Terni, tunnel Tescino: giustizia a rischio

Alessandro Ridolfi, il tecnico contaminato durante i lavori della galleria, ha deposto in tribunale. Ma la prescrizione è dietro l’angolo

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Le lesioni colpose contestate dalla procura di Terni a tre persone – l’amministratore unico della Ternirieti Scarl, il direttore di cantiere e il responsabile del servizio prevenzione e sicurezza – si prescriveranno il prossimo settembre. Alessandro Ridolfi però, il tecnico 44enne toscano che nel marzo del 2009 è rimasto contaminato durante i lavori di costruzione della galleria Tescino, proprio sotto la discarica Tk-Ast di vocabolo Valle, non intende mollare. E chiede che il tribunale di Terni faccia giustizia «per tutto ciò che a distanza di anni continuo a subire – dice -. La mia salute è ormai compromessa e la malattia irreversibile. Assurdo che si sia fatta passare una galleria proprio sotto quella ‘bomba ambientale’ che è la discarica dell’acciaieria, un sito da bonificare a livello italiano».

ALESSANDRO RIDOLFI: «LA MIA VITA DISTRUTTA» – VIDEO

Il processo Venerdì mattina Alessandro Ridolfi è comparso di fronte al giudice Barbara Di Giovannantonio e al pm Cinzia Casciani per deporre nell’ambito del processo che lo vede parte civile, attraverso l’avvocato Roberto Alboni di Arezzo. Il tecnico ha raccontato il suo dramma, da quell’acqua mista a metalli pesanti – cromo esavalente, mercurio, piombo, rame e cadmio – che gli è piovuta addosso mentre stava lavorando alla costruzione del tunnel Tescino, fino alle pesanti conseguenze sul piano della salute: piaghe in varie parti del corpo, un glaucoma, allergie e un generale malessere – conseguenze di una ‘dermatite eczematosa corrosiva’ – che lo ha poi costretto ad un’invalidità del 20%.

«Malattia irreversibile» Oggi Alessandro Ridolfi vive a Caprese Michelangelo (Arezzo), un piccolo borgo a cavallo fra Valtiberina e Casentino, per evitare il più possibile contatti con i metalli e gli inquinanti che si possono trovare nell’aria della città, come accaduto anche venerdì mattina a Terni: «Qualsiasi cosa tocchi o respiri, che contiene metalli cosiddetti ‘ubiquitari’, finisce per causarmi ulcere che scompaiono solo dopo diversi mesi. Da tutto ciò – spiega il tecnico toscano – non si guarisce. Non posso neppure assumere cortisone perché queste ferite finiscono per alzarmi la pressione dell’occhio affetto da glaucoma e rischio di perdere la poca vista che mi è rimasta (Alessandro Ridolfi ha già perso un occhio in passato per un incidente di lavoro, ndR)».

Prescrizione in vista Con la prossima udienza fissata per il 9 giugno, e diversi testimoni ancora da sentire, la possibilità che le accuse vengano dichiarate prescritte è concreta. «Al tribunale chiediamo di giungere a sentenza entro quel termine – afferma l’avvocato di Ridolfi, Roberto Alboni – perché tutto ciò che è accaduto, e che sta emergendo con chiarezza anche nel corso del procedimento, è di una gravità assoluta. La giustizia deve dare risposte e noi ce le aspettiamo».

«Era tutto evitabile» Parole a cui fanno eco quelle di Alessandro Ridolfi: «Sono sette anni che tribolo, fra ospedali, medicine del lavoro, Inail e tribunali. La mia richiesta è semplice: che venga fatta giustizia. Oggi (venerdì, ndR) ho incontrato colleghi operai che non vedevo da anni e anche loro, nel tempo, hanno accusato gravi problemi ma si sono resi conto delle cause quando era troppo tardi per avviare un procedimento. Non sono certo l’unico e questo è giusto che si sappia. Come si deve sapere che quella galleria è tutta contaminata, lo dice anche l’incidente probatorio disposto dal tribunale, ed è assurdo che al tempo non si siano fatti campionamenti per analizzare quell’acqua che filtrava dalla volta del tunnel in costruzione. Tutto ciò si sarebbe potuto e dovuto evitare».

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