Addio Mario Finocchio, vero ‘mastro fonditore’

Grazie a lui, dentro al monumento al lavoro – l’obelisco di Arnaldo Pomodoro – c’è entrata anche l’anima del lavoro ternano – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

È un monumento al lavoro ternano l’obelisco di Arnaldo Pomodoro.

Con Mario Finocchio, dentro quella colonna d’acciaio, c’è entrata anche l’anima del lavoro ternano. Un’anima fatta di competenze acquisite grazie alla passione, alla dedizione, che ti spingono a fare quel che fai perché è parte di te, perché ti prende, ti sollecita, ti stimola a fare sempre di più e meglio, a scoprire ogni giorno un qualcosa di nuovo e da imparare.

Se poi a fine mese c’è anche uno stipendio, si tratta di un qualcosa che rende la vita meno difficile, che ti conferisce dignità, che riconosce in qualche modo quella passione.

L’INTERVISTA DI UMBRIAON A MARIO FINOCCHIO – IL VIDEO

Mario Finocchio ‘mastro fonditore’ le aveva dentro queste cose. E con la sua scomparsa, avvenuta sabato all’alba, Terni perde un altro rappresentante di quella generazione di lavoratori i quali sapevano trarre dalla loro occupazione i migliori insegnamenti che poi, loro, trasformavano in competenze rare. Uno di quei lavoratori per cui il detto di una volta secondo cui i ternani ‘sapevano fare gli occhi alle pulci’ era giustificato.

L’obelisco è tutto d’acciaio. Un tutt’uno che però è composto di blocchi di colorazione diversa man mano che dalla base di sale verso l’alto. Così come l’ha pensato Arnaldo Pomodoro. Dal ferro grezzo fino all’oro. La conoscenza che si trasforma, s’arricchisce arricchendo nello stesso tempo l’umanità.

Non c’è né ferro, né oro, però in quell’opera d’arte che è uno dei simboli principali di Terni. È acciaio che assume colorazioni diverse: una questione di leghe, di fusione sapiente.

Qui intervenne la competenza di Mario Finocchio che riuscì a realizzare l’idea dell’artista. Un artista eccelso come Arnaldo Pomodoro, con cui gli incontri e i confronti furono costanti per settimane, e che riconobbe il merito di Mario, il ‘fonditore’, e attraverso lui a tanti operai e lavoratori ternani, capaci di mettere in campo competenze da Guinness dei primati.

C’era chi osservando la forma luminosa dentro la canna di un fucile guadandola in controluce sapeva individuare gli eventuali difetti; chi da un pezzetto di ferro, lavorando di lima, sapeva tirar fuori una chiave ricca di denti e scanalature che combaciava perfettamente con la serratura; chi sapeva smontare un tornio pezzetto per pezzetto, e, quel che più conta, sapeva rimontarlo dopo aver individuato quale vite o molla era da sostituire.

Quelle competenze al giorno d’oggi non servono più. Certi lavori non servono più. In Inghilterra hanno avviato uno studio sui lavori ‘estinti’ e quelli in via di ‘estinzione’ sono decine.

È il progresso. Le cose cambiano. Ciò che resta sempre uguale è che ogni passo avanti si compie con la competenza, la passione, l’impegno coscienzioso, la voglia di misurarsi, d’imparare sempre una cosa in più.

Come Mario ‘mastro fonditore’.

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