Capitale della cultura. Terni: cristalli e cocci

In città non mancano i filoni che meriterebbero di essere studiati, approfonditi, valorizzati. Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

C’è da dire che fa un effetto non male quello striscione che a Terni compare sulla facciata della bibliomediateca in piazza della Repubblica. C’è scritto “Terni capitale della cultura”. Poi, più in piccolo “Candidata 2017”. E’ il segno che Terni è disposta alla sfida, intesa come impegno e voglia di crescere. E’ forse poco se si considera che siamo all’affermazione di un proposito, Ma è tanto se si valuta che il proposito è espresso da una città che da qualche anno sembra inebetita, apatica, “moscia”. Incapace di un qualsiasi guizzo, timorosa di fare un passo o un movimento così come fa chi si trova in una cristalleria.

Il problema è che a Terni di cristalli in giro non se ne vedono. Tanti cocci, e poco altro. Eppure da qualche parte quei cristalli ci sono, serve che qualcuno li tiri su dalla cantina, li spolveri, magari anche rischiando di romperne qualcuno. Al 2017 manca un periodo di tempo sufficiente per avviare l’operazione. Stavolta c’è un po’ più tempo per fare le cose per benino, per andare oltre una sommatoria di iniziative che – forse a torto – danno la sensazione della causalità, dell’essere slegate l’una dall’altra, e in alcuni casi di non essere altro che una qualche “pensata” estemporanea.

Eppure non mancano i filoni che meriterebbero un impegno culturale vero. Aspetti originali o quantomeno singolari che meritano di essere studiati, approfonditi, valorizzati. Possibile che non si riesca a cogliere, ad esempio, quali spunti originali può fornire una città che è stata fondata tre volte? Una città nata Romana, passata attraverso i secoli fino ad essere stravolta e fagocitata da una presenza industriale che è stata così massiccia e repentina da produrre gli effetti di una seconda fondazione, con tutto quel che ha significato per la vita sociale, per la presenza ingombrante delle acciaierie e della loro potenza economica. Acciaierie che hanno prodotto uno dei rari esempi di fabbrica totale, al punto che c’è ancor oggi chi si confonde e si chiede se sia stata la fabbrica a dare il nome alla città.

Terni, fondata per la terza volta a causa delle distruzioni belliche. Terni che ha visto all’opera urbanisti ed architetti di grande levatura Ridolfi e Frankl, ma anche Lattes e Bazzani, De Carlo e Aymonino e ultimo in ordine di tempo Portoghesi.

Cultura non significa solo opere d’arte, monumenti, spettacoli, concerti e via cantando. Cultura è conoscenza, studio, sistemi interdisciplinari e pluridisciplinari che indaghino la città, la conoscano davvero e mettano a disposizione quanto “immagazzinato” per favorirne la crescita e lo sviluppo.

Se si vuole, da fare c’è. Ma prima va superata la paura di rompere qualche bicchiere, tanto quelli di coccio non sono un granché.

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