Ast, Gianluca Rossi chiama in causa Renzi

Terni, il senatore del Pd scrive al presidente del consiglio: «Le ipotesi di accordo con Tata Steel preoccupano. Chiedere che ThyssenKrupp sia leale col territorio»

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Le indiscrezioni su una possibile joint venture tra ThyssenKrupp e Tata Steel; le esternazioni fatte al Mise il 22 marzo dal rappresentante delle relazioni esterne della multinazionale tedesca, Peter Sauer; i dati emersi nel convegno di venerdì a Terni: tutti elementi sui quali riflettere, secondo il senatore ternano del Pd, Gianluca Rossi. Che sul possibile futuro della fabbrica ternana aveva già espresso il proprio pensiero, ma che su questi  argomenti ha chiesto, con una lettera, l’intervento diretto del presidente del consiglio Matteo Renzi. umbriaOn è in grado di rivelarne il testo.

di Gianluca Rossi
Senatore del Partito Democratico

Caro Presidente,
mi rivolgo a Te nella mia veste di rappresentante parlamentare di Terni e del PD, da sempre partecipe attivamente alle vicende dell’acciaieria, di proprietà di ThyssenKrupp. Da questa preziosa prospettiva, ritengo di aver maturato una visione consolidata sulle vicissitudini della siderurgia italiana, proprio a partire della vicenda di AST-ThyssenKrupp, che ciclicamente torna all’attenzione del paese e quindi del governo. Oggi per il cambio del CEO e per le possibili evoluzioni societarie.

La vicenda anglo-indiana di Tata Steel Europe-Corus e la minaccia di licenziamento per 4500 lavoratori costringe il governo inglese a fare i conti con questioni speculari a quelle del continente: l’incapacità di far fronte all’invasione dell’acciaio cinese a basso costo, l’assenza di un piano strategico (nonostante il ‘Piano Tajani’ per la siderurgia) e la vulnerabilità totale dei governi nazionali alle possibili intemperie che provocano le decisioni unilaterali delle
multinazionali.

Nel corso della nostra Direzione Nazionale del 4 aprile scorso, Tu hai sostenuto, e io lo condivido profondamente, che quest’ultime non sono un nemico a priori, ma una parte della nostra economia e della nostra ricchezza.

Il dialogo e il confronto quindi, non possono che essere strategici, ossia indirizzati verso l’ottimizzazione della ricchezza prodotta sul territorio nazionale, in cambio di un rapporto leale con le istituzioni e la forza lavoro.

Aiuta ricordare che nel 2005 alla dismissione delle produzioni di lamierino magnetico, uniche in Italia, Terni ‘ottenne’ oltre 500 milioni d’investimenti da ThyssenKrupp finalizzati all’ammodernamento tecnologico e alla qualità ambientale del sito produttivo.

Alla luce delle affermazioni della multinazionale fatte dal rappresentante delle relazioni esterne di TK Peter Sauer durante l’incontro al MISE dello scorso 22 marzo e delle indiscrezioni, vere o meno che siano, per cui Tata Steel e ThyssenKrupp potrebbero trovare forme sinergiche, è per noi obbligatorio interrogarsi sui riflessi che tutto ciò potrebbe avere per l’Italia e segnatamente per Acciai Speciali Terni.

Lo stabilimento TK-AST di Terni, come sai, si colloca tra i primi produttori mondiali di acciai laminati piani inossidabili. Le imprese del gruppo, oltre ad occupare circa 2300 dipendenti e ad impiegare altrettante persone nell’indotto diretto di riferimento, rappresentano la realtà industriale di maggior rilievo dell’Italia centrale, distribuendo redditi che, secondo le usuali metodologie di determinazione statistica, ricadono su circa 20.000 persone.

Peraltro, Terni rappresenta l’unica realtà di produzione di acciai inossidabili piani in Italia,con una quota di mercato superiore al 40%. Sono questi dati, ossia l’insuperabile qualità degli acciai speciali ternani, a fare, ancora una volta, la differenza a livello mondiale: se per l’acciaio italiano è previsto un finale diverso da
quello inglese, questo può accadere solo grazie alla nostra eccellenza. E per difenderla dalle ‘aggressioni’ serve un salto di qualità nel confronto e nella relazione con la multinazionale.

Per questo ritengo necessario che il dossier AST-ThyssenKrupp sia negoziato direttamente dal Presidente del Consiglio, in maniera preventiva ed incisiva e non ‘di rimessa’, come accaduto al premier inglese David Cameron, che con fatale ritardo ha dovuto fare i conti con le ricadute nazionali delle decisioni di Tata.

Il governo italiano dovrebbe invece saper cogliere l’occasione ed essere in grado di verificare le strategie a medio e lungo termine di ThyssenKrupp, al fine di poter ribadire la centralità del sito ternano nell’ambito della produzione nazionale ed europea degli acciai speciali, e con essa il mantenimento dell’integrità del sito con le produzioni cosiddette a caldo e a freddo.

Da questi primi due, discende il terzo elemento, non certo per ordine d’importanza, ossia il mantenimento dei livelli occupazionali. Terni è un vero asset industriale strategico per il nostro paese solo se saremo in grado di preservarne la dimensione di “ciclo integrato” (dalla colata continua alla laminazione a freddo) e, contestualmente, garantire un equilibrio tra produzione a caldo e produzione a freddo.

Il solo volume produttivo complessivo, infatti, non può e non deve essere preso come indice per misurare stabilità e prospettive del sito.

Se Terni perdesse le produzioni a caldo, perché considerate non più strategiche, le acciaierie diventerebbero un semplice centro di laminazione con conseguenze drammatiche sull’occupazione e sul know how industriale di questo paese.

In ultima analisi: è dei futuri assetti proprietari di AST che si deve chiedere conto alla multinazionale tedesca che, pubblicamente e con sempre maggiore incisività, lega i destini della produzione di acciaio inossidabile all’approvazione del German Renewable Energies Act e alla capacità europea di porre misure anti-dumping nei confronti dell’acciaio cinese.

E’ anche sul filo industriale che devono dipanarsi le relazioni diplomatiche tra Italia e Germania, e non solo nell’architettura di un’Europa impegnata a salvaguardare i propri confini, trascurando ciò che essi proteggono. Se è vero che i confini sono entità geografiche fisicamente perimetrabili, lo stesso non si può dire per i “confini economici” di uno Stato.

Il conferimento del MES alla Cina al termine del 2016 incarna tutte le contraddizioni politiche dell’Unione Europea: un’invasione di prodotti a basso costo derivanti dalla sovracapacità produttiva cinese (e realizzati devastando l’ambiente, senza diritti sindacali dei lavoratori e in un Paese dove ancora non esiste la certezza del diritto), provocherà un’insanabile erosione del settore manifatturiero in tutta Europa, con il rischio di perdere, secondo le stime, tra 1.7 e 3.5 milioni di posti di lavoro, di cui 350.000 nel settore siderurgico. Da questo non potrà che scaturire una crisi molto più devastante di quella del debito sovrano.

Gli elementi cardine di una nuova rotta precauzionale e non “a strascico”, su cui mi permetto di chiederTi un impegno in prima persona, dovrebbero, a mio avviso, focalizzarsi, sui seguenti elementi:

– ThyssenKrupp manterrà un proprio ruolo nel settore della produzione di acciai speciali nel medio-lungo tempo? Quali saranno le scelte rispetto al sito di Terni, in termini di volumi di produzione, commercializzazione, investimenti, destino delle ex società controllate, livelli occupazionali? Nel corso dell’ultima riunione al Ministero dello Sviluppo Economico, la delegazione di ThyssenKrupp ha ribadito che “la ristrutturazione non è ancora finita”. Come si sostanzia questa affermazione? E come impedire il progressivo e crescente distacco della multinazionale dal tessuto produttivo ternano? Da due anni oramai è in atto uno scollamento tra AST e le aziende del territorio con un danno irreparabile per quell’indotto che rappresenta un patrimonio insostituibile e che è messo in serio rischio dalle attuali politiche di ThyssenKrupp con ritardi nei pagamenti, politiche di massimo ribasso e strategie di assunzioni e consulenze che tagliano fuori qualsiasi soggetto fisico e giuridico abbia rapporti con la città. Le multinazionali, come Tu giustamente sostieni, sono una risorsa per il paese; ma lo sono nella misura in cui riescono a creare un proficuo interscambio di beni e conoscenze con le comunità che le ospitano, cosa che conosciamo bene essendo tra le prime province per numero di multinazionali che insistono sul suo territorio.

– La possibile applicazione di un non meglio definito “piano B” per Terni, citato nella suddetta riunione da ThyssenKrupp, in cosa si sostanzia e come è legato alle pubbliche affermazioni della multinazionale tedesca in merito a possibili e future sinergie/joint venture sul mercato europeo?

– L’incremento della produzione di laminati a freddo da 400 a 500 mila tonnellate e la sensibile diminuzione, da 600 mila a 360 mila tonnellate, di laminati a caldo sono esclusivamente conseguenza del mercato o derivano da una strategia precisa, già palesata dal precedente CEO L. Morselli nel 2015, che vede l’utilizzatore finale al centro del marketing aziendale? A queste domande è difficile dare una risposta, ancor più oggi che tutta la struttura commerciale ha i suoi vertici direttamente nella sede centrale in Germania, ma da essa dipende il “futuro volto” di AST, i posti di lavoro di circa 5000 persone e, di conseguenza, la chiusura di uno dei due forni elettrici, che rappresentano il cuore di questa realtà.

– Esiste, e se sì in che termini, la prospettiva di vendere AST? Quali sono le scelte che la multinazionale sta compiendo nelle ore, tra l’altro, in cui il nuovo CEO Massimiliano Burelli si sta insediando? Alla luce di una possibile joint venture con Tata Steel, quali sono le proiezioni per lo scenario italiano?

Ti ringrazio per l’attenzione e per l’impegno che vorrai mettere nella difesa e promozione dei nostri acciai speciali nel mondo, facendo Tua questa sfida e prendendo direttamente in mano le briglie di una complessa rete che necessita una direzione chiara e decisa, come solo Tu puoi garantire.

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