Tra gennaio 2017 e aprile 2019 un gruppo criminale con base ad Ancona è riuscito a vendere in 13 regioni italiane 130 auto con revisione ‘appena fatta’ alle quali era stato ridotto il chilometraggio, anche fino a 200mila km, grazie a una sofisticata attrezzatura. Fra i truffati anche 11 ignari acquirenti umbri.
Sembravano affari, erano bidoni
Le auto erano apparentemente in buone condizioni e sembravano avere un prezzo appetibile ma in realtà erano dei ‘bidoni’: lo hanno accertato i carabinieri di Ancona che hanno arrestato, per ora, due dei cinque componenti della banda, accusati a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata a truffa e frode in commercio. Gli arresti ad Ancona e nel vicentino. In manette pure due donne di origine romena; altri tre indagati sono ricercati.
Le regioni coinvolte
La gang, come ricostruito dall’indagine coordinata dal pm di Ancona Daniele Paci, ha ottenuto profitti per 500mila euro: promuoveva le vendite sui maggiori motori di ricerca piazzando i mezzi a persone convinte di trattare con una vera concessionaria ad Ancona. Clienti da tutta Italia erano invitati presso le sedi anconetane di via via Di Vittorio e via Rossa per visionare le auto, incappando nel raggiro. Le auto con i contachilometri modificati sono state vendute in particolare nelle Marche (71) e in Abruzzo (12) ma anche in Umbria (11), Emilia Romagna (11), Molise (9), Lazio (9), Toscana (8), Puglia (5), Veneto (3), Lombardia (3), Piemonte, Sardegna e Liguria (1).
Rischi per la sicurezza
In molti casi il gap tra percorrenza reale e alterata era tale da rendere i mezzi pericolosi per incolumità dei passeggeri e circolazione stradale. Le indagini si sono allargate a un’officina di revisioni che certificava costantemente l’esito positivo dei controlli sui mezzi risultati poi con chilometri scalati. I venditori sostenevano che le vetture fossero riconducibili ad unico proprietario benché in realtà fossero state in possesso di vari automobilisti. Responsabilità sono emerse anche per due agenzie di pratiche auto di Ancona che per gli inquirenti avrebbero favorito passaggi di proprietà falsificando gli atti.