«Spostare acciaierie a Nera Montoro»

Terni: proposta-provocazione del capogruppo del M5s in Regione, Andrea Liberati. «Basta monocultura e problemi ambientali. Farlo entro il 2030»

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di Andrea Liberati
Capogruppo del M5s in consiglio regionale

Andrea Liberati

La premessa: senza il pungolo del M5s, nessun bando per il recupero delle scorie sarebbe mai stato promulgato dalla Thyssen e, tanto meno, vinto da alcuno. Tuttavia oggi c’è poco o nulla da festeggiare: anzitutto la tempistica con cui la multinazionale tedesca interviene, cioè con anni di ritardo sul piano 2014, nonché nell’imminenza della vendita del loro sito umbro, e dunque con la solita pianificazione propagandistica.

Inoltre, nessun concreto avvio ai relativi lavori, ma un generico impegno pro futuro come la stessa Thyssen afferma alla fine del proprio comunicato. Un testo che, letto in filigrana, fa ben capire come la gestione odierna non sia affatto di ‘eccellenza’. Perché?

Bene sapere che Terni – la politica, s’intende – ha lasciato seppellire dentro le sue viscere almeno 10 milioni di tonnellate di scorie siderurgiche solo negli ultimi 30 anni. Bastano? Poi ci sono le emissioni vere e proprie, quelle che hanno reso la città tra le più inquinate non d’Italia, ma d’Europa, per cromo e nichel, salvo altro. Restano tutte qui le conseguenze, catastrofiche, di un modo di fare, tutt’altro che teutonico, nel concorso collusivo di politici, sindacalisti e autorità varie.

È venuto il momento di lavare quest’onta corruttiva ultradecennale, alzando vertiginosamente l’asticella. È necessario lavorare affinché, nel corso dei prossimi dieci anni, si possano intanto delocalizzare le acciaierie a Nera Montoro, cioè a dieci minuti di treno da Terni. L’area ex Enichem e quelle contigue sarebbero il posto giusto per condurre queste attività, essendo un’area ben più aperta della ‘conca’ e scarsamente antropizzata, mentre tra Terni, Narni e dintorni vivono almeno 150 mila persone.

In attesa che venga definita la partita proprietaria di Ast – fatto che appare prossimo e che monitoreremo con attenzione – è necessario programmare cosa sarà Terni nel 2030. La localizzazione attuale delle acciaierie non ha più alcun senso logico e i danni ambientali e sanitari, uniti alla povertà culturale di una larga élite-tappetino delle multinazionali, oltre a chiudere l’orizzonte collettivo, contribuiscono pure alla distruzione senza fine del valore immobiliare della città, uno tra i più bassi d’Italia, poco sopra i numeri dei capoluoghi della Calabria.

È molto difficile, quasi impossibile, una dignitosa coesistenza dell’industria pesante dentro le condizioni microclimatiche determinate dall’orografia della conca ternano-narnese. Una difficoltà accresciuta dalla scientifica determinazione dei tedeschi a non investire seriamente al riguardo, ammorbando pesantemente acque, aria, suoli, come indicano ISS, ISPRA, ARPA etc.

Quanto al domani e al dopodomani, non ci si venga a raccontare di favolosi investimenti in campo ambientale, se non in termini chiari e perentori, condizione risolutiva di qualsiasi ragionevole e responsabile alienazione.

Pur con almeno 40 anni di ritardo, è finalmente venuto il tempo di riappropriarsi e riscoprire la città storica, liberandone la memoria e la forza, superando la monocultura industriale fordista ancor prima che lo faccia la deindustrializzazione stessa, affrancandoci da un giogo opprimente guidato da non pochi parassiti politici e sindacalisti, andando oltre vieti recinti ideologici e affaristici che tuttora ostacolano concrete alternative a questo grigiore.

Ma dove crede davvero di andare una città senza università, senza teatri, senza un ospedale decente, deprivata pure di centri di potere, ma anche di ‘semplici’ piazze, parchi e di stimolanti luoghi di aggregazione? Ma dove crede di andare una città che replica sempre lo stesso modello, fino all’autodistruzione? Ma dove va una città abbandonata a se stessa – e per decenni – dalla Regione Umbria, ente totalmente autoreferenziale grazie a tantissimi politici ternani che hanno preferito la carriera al parlar chiaro? È ora di cambiare, dando almeno spazio a un’economia attrattiva e multipolare, viva e frizzante.

Tantissimi nostri concittadini, laureati e diplomati, non hanno ritenuto giusto attendere oltre: sono scappati via da tempo. Altri stanno scappando, impoverendo irrimediabilmente la comunità. Migliaia e migliaia sono poi i giovani e i meno giovani ternani iscritti all’AIRE, in fuga all’estero. E non tornano certo indietro, almeno fin quando resterà impossibile costruire alcunché di concreto e sostenibile in questa terra malata, molto più malandata di gran parte del resto d’Italia

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