«A tre anni dal sisma, rientrerò in bottega violando i sigilli»

Annuncio shock di un artigiano di Cascia, allo stremo dopo il terremoto del 2016 che gli ha tolto tutto: «Non mi hanno ancora dato una sistemazione per il mio lavoro»

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Riceviamo a pubblichiamo
da Gianni Vennettelli
artigiano –  Atri di Cascia

Gianni Vannettelli

Avete presente quando, tromboneggiando altezzosi e magnanimi, i nostri politici di ogni schieramento e colore, si sono presentati nel bel mezzo delle macerie ancora polverose del terremoto, scortati da guardie del corpo a proteggerli da chissà quale povero malintenzionato, seguiti da un codazzo di incravattati locali questuanti, quando dall’alto della loro terrena onnipotenza ed al di sotto di quel ridicolo caschetto, promettevano con parole accompagnate da gesti solenni ed abbracci consolatori a cittadini disperati: «Non vi lasceremo soli»?

Bisogna oggettivamente ammettere che in un certo qual modo questa affermazione e divenuta realtà anche se in molti casi non certo per merito della politica, che se ne è comunque presa il merito, bensì di soggetti che con quest’ultima fortunatamente non hanno nulla o ben poco a che vedere.

Pur avendo vissuto in modo diretto gli eventi tellurici degli ultimi 60 anni, non solo in Umbria, nelle vesti di terremotato, collaboratore progettista, volontario e ricostruttore, non sta certo a me stabilire i parametri e le metodologie con i quali lo spazio e la sensazione di impotente solitudine venutosi a creare con il sisma è stato colmato.

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In effetti è sotto gli occhi di chiunque sappia e voglia guardare, il fatto che le persone abbiano ricevuto ed attualmente usufruiscano si sistemazioni considerate dignitose, fermo restando il tempo occorrente per logorare questa presunta dignità, ma francamente l’incipit non fa presagire nulla di ottimistico,

È vero, c’è chi ha avuto tutto (giustamente), c’è chi ha avuto molto, c’è chi ha avuto troppo, c’è chi ha avuto più di quanto gli spettasse ed avesse prima del terremoto, me c’è anche, e sono molti, coloro che si sono presi, o forse gli è stato dato in modo complice e consapevole, anche quello che spettava agli altri, in nome di un’ingordigia, di una maleducazione, di una prepotente ignoranza ed infine ma non peggiore di quanto già elencato, in nome di qualcun altro, vedesi amicizie interne, o lobby politiche e corporativistiche che per accontentare i propri adepti votanti, hanno dato anche a chi non aveva bisogno, pur di dimostrate sul territorio la propria egemonia.

Lo dimostra il fatto che siamo improvvisamente diventati tutti pastori oppure accorgersi che erano venute a mancare le derrate alimentari anche per i cani ed i gatti, ricordo orde di cacciatori tentare di accaparrarsi del vestiario inviato da aziende rinomate, e come dimenticate telefonini annunciati e mai distribuiti?

Come dimenticare le baruffe furibonde per un rotolo di carta igienica o un sacco di patate che in una cosi piccola comunità, abbrutendola, non ha fatto altro che accentuare le distanze e l’egoismo latente dovuto a quell’istinto primordiale di sopravvivenza insito nell’essere umano e sempre in agguato pronto a scatenare guerre tra poveri.

Fortunatamente gli uomini dimenticano in fretta, basta loro un contentino dato in pompa magna tagliando nastri, partecipando a banchetti, benedicendo nuove costruzioni, allestendo moduli e capannoni, consegnando negozi, tutto per poter ricominciare a produrre, lavorare, vivere e tutti ci sentiamo soddisfatti, i contadini, coloro che hanno avuto la propria casa danneggiata, i commerciati, in fin dei conti siamo tutti figli dello stesso stato. Tutti? NO. Io no.

Io sono nato in Italia, vivo in Italia, un paese che tratta un piccolo artigiano in un paesino di 60 anime alla stregua di una grande azienda, legifera sul modo in cui devo nascere, vivere e persino morire, vivo in uno stato che mi ha giustamente punito quando ho sbagliato, uno stato che mi sanziona quando non rispetto le regole, uno stato che a volte esige più di quanto io possa e tutto questo, se pur a volte disapprovandolo, mi faceva sentire parte integrante, figlio, ma non sapevo di essere figlio illegittimo, o forse adottato, o forse peggio ancora un figlio di serie B.

Io non ho amici politici potenti ma solo amministratori locali che si sono impegnati sino a mettere in discussione la propria autorità ormai azzoppata da una burocrazia della quale la logica sfugge persino ai burocrati stessi, non ho mai battuto i pugni sulla scrivania di qualche ufficio al cospetto di un impiegato perso in mezzo a leggi e regolamenti in continuo e costante mutamento, non ho mai inveito minacciosamente contro tutti e chiunque, non sono stato in alberghi o usufruito di pasti gratis ad una mensa che sembrava un ristorante laddove chiunque potesse sfamarsi invitando amici e commensali occasionali, abbiamo dormito con tutta la mia famiglia dentro il furgone usato per il mio lavoro fino a prenderci una bronchite prima di procurarci a nostre spese una sistemazione decente all’interno di una casa su ruote, non ho mai manifestato con striscioni o bandiere, non ho mai urlato ma ho sempre dialogato chiedendo in maniera pacata e garbata le motivazioni del trattamento iniquo che mi veniva riservato, ho sempre lottato con educazione e rispetto avendo fede che ciò che spettava agli altri spettasse anche a me.

Sono l’ultima ed unica persona del Comune di Cascia alla quale non è stato dato ciò che gli spettava di diritto, da me non si sono presentati enti benefici e benefattori, nessun mecenate o aziende sponsorizzanti, nessun munifico donatore o generosa associazione, d’altronde, in modo ingenuo e disilluso, pensavo che fosse compito dello stato supplire alle mie disgraziate esigenze, lo stesso stato che a tutt’oggi mi vieta l’accesso all’attività che svolgevo da decenni non avendomi ancora dato nessuna alternativa.

Sono quasi 3 anni dal sisma e per gli organi preposti io non ho più accesso alla mia bottega di artigiano fabbrile, sono quasi 3 anni che secondo questo sistema becero e cieco io dovrei vivere e far vivere la mia famiglia non so come e gradirei che qualcuno, se esiste, mi illuminasse.

Quella piccola azienda era punto di riferimento per una moltitudine di persone dalle esigenze più svariate, dall’architetto più estroso, al contadino in difficoltà che anche la domenica mattina poteva contare su una riparazione urgente per proseguire il proprio lavoro o alla vecchietta che pagava con un coniglio o un pollo, era un piccolo valore aggiunto dove si creava arte e riparava di tutto, non solo per la zona circostante ma anche per clienti di altri comuni del comprensorio e fuori regione.

Nonostante gli innumerevoli contatti telefonici, messaggi ai quali alcuni soggetti istituzionali non si sono nemmeno degnati di rispondere, le riunioni con i rappresentanti regionali, le rassicurazioni e le promesse (nessuna delle quali mantenute) sono l’unico artigiano del comune di Cascia al quale, pur spettando una delocalizzazione, a tutt’oggi non si è riusciti a costruire un modulo, non un capannone bensì un semplice modulo prefabbricato di neanche 100 mq.

E dire che di tempo ne è passato, che ben altri moduli sono stati costruiti e smantellati, che altre costruzioni improduttive e cattedrali nel deserto sono state realizzate, che sono stati spesi denari pubblici per mettere in sicurezza ruderi che visto l’andamento e la vastità delle problematiche rimarranno tali augurandomi di sbagliare e che pensare, visto che persino agli animali è stata trovata una degna sistemazione.

Io non so di chi è la responsabilità di tutto questo ma essendo in Italia sospetto sia di nessuno. Come al solito in questo ormai malandato e decadente paese chi non ha privilegi, raccomandazioni, conoscenze ed appoggi vari, sia destinato ad un lento ed inesorabile oblio, che debba sparire come il mio mestiere di artigiano, fagocitato da tutto ciò che è consumismo e globalizzazione, portato all’estinzione in un delirio di onnipotenza burocratica stupida, iniqua, becera e soffocante, che soprattutto in alcune piccole realtà è completamente inutile e deleteria.

Questo è lo stato in cui sono vissuto sino ad ora, uno stato che tratta alcuni dei suoi cittadini come figliastri, prediligendone altri in base al loro potere e ceto, mentre butta dalla rupe i meritevoli e i mansueti sulla base del fatto che l’educazione ed il rispetto del prossimo sia ritenuta debolezza.

Pur non essendo un politico o un sociologo temo che questo comportamento porterà alla dissoluzione sotto la spinta di culture ed intelligenze molto più pragmatiche costringendo intere generazioni a vivere nell’ombra e chi potrà ad andarsene, cercando in altri paesi e sotto altri governanti un futuro per se stesso e per i loro figli.

Per questi motivi comunico pubblicamente, portandolo a conoscenza di tutti gli organi competenti, che per ovvie esigenze che non sto ad elencare ma facilmente immaginabili da persone di buon senso, che mi trovo costretto a riutilizzare i locali a me interdetti, rimuovendo, per ragioni di spazio, i sistemi di sicurezza personalmente messi in essere al fine di evitare ulteriori danneggiamenti della struttura, ritenendo responsabile della mia personale incolumità coloro i quali, soggetti fisici ed istituzioni, avrebbero dovuto dopo anni, darmi un’alternativa alle loro imposizioni.

Rimanendo a disposizione di chiunque voglia confrontarsi educatamente e nel pieno rispetto di idee ed opinioni, consapevole di prendermi gli strali di molti critici interessatamente in disaccordo nonché istituzioni in assordante silenzio, lascio la mia e-mail: [email protected]

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