Canoni case popolari: «Puniti i più poveri»

La riforma colpisce i più deboli, sindacati degli inquilini umbri pronti alla mobilitazione. Chiesto un incontro con melasecche

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La legge regionale 23/2003 di edilizia residenziale pubblica ha riformato il metodo di calcolo dei canoni di locazione. Una riforma che non piace ai sindacati degli inquilini delle case popolari, che protestano e minacciano una mobilitazione.

«Forte preoccupazione»

Le organizzazioni sindacali degli inquilini, , tornano ad esprimere forte preoccupazione per l’applicazione della nuova legge regionale 23/2003 di edilizia residenziale pubblica nella riforma del metodo di calcolo dei canoni di locazione: «Dopo ampio dibattito e mobilitazioni locali – spiegano in una nota i sindacati Sunia Cgil, Sicet Cisl e Uniat Uil – si era giunti alla convocazione di un tavolo regionale con la proprietà, con l’impegno di Ater Umbria di consegnare alle organizzazioni sindacali il dettaglio di tutti gli aumenti di canone previsti e l’elenco delle categorie (pensionati, monoreddito, etc.) che sarebbero state colpite. Era stata altresì disposta l’istituzione di un osservatorio per monitorare la situazione ma, a poche settimane dall’entrata in vigore della nuova legge (01.01.2020) niente è stato fatto».

Ater disattende gli impegni

I sindacati si dicono preoccupati anche «per l’atteggiamento di Ater Umbria che «disattende gli impegni assunti, confermando le nostre preoccupazioni sul fatto che gli aumenti andranno a colpire maggiormente i nuclei più deboli» e ricordano a tale proposito un passaggio della relazione di Ater Umbria sugli effetti della nuova normativa: «Si prevede – scriveva testualmente Ater nel documento consegnato anche alla Regione – che un canone attuale di 50 euro mensili debba passare, applicando la presente metodologia di calcolo, ad un importo di 80 euro mensili e parimenti un canone attuale di 150 euro mensili debba passare ad un importo pari ad euro 100 mensili». In pratica: aumenteranno i canoni delle persone più deboli, degli anziani, delle persone sole. Ma per Ater sembra che l’importante sia solo fare cassa: questo manovra, infatti, comporterà un surplus nel bilancio dell’azienda di circa il 25%.

La minaccia di mobilitazione

A fronte di questa situazione, i sindacati degli inquilini annunciano la ripresa delle mobilitazioni con assemblee di zona che vedranno coinvolti gli assegnatari. Nel contempo è stato richiesto un incontro urgente con il neo eletto assessore Enrico Melasecche Germini per riaprire un tavolo di concertazione.

La modifica del regolamento a maggio

Tre sono le fasce reddituali prese in considerazione, l’area di protezione sociale, l’area amministrata e quella di decadenza; quest’ultima comporta la decadenza dal diritto all’alloggio quando l’Isee familiare superi per due anni consecutivi il limite massimo fissato.

Nell’area di protezione sociale, due sono le fasce di reddito prese in considerazione. Con un Isee inferiore a 3.000 euro annui il canone di locazione viene fissato in 45 euro mensili per i nuclei composti da due o più persone e in 35 euro mensili per i nuclei unipersonali. Con un Isee compreso invece tra i 3.000 e i 6.000 euro annui, i canoni salgono per i soli nuclei unipersonali a 40 euro mensili.

Nell’area amministrata invece entrano nel calcolo anche altri fattori, tra cui una percentuale di quello che sarebbe il valore oggettivo del canone della locazione, ma prevedendo una modulazione molto morbida degli aumenti a seconda del fatto che gli inquilini si trovino nella fascia Isee tra i 6000 e i 12000 euro annui, tra i 12000 e i 20000, oppure tra i 20000 e i 30000 euro.

Il regolamento, spiegava una nota Palazzo Donini, accoglie le raccomandazioni espresse dalla terza Commissione consiliare e quelle partecipate in sede di audizione dai sindacati degli inquilini, dall’Ater regionale e dai dirigenti dello stesso assessorato, miranti soprattutto ad evitare che i canoni di locazione degli alloggi gravino in maniera eccessiva sulle famiglie assegnatarie composte da una sola persona.

I criteri utilizzati per giungere ad una rimodulazione dei canoni, mantenendo in equilibrio i conti dell’Ater, sono stati in particolare due. Il primo è quello di attivare una modalità di calcolo che consenta una graduazione del canone coerente con l’andamento della capacità economica degli assegnatari. Il secondo è costituito dalla decisione di evitare di applicare variazioni in incremento o in diminuzione del canone stesso particolarmente traumatiche. Pertanto si è deciso di fissare un tetto alla percentuale massima di variazione degli attuali canoni, determinata a partire dall’Isee familiare.

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