Bianzino a Le Iene: «Vogliamo giustizia»

Dieci anni fa, Aldo Bianzino morì in carcere, a Perugia, dopo un fermo. Il figlio Rudra non crede alle verità ufficiali e presenta nuove prove: «È stato ucciso, non mi fermerò»

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A dieci anni dalla morte di Aldo Bianzino, il figlio Rudra chiede la riapertura delle indagini con nuove prove, affiancato da due avvocati e due medici. Ne ha parlato anche a Roma, con una conferenza stampa al Senato. E in quella occasione è stato intervistato da ‘Le Iene’.

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Aldo Bianzino

Il dramma Aldo Bianzino è morto nel carcere di Perugia nella notte del 14 ottobre del 2007. Era stato prelevato dalla sua casa, a Pietralunga, insieme alla compagna Roberta Radici, perché i poliziotti avevano trovato nei campi limitrofi delle piante di marijuana, che Aldo Bianzino aveva dichiarato essere per uso personale. Sul corpo non sono mai stati trovati segni di percosse, ma il cadavere è stato ritrovato solo con la maglietta indosso nella cella in cui stava da solo. Il pubblico ministero Giuseppe Petrazzini ha ottenuto l’archiviazione delle indagini per omicidio: secondo lui, Aldo sarebbe morto per un’emorragia cerebrale dovuta ad una «rottura aneurismatica». Ma la famiglia non ha mai creduto a questa versione. E chiede che vengano riaperte le indagini.

CASO BIANZINO LA PETIZIONE PER FAR RIAPRIRE LE INDAGINI

I dubbi «Innanzitutto – questa la versione di Rudra – l’aneurisma portato all’epoca come prova nel rapporto del consulente medico della procura non è un aneurisma, bensì la foto di un’area del cervello in cui è presente del sangue. Il cervello e il fegato, gli unici due organi che presentavano delle lesioni, sono stati conservati nella formalina. E allora basta andare a verificare i reperti per trovare l’aneurisma. Peccato però che una porzione di cervello non si trovi, guarda caso proprio quella dove ci sarebbe stato l’aneurisma». Non convincono nemmeno le lesioni al fegato: i consulenti della procura hanno detto che erano state provocate dal massaggio cardiaco fatto quando è stato trovato a terra, ma secondo le nuove prove trovate dai medici di Bianzino questa ricostruzione non regge: «Rarissimi i casi in cui il massaggio cardiaco provoca lesioni al fegato (intorno al 2% dei casi) e poi in questi casi le lesioni al fegato sono sempre associate alle lesioni alle costole, che in questo caso non ci sono», dicono i legali. Infine, le lesioni a cervello e fegato sarebbero avvenute contemporaneamente, mentre la ricostruzione che ha portato all’archiviazione parla di lesioni avvenute in un secondo momento, durante il tentativo di rianimazione.

Battaglia di civiltà Con le nuove prove, Rudra Bianzino ha depositato la richiesta di riapertura delle indagini alla procura di Perugia lo scorso 28 aprile. Il problema è che a decidere sarà lo stesso pubblico ministero che all’epoca chiese l’archiviazione. Possibile che un magistrato riconosca un errore? Le perizie dei medici di parte – Luigi Gaetti e Antonio Scalzo – però non possono di certo passare inosservate. Rudra ci crede: «Porto avanti questa battaglia non solo per la mia famiglia, ma anche per il Paese», ha detto a Le Iene.

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