Terni, bar Campacci: due opere da demolire

Marmore, impresa familiare Sensini vs Comune per l’ordinanza 2014: il Tar Umbria respinge ricorso per box bagno e vano magazzino. Sono considerate abusive

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di S.F.

Il box prefabbricato in lamiera per uso bagno e il vano utilizzato come magazzino vanno demoliti. Respinta la domanda di annullamento dell’ordinanza di demolizione: il Tar Umbria boccia il tentativo dell’impresa familiare Sensini – il ricorso fu depositato nel 2014 – per alcune opere edilizie legate al bar-ristoro de ‘I Campacci’ a Marmore, per le quali il Comune di Terni cinque anni fa ordinò di fare piazza pulita a causa di presunte irregolarità e il conseguente ripristino dello stato dei luoghi entro trenta giorni. Si tratta di una sentenza di merito collegiale.

LA CONTESA VA AVANTI DAL 2014

I Campacci (foto Maps luglio 2018)

Il resoconto e i motivi del ricorso

Nel 2014 a palazzo Spada fu firmato un provvedimento per la demolizione di opere considerate abusive sull’area de ‘I Campacci’: il Tar a stretto giro accolse l’istanza cautelare dei Sensini e bloccò l’iter in attesa del giudizio di merito, arrivato cinque anni dopo in seguito al doppio rinvio del 2015. L’attività commerciale – contratto di locazione datato giugno 2002 – si svolgeva su un locale parzialmente irregolare secondo il Comune. Diversi i motivi d’impugnazione da parte dell’impresa familiare, in primis la «genericità dell’esposto – si legge nella sentenza – a seguito del quale è stata innestata l’attività di vigilanza edilizia conclusasi con l’ordinanza di demolizione». C’è poi il fatto che l’amministrazione «ha concesso un termine di soli 30 giorni per il ripristino dello stato dei luoghi, ponendosi così in contrasto con il comma 3 dell’art. 6 (Interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali) della legge regionale n. 21 del 2004».

«BAR CHIUSO, PENALIZZATO IL LAVORO»

I Campacci di Marmore

Gazebo, box bagno e concessioni

Il ricorrente – difeso dall’avvocato Antonio De Angelis – inoltre ha messo in evidenza che «al momento della stipulazione del contratto, il concedente avrebbe dovuto verificare la conformità urbanistico/edilizia dell’immobile oggetto della concessione». C’è altro: «Il Comune non avrebbe in alcun modo dovuto avviare il procedimento relativo ai presunti abusi edilizi attesa la genericità dell’esposto». Per quel che riguarda il gazebo oggetto dell’ordinanza di demolizione, «essendo stato definito dall’amministrazione comunale come opera precaria, non necessitava di alcun titolo edilizio». C’è poi il box prefabbricato ad uso bagno: «È di proprietà esclusiva del Comune e non costituisce oggetto della concessione, in quanto collocato dalla stessa amministrazione comunale successivamente al rifacimento dei bagni pubblici limitrofi». Si passa al vano per il magazzino: «Era esistente sin dal momento del rilascio della concessione (2002) e faceva dunque parte del complesso immobiliare oggetto del primo contratto stipulato». Infine la tettoia in legno e ferro: anche in questo caso è «definita dall’amministrazione come opera precaria, non necessitava di alcun titolo edilizio». Palazzo Spada ha risposto con una serie di contestazioni su tutti i punti.

Il Tar

La sanatoria. Il giudizio del Tar

Dal Comune hanno innanzitutto eccepito l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse. Motivo? «A seguito dell’istanza di sanatoria proposta dal ricorrente l’ordinanza di demolizione ha perso la sua efficacia e dovrà pertanto essere sostituita da un nuovo provvedimento sanzionatorio con assegnazione di un nuovo termine per la sua esecuzione». De Angelis non ci ha messo molto a rettificare questo aspetto, facendo presente che alcune strutture non sono state oggetto di istanza di sanatoria. I magistrati nella fattispecie hanno evidenziato di «dover accogliere l’eccezione di inammissibilità dell’impugnativa proposta avverso l’atto di diffida del 10 giugno 2014, trattandosi di atto meramente preparatorio ed endo-procedimentale insuscettibile come tale di ledere la sfera giuridica di parte ricorrente; sempre in via preliminare si ritiene di dover accogliere l’eccezione di improcedibilità del ricorso relativamente alle opere oggetto della domanda di sanatoria presentata da parte ricorrente, atteso che per consolidato orientamento giurisprudenziale l’avvenuta presentazione dell’istanza di sanatoria rende inefficace l’ordinanza di demolizione avente ad oggetto le opere da sanare e quindi improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso proposto avverso l’originario provvedimento sanzionatorio». Per il resto la questione è diversa.

Box e magazzino da demolire

Il Tribunale amministrativo regionale è netto: ricorso da respingere in quanto infondato. «In materia di repressione degli abusi edilizi, la pubblica amministrazione è titolare di poteri vincolati, il cui esercizio è fondato unicamente sul previo accertamento dell’abuso, senza che, quindi, possa essere richiesta una particolare motivazione; non può pertanto assumere alcun rilievo l’eventuale genericità dell’esposto in base al quale l’amministrazione ha attivato il potere di repressione dell’abuso, avendo il provvedimento demolitorio natura vincolata e non rilevando in ogni caso eventuali vizi attinenti al procedimento, qualora il provvedimento finale sia conforme a quello richiesto dalla legge per il caso di specie». Inoltre «le opere in argomento vanno ricomprese nel novero degli interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire, in ordine ai quali la legge regionale n. 21 del 2004 (Norme sulla vigilanza, responsabilità, sanzioni e sanatoria in materia edilizia) prevede l’assegnazione al responsabile dell’abuso di un termine congruo comunque non superiore a centoventi giorni per la demolizione dell’intervento». Il termine dei trenta giorni viene ritenuto «senz’altro congruo, avendo ad oggetto manufatti la cui immediata amovibilità è facilmente desumibile dalle caratteristiche costruttive». In definitiva l’ordinanza non è annullata per le opere non oggetto di istanza di sanatoria, mentre per le restanti «il ricorso va invece dichiarato in parte inammissibile ed in parte improcedibile». Il legale difensore del Comune è Paolo Gennari.

Consiglio di Stato in arrivo

Con ogni probabilità la storia non finirà qui. Lo si evince dalle parole dell’avvocato De Angelis: «Questa sentenza non tiene conto del fatto che alcune delle opere oggetto dell’ordinanza di demolizione erano in realtà state fatte dal Comune. Una circostanza che l’ente stesso non ha smentito e in considerazione di questo ci riserviamo di proporre appello al Consiglio di Stato».

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