Cacciata dal Comune, reintegrata dal giudice

La donna, impiegata all’anagrafe di Narni Scalo, era stata licenziata perché ritenuta responsabile di un ammanco di 2.600 euro

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di F.T.

Licenziata in tronco nel novembre del 2013 perché individuata dal Comune di Narni come la responsabile di un ammanco di 2.600 euro – ‘lievitati’ a circa 28 mila nel procedimento penale in corso – dalle casse dell’ente. La donna – 62enne impiegata presso l’ufficio anagrafe di Narni Scalo – ha impugnato quel provvedimento e il giudice del lavoro di Terni le ha dato ragione: è stata reintegrata e il Comune dovrà pagarle tutti gli stipendi e i contributi non corrisposti, interessi compresi.

La vicenda L’odissea dell’impiegata narnese, dipendente comunale dal 2004, ha inizio quando nel settembre del 2013 i suoi responsabili scoprono l’ammanco di denaro relativo ai diritti delle carte di identità rilasciate dall’ufficio di Narni Scalo. Gli accertamenti quantificano in circa 2.600 euro i soldi sottratti, fra gennaio e luglio dello stesso anno. E a quel punto, con la donna che – forse convinta che dipenda da un suo errore – decide di risarcire l’ente, parte anche il procedimento disciplinare che si conclude a novembre con il licenziamento senza preavviso e la denuncia alla procura per il reato di ‘peculato’. Denuncia che quantifica in circa 28 mila euro, a partire dal 2004, le somme che la dipendente ‘infedele’ avrebbe messo in tasca.

Battaglia Senza più il lavoro, l’impiegata – assistita dall’avvocato Valerio Provaroni del foro di Terni – impugna il licenziamento di fronte al tribunale, ritenendolo privo di qualsiasi fondamento. Dopo quasi tre anni e mezzo il giudice del lavoro – nella persona della dottoressa Manuela Olivieri – le ha dato ragione. Il Comune di Narni dovrà ora reintegrarla e versarle tutti gli stipendi e i contributi a partire dalla data del licenziamento.

Il motivo Secondo il giudice, «non c’è alcun riscontro dell’alterazione del registro dei diritti da parte della lavoratrice rispetto alle pratiche realmente evase, né quindi del versamento da parte della stessa di una somma minore nelle casse dell’ente. In assenza di riscontri probatori inequivocabili, non è possibile imputare alla ricorrente le ‘strisciate’ dei diritti depositati dal Comune di Narni». Ma, secondo il tribunale, il fatto sarebbe piuttosto da ricollegare ad alcune carenze: «L’aver adottato dopo la vicenda – si legge nella sentenza – una procedura rigorosa che consenta di verificare in modo assolutamente certo la corrispondenza degli incassi giornalieri effettuati al numero delle pratiche realmente evase, induce ancor di più a ritenere che le conseguenze della fallacità del sistema di controllo precedentemente adottato dall’amministrazione [… ] non debbano ricadere sulla dipendente».

Il legale Sulla 62enne pende ancora il giudizio del tribunale, con il gup che l’ha rinviata a giudizio per ‘peculato’ con prima udienza fissata per il 4 aprile di fronte al collegio penale. «Finalmente – afferma l’avvocato Provaroni – attraverso una sentenza estremamente dettagliata, è stata fatta piena chiarezza sulla vicenda che vede la signora priva di qualsiasi responsabilità rispetto all’accaduto. L’auspicio è che questa decisione, a cui potrebbe fare seguito un’ulteriore causa civile per i danni morali subiti dalla mia assistita, possa essere seguita da un’analoga lettura da parte dei giudici del tribunale penale di Terni. Probabilmente la lavoratrice ha finito per pagare il proprio ruolo subalterno rispetto alla scala gerarchica dell’ente».

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