Criminalità in Umbria: «Giovani antidoto»

Perugia, il magistrato Giuseppe Ayala ha raccontato agli studenti l’esperienza del pool antimafia. «La mafia non uccide più, si trova porte aperte davanti»

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La mafia non è solo al Sud, parola di Giuseppe Ayala, magistrato e vicepresidente della Fondazione Falcone a Perugia martedì, su invito della presidente dell’assemblea legislativa Donatella Porzi che ha accolto il magistrato assieme a Giacomo Leonelli, presidente della commissione regionale d’inchiesta sulla criminalità organizzata e al consigliere di FdI Marco Squarta.

L’incontro all’assemblea legislativa

L’incontro Un’iniziativa sulla legalità, quella organizzata martedì nella sede dell’assemblea legislativa dell’Umbria a palazzo Cesaroni, dove il magistrato Giuseppe Ayala ha raccontato a tantissimi studenti delle scuole superiori del capoluogo l’esperienza del pool antimafia, assieme al procuratore generale della corte d’appello di Perugia Fausto Cardella. Dalla vicenda Falcone e Borsellino fino a oggi, dove, in Umbria, la presenza della commissione antimafia è un fatto significativo, ha detto Ayala, perché vuol dire che c’è la consapevolezza che il problema non è più relegato alle regioni del sud Italia.

Cardella Una commissione di cui oggi, ha detto ancora Ayala, Falcone sarebbe contento. «La libertà si difende parlandone, convincendo le persone che è bello e utile rispettarsi» ha aggiunto il procuratore Cardella. «Queste iniziative sono in questo segno – ha detto – devo dare atto alla presidente Porzi che è una che mantiene le promesse, si è molto adoperata per questo tipi di eventi. All’epoca la mafia c’era, ma non sapevamo dove cercarla. Il contesto cambiò con Chinnici e Buscetta, quest’ultimo il primo pentito che venne creduto e fu sentito con il metodo Falcone. Il ‘Maxi processo’ ha certificato che la mafia c’era. Questa è una cosa lo Stato ha ottenuto, anche grazie a Giuseppe Ayala».

Squarta, Ayala, Porzi e Leonelli

Le infiltrazioni «Noi allora avemmo l’intuizione che i fenomeni mafiosi fossero destinati a non rimanere relegati alle regioni di nascita – ha raccontato Ayala parlando delle infiltrazioni mafiose in Umbria e nelle altre regioni italiane – fare il mafioso non è una scelta di tipo ‘ideale’, il mafioso sceglie di entrare nell’associazione solo per fare soldi e per gestire potere. Noi ci rendemmo conto della dimensione economica della mafia – ha spiegato, facendo riferimento al pool antimafia guidato da Giovanni Falcone – una volta che fa soldi, non se li mette sotto il mattone ma li deve riciclare. E se il denaro deve essere investito, tra le asfittiche economie del sud Italia e le ricche del Nord Italia, dove è più conveniente investire? Non c’è regione che in una qualche misura non sia condizionata da una qualche presenza mafiosa».

Gli studenti presenti

Denaro sporco Ayala ha poi illustrato il meccanismo tramite il quale le associazioni mafiose entrano nell’economia legale, per riciclare denaro sporco: «La mafia si è potuta infiltrare in molte regioni non con il tritolo ma semplicemente bussando ad alcune porte, che sono state aperte. Penso agli imprenditori in crisi che pur di non fallire accettano soldi dai mafiosi». Il magistrato, che ha ricordato il maxiprocesso e l’enorme lavoro portato avanti dagli anni dal pool, nel corso dell’incontro si è appellato ai giovani perché possano essere l’antidoto all’avanzare della criminalità. «La salute di una società la fanno i cittadini – ha affermato rispondendo ad alcune domande – quanto più è alto il rispetto delle regole, tanto più per le mafie sarà difficile infiltrarsi». La mafia – ha concluso – «non è morta, ma non gode di ottima salute, è in una situazione di difficoltà. Ora è tornata alla vecchia clandestinizzazione, non uccide da 25 anni e lo fa per non accendere i riflettori. Questo è un elemento di maggiore difficoltà per chi oggi la deve contrastare».

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