Comune di Terni, attenti a Robespierre

Sui debiti fuori bilancio c’è il ‘via libera’ del Ministero e chi oggi chiede la ghigliottina si ricordi come poi andò a finire l’altra volta – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Come si fa un debito fuori bilancio? Perché si fa? A che e a chi serve?

Il debito fuori bilancio risponde all’emergenza. Per far fronte a un grave imprevisto (un crollo, un corto circuito, un blocco dei servizi essenziali) è il modo di snellire i tempi burocratici. Un provvedimento del tutto eccezionale, quindi, ragion per cui il ricorso al debito fuori bilancio dovrebbe essere limitato, giustificato, essenziale. Il fatto è, però, che in alcuni casi le amministrazioni pubbliche lo usano per scavalcare l’assenza nel preventivo di troppe “tipologie di spesa”. Ovvio che così il debito fuori bilancio sale, fino a raggiungere soglie in qualche caso pericolose. E’ un malcostume che ricorre spesso prima di una elezione o subito dopo. Insomma, se capita di dover dare una mano. L’unica sicurezza è in ogni caso che solo uno squilibrato utilizzerebbe il debito di bilancio per compiere ruberie che risulterebbero addirittura certificate.

Nessuna amministrazione è esente da spese “urgenti”, ma è difficile stabilire il confine tra l’emergenza o l’occasione vantaggiosa e la sciatteria amministrativa. Il Comune di Terni si trova con quasi 15 milioni di debiti fuori bilancio: 14 milioni 900 mila euro, per la precisione. Non quei 70 milioni sbandierati da chi ciurla nel manico. 15 milioni, in ogni caso, non sono pochi, anche se la metà è addebitabile a contenziosi o finanziamenti non completamente onorati. Una somma da togliere il sonno, specie se i trasferimenti dallo Stato, che una volta servivano da coperta “miracolosa”, non ci sono più.

Se un’impresa ha le casse vuote e non paga, fallisce. Per un ente locale si usa il termine “default”, ma la faccenda è la stessa.

In caso di default un Comune, fatti fuori gli organi elettivi, verrebbe consegnato ad un commissario prefettizio al quale sarà assegnato l’unico compito di pareggiare entrate ed uscite. Il che significa; tariffe e tasse ai massimi livelli; blocco degli investimenti; finanziamento solo delle attività strettamente previste dalla legge; blocco delle assunzioni; cancellazione del salario accessorio per i dipendenti. In poche parole: paralisi e decadimento.

Il Governo Monti introdusse una norma che consentiva agli enti locali il salvataggio in corner se in possesso di alcuni requisiti: il predissesto. Per rispettare il gergo un “predefault”, che in italiano ouò tradursi anche in “boccata d’ossigeno”. Col predissesto si possono evitare paralisi e decadimento, obbligandosi ad un’amministrazione oculata e che, seppur rigida, non pesi in modo troppo pesante sui cittadini. E rinunciando ad una parte di sovranità, visto che gli atti dovranno essere valutati da una commissione ministeriale, la stessa che valuta se esistono o no le condizioni di ripresa.

Veniamo al caso Terni: la commissione ministeriale ha detto sì, Terni ce la può fare. Anche perché disposta a portare al Monte di Pietà alcuni gioielli di famiglia (leggi: azienda farmaceutica). È negativa tale decisione? Le valutazioni possono essere le più diverse, ma almeno che vengano prese o urlate sapendo di che si parla. Poi è legittimo che qualcuno chieda la ghigliottina. Ma magari lo faccia rivolgendo un pensierino a Robespierre.

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