Terremoto, gli sfollati: «Provviste tagliate»

«Non tutti hanno la fortuna di avere ancora un lavoro e la Caritas non può più aiutarci come prima» racconta Benedetta che ha quattro figli di cui uno di soli cinque mesi

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L.P.

Sfogliano l’album di foto pubblicate dai contatti su Facebook e Norcia, imbiancata, sembra ancora più lontana di quanto lo sia ogni giorno.

La struttura che ospita gli sfollati a San Feliciano

La struttura che ospita gli sfollati a San Feliciano

Gli aiuti Tira il vento al lago Trasimeno, la neve non si vede ma i disagi sono tanti anche a più di cento chilometri di distanza. L’ultimo, solo in ordine temporale, la graduale sospensione delle provviste fornite dalla Caritas alle famiglie ospitate negli alberghi. Fino a qualche settimana fa, infatti, arrivavano scorte, prodotti per l’igiene, vestiti, per chi aveva la fortuna di trovare la taglia giusta o il numero di scarpe esatto. Ma anche il latte in polvere per i bambini più piccoli. «Fino a pochi giorni fa mi davano una scatola di latte artificiale ogni tre giorni. Ora l’ho richiesta da una settimana e ne è arrivata solo una» racconta Benedetta Bianconi che, con i suoi quattro figli e il marito, è ospite del villaggio Tre isole a San Feliciano perché la sua casa è inagibile da fine agosto.

La Caritas Merendine, biscotti, bibite, thé da distribuire a ogni famiglia. Attraverso la Caritas arrivavano tanti piccoli aiuti agli sfollati. Ultimamente però le forniture sono iniziate a mancare e quando il referente è andato a chiedere spiegazioni gli è stato risposto di rivolgersi al sindaco di Magione, Giacomo Chiodini. «Anche la Caritas ha finito i soldi, noi come facciamo ad andare avanti?» si domanda Benedetta. L’albergo dove lavorava come cameriera ha subito molti danni e, se partono i lavori, forse per Pasqua ripartirà anche la stagione. «Ho preso il contributo di maternità fino a dicembre – spiega – perché quando l’albergo è chiuso siamo stati tutti licenziati con la promessa che, una volta riaperto, ci avrebbero richiamati». Salvatore, suo marito, è un imprenditore edile. E’ originario di Olbia ma da vent’anni vive in Umbria, a Norcia, dove si sono conosciuti.

Antonio, Giada

Antonio, Giorgia e Giada, con i genitori Benedetta e Salvatore e il piccolo Sergio

La famiglia «Negli anni mi sono fatto un nome – racconta Salvatore – e non ho mai avuto problemi di lavoro. Ho sempre lavorato tanto, anche da qui, fino a che non è arrivato il gelo e la neve facevo avanti e dietro con dei lavori a Norcia. Ora però è tutto fermo». Con quattro figli le spese sono tante. A Giorgia, che ha 12 anni, si sono rotti gli occhiali, mentre è arrivato il momento di mettere l’apparecchio sia per Giada, la più grande, che per Antonio. Eppure di ricominciare una nuova vita in Sardegna la famiglia non ci pensa affatto. «Norcia è Norcia – ammette Salvatore – dopo vent’anni mi sento a casa solo lì».

La voglia di tornare, anche magari solo dentro a una casetta, è tanta. «Finché non saranno disponibili i moduli da 80 mq resteremo qui – dicono – poi torneremo. Appena c’è stato il terremoto ci è venuto in mente di partire, ma ho detto a mia moglie che se avessimo preso la nave non saremmo più tornati indietro». Anche i ragazzi aiutano nell’economia domestica, quando a Natale il comune di Magione ha donato a tutti i bambini un buono da 40 euro da spendere nel negozio di giocattoli della città, i tre figli maggiori hanno messo insieme i loro ticket e li hanno consegnati ai genitori che avevano bisogno di acquistare un passeggino nuovo per il piccolo Sergio, che ha appena cinque mesi.

Benedetta a pranzo con gli altri ospiti

Benedetta a pranzo con gli altri ospiti

Futuro incerto «Non tutti hanno la fortuna di prendere la pensione o di avere ancora un lavoro – prosegue Benedetta – io sono in una posizione delicata in questo momento, finché potevo ho sempre comprato il latte in polvere per mio figlio, ma ora che la maternità è finita e ancora non so se a partire da Pasqua avrò di nuovo un lavoro, sinceramente inizio a farmi due calcoli. Anche mio figlio è un bambino terremotato, io mangio qui alla mensa, perché per lui non dovrebbe essere lo stesso? Solo perché è un neonato?». Trenta euro a confezione, ogni settimana, è una spesa sostanziosa per una famiglia di sei persone che, al momento, non ha entrate. «Oggi ho telefonato per la cassa integrazione, nessuno sa niente, l’Inps non sa niente. Oltre ai ragazzi dovrei andare dal dentista anche io, ma mille euro per pagarlo al momento non ci sono».

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