarare che, per un motivo o per l’altro, i lavoratori Cesar ‘non sono graditi’, giustificando così l’eventuale assunzione di personale diverso da quello attualmente presente alle portinerie. In questo caso si andrebbe ad un muro contro muro dagli esiti difficilmente prevedibili. Se la nuova titolare dell’appalto dovesse essere la Sicuritalia, c’è chi ipotizza che quest’ultima possa far convergere su Terni i lavoratori di Roma per i quali sono state attivate in passato le procedure di cassa integrazione e mobilità. Ipotesi, questa, che allo stato attuale appare meno probabile della precedente.

Il futuro Non meno incerto l’orizzonte dell’azienda. «Senza l’appalto Ast, perdiamo il 60% del fatturato che in termini di competitività è tanto – spiega il titolare -. Non ci resta altro che ristrutturare l’attività e rivolgere lo sguardo fuori dal territorio, ad altre società del settore interessate alla nostra struttura. A quel punto, su Terni, diventeremmo la succursale di qualcun altro. Ma il fatto che l’ennesima azienda ternana finisca per perdere il proprio potenziale, non sembra interessare a molti. Tanto meno a chi ci rappresenta nelle istituzioni».

Reazioni Dopo l’azienda, a parlare sono i sindacati: «A una settimana dal presunto cambio di appalto – afferma Matteo Lattanzi della Filcams Cgil – non si sa nulla di ufficiale circa la società che dovrà subentrare. Tutto ciò, di fatto, blocca il processo di salvaguardia dei posti di lavoro che stiamo cercando di attivare». Per Massimiliano Ferrante (UilTucs Uil) «si complica ancora di più la situazione di un territorio già segnato dalla crisi e di un settore, quello della vigilanza a Terni, dove la Cesar Group (anche se in realtà risulta sospeso da qualche mese, ndR) e l’Axitea sono le uniche due società ad applicare il contratto integrativo. I nostri sforzi sono mirati al mantenimento dei posti di lavoro sul territorio». Francesco Di Antonio (Fisascat Cisl) parla di «situazione grave e al tempo stesso nebulosa. E’ necessario – aggiunge – che la prefettura prenda in mano la situazione per evitare che le decisioni di Ast mettano ancor più in difficoltà questo territorio, i suoi lavoratori e le sue aziende».

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