Cna ai Comuni umbri: «L’unione fa la forza»

La fusione fra più comuni potrebbe garantire incentivi e risparmi sia per gli enti che per i cittadini: lo conferma un dettagliato studio presentato da Cna Umbria

Condividi questo articolo su

di P.C.

Maggiori trasferimenti, meno spese, risparmi per gli enti e per i cittadini, che subirebbero una minore pressione fiscale. Tanti i benefici che – secondo lo studio presentato nella sede perugina della Cna – arriverebbero dalla fusione dei comuni medi e piccoli dell’Umbria.

LEGGI LO STUDIO DELLA CNA – DOCUMENTI

La presentazione dello studio

In medio stat virtus Piccolo forse fa rima con bello, soprattutto in Umbria, ma non certo con efficiente. E i nuovi obblighi di legge, che impongono ai piccoli comuni, a partire dal prossimo anno, la gestione associata di tutte le funzioni fondamentali, impongono una riflessione. Il dato più sorprendente presentato da Alberto Cestari, del centro studi ‘Sintesi’, cui Cna Umbria ha commissionato il lavoro, è la curva a ‘U’ che caratterizza le spese se in un diagramma cartesiano si posizionano i comuni in grandezza crescente: spese alte per i centri molto piccoli e molto grandi, via via minori se i comuni si avvicinano alla dimensione che lo studio ritiene ottimale: fra i 5 e i 10 mila abitanti. La grandezza media, non inferiore ai 3 mila e non superiore ai 20 mila, garantisce spese minori.

La curva a ‘U’

Via 62 micro comuni Ma lo studio va oltre, individuando 24 possibili fusioni tra 86 comuni umbri, che passerebbero così permetterebbero di passare dagli attuali 92 a soli 30 municipi. Le ipotesi sono state fatte tenendo conto di una serie di criteri: i processi di fusione già in corso, la continuità territoriale, la morfologia del territorio, l’articolazione dei distretti sanitari e dei sistemi locali di lavoro. Esclusi ovviamente quelli più grandi (Perugia, Terni, Gubbio, Castiglione del Lago e Spoleto) e altri ‘non accorpabili’ a nessun altro. Fusioni quindi, non unioni: in questo modo anziché creare altri enti sovracomunali, si sostituirebbe agli esistenti un solo ente, con un solo sindaco, un solo consiglio comunale e via dicendo.

Alberto Cestari

Non solo risparmi Per i comuni che decidono di accorparsi è previsto un contributo straordinario da parte dello Stato pari al 50% dei trasferimenti erariali del 2010 per un periodo di 10 anni. Inoltre, la legge regionale prevede finanziamenti per spese d’esercizio, supporto tecnico-formativo e premialità nei bandi. Ci sono poi minori vincoli per l’assunzione di personale a tempo indeterminato, esclusione per tre anni dall’applicazione delle regole in materia di acquisizione lavori, beni e servizi. E, infine, argomento che solletica sempre la fantasia dei cittadini: meno poltrone, quindi meno politici da pagare. Fra contributi diretti, agevolazioni e risparmi di esercizio, la convenienza è palese: per i dieci anni successivi alla fusione, la ricchezza aumenterebbe in media di ben 82 euro pro-capite all’anno (da 1,5 a 2 milioni per dieci anni), risorse che potrebbero consentire di abbattere la pressione fiscale (è stato calcolato un taglio medio del 12%) o incrementare gli investimenti pubblici (del 26%).

Roberto Giannangeli

Vantaggi anche per l’economia «Il risultato che viene fuori dalla ricerca è davvero impressionante – afferma Roberto Giannangeli direttore di Cna Umbria – la riduzione delle tasse e l’incremento degli investimenti pubblici sono due degli strumenti di crescita della ricchezza di un territorio, caldeggiati anche dagli imprenditori. La fusione tra Comuni deve essere vista anche in questa prospettiva, cercando di superare il campanilismo identitario, la divisione tra le forze politiche e l’avversione di coloro che occupano posizioni organizzative negli enti locali. Alla lunga, la fusione tra piccoli comuni sarà un processo inevitabile, tanto vale farlo ora che ci sono gli incentivi».

Marcello Bioli e Andrea Pensi

Avanti col lavoro A Giano dell’Umbria e Gualdo Cattaneo si sono già portati avanti col lavoro, gestendo già da oltre un decennio alcuni servizi fondamentali, e studiano da tempo una possibile fusione. Ecco perché i primi cittadini dei due comuni – Marcello Bioli e Andrea Pensi – erano presenti alla conferenza stampa. Per i piccoli centri uno degli ostacoli potrebbe essere tenere sotto controllo le periferie e mettere da parte il campanilismo. I due sindaci sono certi di riuscire a superare le diffidenze dei cittadini. «La prospettiva è quella di dare servizi migliori e a trarne giovamento saranno innanzitutto gli spazi che oggi rimangono ai margini, come le periferie», dice Pensi. «I punti che ci uniscono – aggiunge il collega Bioli – sono maggiori a quelli che ci dividono e la gestione comune dei servizi ha già abituato i cittadini a pensare in ottica sovracomunale, poi sono convinto che quando non ci sono soldi per tappare le buche o per curare il verde bisogna trovare una soluzione e questa è un’ottima soluzione».

Il sindaco di Todi

Folklore comunale non sia limite «Dobbiamo uscire dalla logica del folklore – aggiunge in proposito Giannangeli – e pensare in termini di servizi, soprattutto in una fase come questa, in cui si parla di macroregione: che ruolo può recitare, mi chiedo, un comune di 2-3 mila abitanti in una enorme macroregione come quella che sta nascendo?». Stesso discorso dal sindaco di Todi, Carlo Rossini, che proprio a proposito del folklore aggiunge: «Nel mio comune ci sono 37 frazioni in cui ognuna tiene tantissimo alla propria identità – spiega – certo dobbiamo capire come fare a fare queste fusioni nel modo migliore. Le riforme improvvisate lasciano più problemi di quanti ne risolvano, basti pensare a quello che è successo con le province».

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli