Comune di Terni, ipoteca sul riequilibrio

Fino al 2021 – e quindi si impegna anche la prossima amministrazione – giunta e consiglio comunale non potranno costare più quanto stabilito per quest’anno

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di M.T.

Per rimettere in sesto il malconcio bilancio, com’è noto, la giunta comunale di Terni, a ottobre del 2016, ha predisposto un ‘Piano di riequilibrio finanziario pluriennale‘ – che ha provocato e provoca, anche per le implicazioni legate ai rapporti tra lo stesso Comune e le partecipate, per esempio, più di un commento negativo tra le opposizioni in consiglio.

IL PIANO DI RIEQULIBRIO IN SINTESI

Costi della politica Ma a sorpresa, spulciando tra le pagine del ‘Piano’, vengono fuori cose che potrebbero non far piacere nemmeno a chi lo ha approvato. Perché nel ‘Piano’ stesso viene ricordato che «in coerenza con la generalizzata riduzione delle spese, il sindaco ha disposto la riduzione del numero degli assessori da dieci a sei, compreso il sindaco» e che questo «rappresenta per l’amministrazione un atto concreto sul fronte del taglio dei costi della politica». Visto poi che «le indennità degli assessori erano già state ridotte di un ulteriore 10% rispetto al taglio imposto dal legislatore; mentre il sindaco ha rinunciato alla quasi totalità della sua indennità». 

I compensi A fare il punto sulle ‘retribuzioni’ della giunta era stato il sindaco, quando, nel pieno di una polemica relativa al tema, aveva dichiarato che «la busta paga del vicesindaco è di 2.486 euro nette, 4099,64 lorde, a Livorno avrebbe almeno mille euro in più, considerando che quell’amministratore ha anche deciso di non ridursi l’indennità. Gli assessori del Comune di Terni hanno retribuzioni differenziate, nel senso che ho dato loro autonomia nel determinarsi, sempre stando nei limiti di legge, l’indennità tenendo conto della situazione professionale, reddituale e familiare. Tutti gli assessori del Comune di Terni hanno comunque subito le riduzioni normative degli emolumenti, pari al 10%. Tre di essi hanno uno stipendio lordo di 3.279 euro che al netto fanno 2.286, se poi consideriamo il versamento al partito si scende sotto i 2 mila euro. Altri tre assessori – i liberi professionisti – hanno una indennità lorda di 2 mila 951 euro che si attesta a 2.100 euro netti. Un assessore percepisce mille euro a fronte di una indennità lorda di 1.639 euro».

I costi previsti

Il futuro Tutto vero e tutto giusto, fino a qui. Ma c’è una riga – nel ‘Piano di riequilibrio finanziario pluriennale’ che somiglia tanto ad un’ipoteca sul futuro e che potrebbe, questa sì, non piacere a tutti: «Non si prevede – dice infatti il documento predisposto dalla giunta e votato dal consiglio comunale – di aumentare tali spese per tutta la durata del piano». E cioè fino al 2021 compreso.

I conti Tanto è vero che, nella tabella allegata (quella che pubblichiamo qui a destra) dagli oltre 721 mila euro che si sono spesi nel 2016 per giunta e consiglio, c’è scritto che per gli anni che vanno dal 2017 al 2021 si intende scendere a poco più di 589 mila euro, con un risparmio di 14o mila. E la somma preventivata – compresi i 184 mila euro di indennità totali per la la giunta e i 66 mila euro per le spese – rimane fissa, proprio come detto. 

L’ipoteca Insomma, stando a quanto scritto nei documenti inviati alla Corte dei conti, chi nel 2019 si dovesse candidare a prendere il posto di Di Girolamo dovrebbe mettere in preventivo di fare il sindaco quasi gratis e quelli che dovessero appoggiare il candidato pensando poi di ricevere una delega assessorile, dovrebbero dal canto loro prevedere un ‘reddito’ già previsto, fisso e immutabile per almeno due anni e mezzo. 

Vittorio Piacenti D’Ubaldi

La versione dell’assessore Vittorio Piacenti D’Ubaldi, l’assessore al bilancio che ha predisposto il ‘Piano’, però, da una versione che si presta a più di un’interpretazione: «Quello contenuto nei documenti – dice – è un indirizzo generale che, una volta approvato il ‘Piano’ potrebbe subire delle variazioni». Prego? «Nel senso che noi saremo vincolati al mantenimento del rapporto finale tra entrate e uscite, ma potremo operare delle modifiche delle voci interne». E spiega: «Supponiamo di non riuscire ad alienare un immobile, in quel caso potremo metterne in vendita un altro, a patto di incassare una somma non inferiore a quella prevista e così per altre voci. Se dovessimo avere necessità di incrementare delle spese, potremo compensare riducendone delle altre». Il problema, se la versione di Piacenti D’Ubaldi è – e non ci sono motivi per non credergli – quella giusta, diventa un altro: dove si andrà a tagliare, nel caso in cui le ‘spese della politica’ dovessero aumentare di nuovo?  

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