Alessandro Riccetti, Terni vuole giustizia

«Le persone potevano essere salvate»: così la madre del giovane a 5 mesi dalla tragedia del Rigopiano. Parla il legale dei familiari

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A cinque mesi dalla tragedia dell’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara), dove lo scorso 18 gennaio una valanga ha ucciso 29 delle 40 persone presenti nella struttura, la madre di Alessandro Riccetti – il 33enne di Terni, dipendente dell’albergo e anche lui morto nel crollo – fa sentire la propria voce attraverso il profilo social di un familiare. E chiede giustizia per ciò che è accaduto.

PARLA L’AVVOCATO RANALLI – VIDEO

La madre di Alessandro Riccetti

«Vergogna!» «Questi mesi trascorsi – scrive Antonella Maria – sono stati orrendi per tutti noi familiari delle 29 vittime. Date le varie circostanze precedenti, come ha affermato anche l’ex vicesindaco di Farindola ed ex presidente della sezione CAI, Mario Marano Viola, bisognava salvare il salvabile. Purtroppo nessuno, pur conoscendo la posizione dell’albergo, ha pensato a ciò. Anzi, non hanno nemmeno creduto alle numerose chiamate di aiuto, pur sapendo che l’hotel era messo male. Vergogna!».

IL CUGINO DI ALESSANDRO: «VOGLIAMO GIUSTIZIA» – VIDEO

L’accusa «La prefettura e la provincia di Pescara – così la madre di Alessandro Riccetti – di fronte alle previsioni di abbondanti nevicate superiori a tre metri con terremoto in corso dal 24 agosto, cosiddetto ‘nevemoto’, dovevano assicurare l’apertura della strada Farindola-Rigopiano. Non si è mai visto un albergo senza una via di uscita. Oppure provvedere all’evacuazione della struttura. Le persone potevano essere salvate, è questo il nocciolo della questione».

ALESSANDRO RICCETTI, L’ADDIO DI TERNI
L’ADDIO AD ALESSANDRO NEGLI SCATTI DI MIRIMAO

L’indagine Il fascicolo aperto dalla procura di Pescara sull’accaduto – un lavoro investigativo che non si è ancora concluso – vede indagate sei persone per omicidio colposo plurismo e lesioni colpose. I familiari di Alessandro Riccetti sono intenzionati a far valere le proprie ragioni nel contesto del procedimento penale conseguente.

«Sia fatta piena luce» L’avvocato Giovanni Ranalli, che assiste i familiari di Alessandro, segue ovviamente da vicino gli sviluppi dell’indagine: «La procura di Pescara, il procuratore e gli ufficiali di polizia giudiziaria, stanno svolgendo un lavoro molto accurato, all’esito del quale compiremo tutti i passi necessari per costituirci parte civile nell’eventuale procedimento penale che ne scaturirà. L’impressione, con l’indagine ancora aperta e per molti aspetti secretata, è che anche gli allarmi lanciati siano stati quantomeno sottovalutati da chi avrebbe potuto e dovuto fare qualcosa. Chiedere ‘giustizia’ è forse retorico, ma i familiari di Alessandro si aspettano che venga fatta luce sull’accaduto, sulle eventuali responsabilità dei soggetti che abbiano concausato questo evento tragico. Nessuno – conclude l’avvocato Ranalli – potrà restituirci Alessandro e nessuna sentenza potrà mai colmare il dolore della madre, dei fratelli e di tutti coloro che gli volevano bene».

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