Economia: recessione spettro anche in Italia

Il contesto economico mondiale lancia da tempo segnali negativi. Eurozona a rischio e nel nostro paese si attendono gli effetti della manovra

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Il 2019 non è iniziato bene per l’economia globale. Le criticità già presenti nel 2018 sono ancora tutte sul tavolo: guerra dei dazi, Brexit, la politica monetaria della Banca centrale europea ormai in un vicolo cieco, la difficoltà dei paesi emergenti. Ma la nota di maggiore preoccupazione riguarda la frenata generalizzata della crescita, con la recessione dell’Eurozona ormai quasi certa, dopo i continui segnali di indebolimento provenienti dalla Cina e tutte le conseguenze che tale situazione comporta per le economie dell’occidente. La Germania, e in particolare la sua industria automobilistica che paga la battaglia dei dazi, è già in difficoltà: dopo la flessione subita nel terzo trimestre del 2018 (-0,2%), il Pil potrebbe affrontare un’ulteriore contrazione nel quarto, portando così Berlino direttamente in recessione tecnica. L’Italia, dopo l’ultimo dato negativo sulla produzione industriale, rischia di seguirla nello stesso destino. La brusca frenata di novembre dell’industria Italiana, -2,6% rispetto ad un anno prima, è la peggiore degli ultimi quattro anni.

Scioperi, anche a Terni

All’interno di questo panorama così poco incoraggiante, non è un caso che le organizzazioni sindacali manifestino la propria preoccupazione per i posti di lavoro e per il futuro dell’industria italiana. Ne è un esempio Terni, dove le sigle dei metalmeccanici hanno organizzato uno sciopero di qualche ora presso le acciaierie. La protesta è contro il piano industriale proposto dal management, secondo i sindacati «non accettabile perché è, al di là delle belle parole, è un piano di riduzione ed indebolimento, sul fronte di volumi, forza lavoro, investimenti». Nel mirino la contrazione occupazionale di circa ottanta unità e una produzione sotto il milione di tonnellate.

Dati preoccupanti

Ma a pesare sulle decisioni dei vertici aziendali in questa fase economica attraversata dal paese, sono principalmente le condizioni in cui versa il mercato, vero arbitro dell’industria. Non solo a Terni. Solo per fare un esempio, è di pochi giorni fa il racconto su Il Sole 24 Ore dell’amministratore delegato di Brovedani, gruppo friulano della componentistica, e di quanto la sua azienda abbia subito le conseguenze della crisi dell’auto tedesca A pesare sull’indice italiano, è infatti prima di tutto il forte calo della produzione nel comparto auto che, dopo il -14% di ottobre, ha lasciato sul terreno un altro 19,4% (-8,6% su ottobre), aggravando la situazione di questo settore che nei primi undici mesi dell’anno perde il 5,1%. Ma la flessione ha interessato tutti i settori: i beni di consumo (-0,9% e -1,5% per i durevoli), i beni strumentali (-1,7%) e quelli intermedi (-2,4%), segnale che a novembre la frenata ha riguardato sia i consumi delle famiglie che gli investimenti delle imprese.

Criticità ‘esterne’ e italiane

Esistono altre due criticità infine da porre sotto i riflettori. La prima riguarda la Brexit: un’uscita di Londra dall’Unione europea senza accordo rischia di causare gravi conseguenze sull’industria dell’auto, sul settore bancario e su quello della difesa. Lo scenario peggiore figura una recessione seguita da un aumento dell’inflazione e della disoccupazione. La seconda criticità riguarda direttamente l’Italia. Dopo aver finalmente approvato la legge di bilancio, resta ora da vedere se la manovra avrà gli effetti espansivi sostenuti dal governo o se invece finirà per deprimere l’economia. D’altra parte, che la situazione sia seria lo ha ribadito anche l’Istat segnalando nella sua nota mensile che «l’attuale fase di debolezza del ciclo economico italiano è destinata a proseguire». E anche se il vicepremier Luigi Di Maio prefigura un ‘nuovo boom economico’, la realtà è un’altra: la produzione industriale cala, la sfiducia tra gli investitori è concreta e le fabbriche rischiano di chiudere.

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