Centri e associazioni: «A bando le sedi»

Terni, due avvisi pubblici approvati dalla giunta comunale: durata annuale per le associazioni e triennale per i centri sociali

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«Una scelta fortemente innovativa e un’inversione di rotta già voluta dal commissario straordinario». L’assessore alle politiche sociali Marco Celestino Cecconi descrive così la delibera attraverso la quale la giunta ha approvato due diversi avvisi pubblici: centri sociali da un lato e, dall’altro, associazioni di carattere sociale, per selezionare i concessionari e gestori di sedi di proprietà di palazzo Spada. Nello specifico, gli immobili di proprietà comunale interessati dai bandi sono: due fabbricati in via Montefiorino; un fabbricato in via della Fontanella, via Gabelletta, strada Fontana della Mandorla, via Conti Menotti a Marmore, via Aleramo, via Mola di Bernardo, via del Tordo, via dell’Arringo; una porzione dell’immobile di via dell’Amore, via delle Terre Arnolfe, corso Tacito; un locale in via Carrara.

La trasparenza

«Certamente una scelta fortemente innovativa: nel senso che pone fine ad una prassi consolidata, anche in questo campo, di affidamenti diretti, prassi – evidenzia Cecconi – in generale, stigmatizzata in ogni sede dall’Autorità nazionale anti corruzione, anche quando viene praticata sotto le mentite spoglie di reiterate proroghe. Si tratta, peraltro, di un’inversione di rotta già voluta dal commissario straordinario che ha gestito questo ente nel primo semestre dello scorso anno, commissario straordinario che otto mesi fa motivò il proprio atto con la volontà, testuale, di ’attuare un percorso trasparente di affidamento’. E gioverà precisare, a tale riguardo, che nel fare nostra questa volontà, non c’è stato certamente un pedissequo adeguamento a scelte altrui, ma al contrario la piena condivisione di un obiettivo, qual è quello della massima trasparenza, che questa amministrazione ha posto sin dall’inizio a base della propria azione, senza se e senza ma, senza eccezioni, deroghe o scorciatoie».

Le differenze

L’assessore spiega poi che, «in coerenza con le evidenti differenze oggettive e soggettive tra i potenziali affidatari e le attività a cui le sedi in questione possono essere di conseguenza destinate, gli avvisi pubblici deliberati dalla giunta sono due, a seconda che si tratti di mettere a bando la sede di un’associazione sociale oppure quella di un centro sociale: un dato di fatto, questo, che di per sé neutralizza in toto una delle censure preventive che ci sono state mosse, secondo le quali avremmo fatto confluire il tutto in un unico calderone, in difformità dalla precedente delibera del giugno 2018 del commissario straordinario. Una delibera che invece, anche sotto questo profilo, abbiamo senz’altro fatto nostra.

Le tempistiche

Anche i tempi di affidamento saranno diversi «giacché è prevista una durata annuale per le associazioni e, invece, una durata triennale per i centri sociali, le cui attività richiedono senz’altro una programmazione più prolungata. Cade cosi anche un’altra obiezione preventiva che ci è stata mossa, ancora una volta a prescindere da qualunque dato di fatto. Sempre a proposito dei tempi, è opportuno precisare che non vi sarà alcuna interruzione delle attività, giacché gli attuali concessionari avevano a suo tempo sottoscritto con il commissario un accordo in base al quale è prevista una proroga ‘fino alla conclusione delle procedure di affidamento dei beni con avviso pubblico’».

Cooperazione sociale

In delibera, fra i potenziali ‘destinatari’ degli avvisi pubblici figurano in astratto, come possibili concorrenti, «accanto a ‘soggetti che operano nel campo del volontariato e dell’associazionismo’, anche soggetti che operano ‘nel campo della cooperazione sociale’, previsione, quest’ultima, che ha rappresentato per taluni motivo di scandalo e apprensione, più o meno esplicitamente dichiarati. È allora opportuno, a tale riguardo, ricordare che la composizione allargata di tale platea è esplicitamente prevista dal già richiamato regolamento comunale del 2013; che, in coerenza con il suddetto regolamento, tale previsione era già espressamente contenuta nella più volte ricordata delibera del commissario straordinario del giugno 2018; che le attività messe a bando sono comunque attività ‘non commerciali’ e, insomma, senza scopo di lucro; che, soprattutto, l’allargamento della platea dei potenziali concorrenti va letto in combinato disposto con un’articolata gamma di meccanismi premiali che invece vanno a favore di soggetti che comprovino una consolidata attività ed esperienza nel campo specifico di cui trattasi. Il pluralismo può mettere può risultare inviso solo a chi pretenda privilegi, insomma: e non certo a chi voglia tuttalpiù esercitare un diritto, disposto anche a misurarsi sulla base di quanto effettivamente abbia prodotto di buono nel tempo».

La misura del canone

L’assessore Cecconi aggiunge che «a fondamento della nostra scelta di procedere sulla strada dell’avviso pubblico per selezionare i concessionari e i gestori di beni che appartengono al patrimonio collettivo, c’è certamente, come abbiamo già detto, un obiettivo di legalità e trasparenza che rivendichiamo con orgoglio e con onore, ma c’è anche un obiettivo di economicità dell’utilizzo di questo patrimonio pubblico: obiettivo, quest’ultimo, declinato nella previsione di un canone. Non si può tuttavia fingere di ignorare, ancora una volta in ossequio al vigente regolamento comunale del 2013, come sia ampiamente prevista la possibilità di chiedere ed ottenere significative riduzioni, che possono corrispondere al 50, all’80 o addirittura al 100% dell’importo: possibilità che, da un lato, resta ancorata a precisi requisiti dei concessionari e che, dall’altro, questa amministrazione non avrà alcuna remora a percorrere, nel pieno riconoscimento dell’alta funzione sociale a cui tali beni sono destinati. Per questo come per altri aspetti si tratterà dunque di definire in concreto i termini della partnership che si andrà a stabilire tra il Comune ed il concessionario, adottando uno dei tre strumenti espressamente previsti dall’Ente: ‘Accordo di programma’, ‘Protocollo attuativo’, ‘Patto di sussidiarietà’, che si andranno a siglare, caso per caso, a conclusione delle procedure di affidamento».

Il ‘Caso Valenza’

Il ‘Centro di comunità Valenza’, ubicato nell’immobile comunale di via Ippocrate, «rappresenta di per sé un’eccezione, sulla base di condizioni che erano state predeterminate ben prima dell’insediamento dell’attuale amministrazione e, anzi, ben prima anche dell’insediamento del commissario straordinario. L’eccezionalità, per così dire, del ‘Caso Valenza’ è radicata nell’affidamento della gestione del Centro all’Aps Centro sociale Valenza in forza di una delibera che la precedente giunta comunale aveva adottato nel luglio del 2017, con scadenza al 2020. Ed ecco allora perché, innanzitutto, il Centro in questione non rientra tra quelli per i quali sono stati emanati in questi giorni gli avvisi pubblici e potrà ‘andare a bando’ solo a partire dal 2020. Nell’ambito di una trattativa una porzione dell’immobile di via Ippocrate è stata peraltro ‘scorporata’ da parte nostra dai beni complessivamente affidati in gestione e, tornata nella piena disponibilità del Comune, tale porzione rientra infatti tra i beni che oggi abbiamo messo a bando».

Il ‘piano di rientro’

Si colloca poi in questo quadro, ricorda Cecconi, «la vicenda parallela del canone di locazione stabilito dalla precedente amministrazione per il Centro: canone che corrispondeva a 3.880 euro al mese, che in seguito era stato ridotto dell’80% a 776 euro al mese. È stata poi l’attuale amministrazione, a fronte di una significativa integrazione della programmazione, ad accordare una successiva ulteriore riduzione del 100%, in piena conformità con quanto previsto dal Regolamento del 2013. Sta di fatto che, per il pregresso, I’Aps Centro sociale Valenza – mentre nel frattempo il Comune ha anche acquisito la piena proprietà degli arredi acquistati per 33 mila euro dall’associazione in occasione del trasferimento nella nuova sede di via Ippocrate – aveva accumulato morosità nei confronti del Comune, per canoni non corrisposti. In presenza di tale circostanza, la nostra amministrazione ha definito con l’associazione un ‘piano di rientro’ articolato in 30 ratei, senz’altro ricompresi entro il termine di scadenza al 2020 dell’affidamento vigente e che dunque non confligge in alcun modo con la prospettiva di una gara pubblica l’anno prossimo».

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