FarmaciaTerni, Ricci: «Azienda salvata»

Ecco la rimodulazione del contratto e il piano industriale: «Anno di ‘difesa’, poi si torna all’utile». Personale, idea esodo incentivato: «Ottimizzazione Fte». Arriva paniere sociale

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di S.F.

«La rimodulazione del contratto di servizio è il primo passo verso il risanamento. In un anno, il 2019, di transizione e di ‘difesa’ per noi. Poi si potrà tornare all’utile e in tal senso chiedo unità a tutti, così come è avvenuto a Perugia per l’Afas. L’azienda a livello finanziario è sostanzialmente salvata». Solo alcuni dei passaggi più rilevanti di Federico Ricci, amministratore unico di FarmaciaTerni, lanciati in occasione della III° commissione consiliare fiume di martedì mattina a palazzo Spada: ad ascoltarlo anche il sindaco Leonardo Latini, il dirigente della società partecipata Nicola Nulli Pero e il presidente del collegio dei revisori dei conti Mauro Scarpellini. Focus sul piano industriale in arrivo, le difficoltà affrontate da febbraio in avanti, le idee per il rilancio e ottimizzazione personale: «Giù gli Fte, politica per esodo incentivato». Il tutto a un giorno – il consigliere Pd Valdimiro Orsini ha sollevato la questione legata alla necessità di un parere tecnico sulla delibera da parte del collegio di palazzo Spada – dalla discussione in consiglio comunale.

IL NUOVO CONTRATTO DI SERVIZIO CON FARMACIATERNI: CIFRA RESTA INVARIATA, FATTURATO DA -7 A +1%

Valdimiro Orsini e Leonardo Latini pre commissione

La significativa sofferenza e il parere richiesto da Orsini

Sul tavolo la proposta della giunta di modifica del contratto di servizio – fu firmato nel 2016 – e, in particolar modo, la novità del canone annuo che FarmaciaTerni (da notare che qualcuno continua a sbagliare il nome della società) deve corrispondere al Comune. Una richiesta che già era stata avanzata dall’ex amministratore unico Fausto Sciamanna in quanto lo stato finanziario dell’azienda non consentiva il pagamento: «Una situazione – ha esordito Latini – delicata già segnalata in passato e che, rispetto a ciò che ci era stato detto al 30 novembre, ha fatto emergere un qualcosa di diverso. Ora abbiamo contezza effettiva: non c’è nessun utile nel 2018 e, anzi, si registra una perdita. Se non rimoduliamo il contratto si rischia la procedura di liquidazione: in sostanza andiamo a rinunciare ad un’entrata per non distruggere un patrimonio importante della città. Prima di tutto c’è l’interesse pubblico, non dobbiamo disperdere il capitale aziendale. Ho ricevuto la nota di Ricci il 13 maggio – il sindaco tira in ballo la Madonna di Fatima, in stile salviniano – e quindi ci siamo mossi». Orsini entra subito in azione: «Non vedo il parere dei revisori dei conti del Comune, credo ci debba essere perché in caso di approvazione va ad incidere sul bilancio – non quello stabilmente riequilibrato, ma il successivo – del Comune». La dirigente delle attività finanziarie scuote la testa, parla un attimo con il sindaco e replica subito: «No, non c’è bisogno. Nel 2016 il contratto fu approvato unitamente alla trasformazione da azienda speciale in srl: in quella delibera c’era il parere, ma limitato alla trasformazione». Non finirà qui: «No, non è come dice lei», la replica del consigliere del Pd. Nel frattempo scatta il conciliabolo a tre – con ogni probabilità sulla questione sollevata da Orsini – tra il presidente di commissione Leonardo Bordoni, il capogruppo Lega Cristiano Ceccotti e lo stesso Latini, più un paio di telefonate.

LA RELAZIONE TECNICA PER LA MODIFICA: NON SONO TORNATI I CONTI TRA NOVEMBRE E MAGGIO

Latini durante l’intervento iniziale

La due diligence, la cedola e il rapporto muscolare con Latini

La lunga spiegazione di Ricci è tipica da manager qual è, molto tecnica. Lo sa e quindi cerca di non appesantire troppo il contesto, facendo degli esempi con l’obiettivo di far capire in che tipo di situazione sia: «Abbiamo fatto un lavoro titanico in appena tre-quattro mesi per terminare la due diligence e quindi ho proceduto con la lettera di segnalazione di difficoltà, come fece anche l’ex amministratore unico. Il canone che FarmaciaTerni deve pagare è una cedola che si è in grado di corrispondere se l’azienda è in salute. La rimodulazione è un primo sostegno al rilancio operativo ed è fondamentale per il piano industriale che a breve presenterò: ci tengo a sottolineare che l’azienda non stralcia nulla, l’importo resta di 3,4 milioni di euro, e che il Comune in questo caso è un’azionista e non un’obbligazionista. La cosa cambia. Il valore di 10 milioni di FarmaciaTerni? Lo confermo e non solo per la perizia che fu fatta, l’azienda è un pezzo fondamentale del sistema di welfare e ha un indotto importante nel sistema di acquisti di Terni, acquista più di 8 milioni di beni e servizi sul mercato cittadino». Ricci parla di «rapporti muscolari» quando tira in ballo il sindaco e i confronti con il ‘socio’, ovvero l’amministrazione.

RICCI AL COMANDO DI FARMACIATERNI, 13 FEBBRAIO

Federico Ricci e Mauro Scarpellini

Le 100 lire, fatturato e situazione drammatica a febbraio

Perno del discorso di Ricci – per rispondere alle molteplici domande di Alessandro Gentiletti di Senso Civico – si basa su un esempio: «Ogni 100 lire di fatturato che fa questa azienda, 65 se ne vanno in merce, 26 è il costo del personale, 5 se ne vanno per le spese di funzionamento generale, 2 per gli ammortamenti e 1 per la gestione finanziaria. Redditività? 1 su 100. Cosa vuol dire? Che non posso pagare una cedola che vale tre volte la redditività attuale della società. Facendo così dilapidare un patrimonio pubblico da 10 milioni di euro». Bene, anzi no. Come si risolve la storia. «Dobbiamo far crescere le 100 lire, per prima cosa. ‘Aggredire’ le principali voci di costo come ad esempio quello del personale, lavorare sul marketing promozionale e magazzino. E con una spending review sulle spese generali». Focus sul passato recente: «Al 13 febbraio la situazione era davvero drammatica, con una prospettiva di perdita da 1 milione. L’azienda aveva 1,2 milioni di ‘scaduto’ con i propri fornitori e ‘rubinetti’ bloccati. Inoltre c’erano 400 mila euro di scaduto con le industrie farmaceutiche e l’utilizzo dell’unico fido bancario completo e continuo; liquidità per sole 100 mila euro. Dal 1° gennaio al 13° il fatturato era crollato del 7% e vi ricordo che siamo in un settore dove chi è bravo fa +2%, chi è scarso fa -2%. Qui in 45 giorni si sono toccate punte del -10%, di fronte dal baratro finanziario ed economico con la perdita di 8 mila 700 clienti». Intanto a sostituire il sindaco Latini arriva l’assessore al welfare Marco Cecconi.

LA PREOCCUPAZIONE DEI SINDACATI

La dirigente Stefania Finocchio chiamata in causa da Orsini

«Azienda sostanzialmente salvata. Ora tocca al Comune»

Numeri su numeri elencati da Ricci, sia precedenti al suo arrivo che dopo. Certo, ce ne vuole di lavoro per tirar fuori FarmaciaTerni dai guai: «Abbiamo attivato un piano di salvataggio a partire dallo stato patrimoniale e azioni per il conto economico. Dal 1° marzo al 15 maggio siamo passati al +1% di fatturato in controtendenza rispetto al mercato, 5 punti vendita su 10 sono in crescita, lo scontrino medio è aumentato del 2,8%, sono stati diminuiti gli acquisti per 165 mila euro e i problemi di fatturato riguardano solo 3 punti vendita. La redditività prospettica migliora. La flessione dei clienti è solo del -1%. L’azienda a livello finanziario è sostanzialmente salvata, anche se magari è presto per dirlo, e i cittadini ci stanno dando più centralità nel loro sistema di acquisti. La liquidità? Ora è di 250 mila euro con apertura di altri canali di credito e firmati piani di rientro con tutti i principali fornitori, l’1,2 milioni di euro di ‘scaduto’ non esiste più. Abbiamo fatto tutto ciò che potevamo per stabilizzare e ora tocca al socio perché siamo controparte rispetto al sindaco. Ora è il Comune che deve battere un colpo». Il progetto di bilancio 2018 sarà approvato entro il 14 giugno. Orsini intanto torna all’attacco parlando di un’amministrazione «schizofrenica», ricordando le diatribe con Sciamanna e i continuii rinvii sulle decisioni nonostante gli allarmi lanciati dall’ex au: «Fatti danni irreparabili alla società. E concordo con il fatto di dover difendere e valorizzare questo patrimonio, il problema è che andava fatto prima: si sta parlando di un’operazione che costerà tantissimo alle casse del Comune».

Orlando Masselli con Claudio Fiorelli

Masselli in disaccordo: «Avrei fatto altro»

Orlando Masselli (Fratelli d’Italia) interviene per dire – in poche parole – di essere d’accordo con Orsini quasi su tutto, ma non per quanto concerne Sciamanna: «Era ondivago ho visto in base alle comunicazioni che ha fatto, basti vedere le risultanze odierne sullo stato dell’azienda. Credo che qualcuno abbia dato delle informazioni sbagliate nel corso del tempo». Sulla rimodulazione non è concorde: «Avrei fatto un altro piano». Ceccotti (Lega) risponde ad Orsini: «Schizofrenia? C’è un’idea ben precisa sul tema. Ricordo che Sciamanna aveva dato dei conti che parlavano di azienda sana». Lucia Dominici (capogruppo Forza Italia) appoggia. Successivamente spazio anche a Scarpellini che, a precisa richiesta di Masselli, risponde su quei 300 mila euro di utile indicati a fine novembre: «La nostra posizione – si riferisce al collegio dei revisori dei conti – non è mai cambiata e già nel 2018 segnalammo al commissario straordinario Cufalo le difficoltà. Quella carta di lavoro sull’utile prospettato non è stato sottoposto al nostro esame, era da fare delle verifiche. Evidente come ci fossero degli errori nei contenuti».

Una farmacia Afas

Il confronto con l’Afas e il paniere sociale

In merito ai dettagli – per lo più la perdita prevista – Ricci aggiunge che «il bilancio non è ancora assestato, ne riparleremo più avanti. La carta al 30 novembre 2018 che parlava di 300 mila euro di utile d’esercizio? Ha sorpreso anche me». Gli viene chiesta la situazione dell’Afas a Perugia per un confronto: «Rende 2 milioni di euro su un fatturato di 21 e la cedola attuale è di 860 mila euro, aumentata nel corso del tempo grazie allo sviluppo positivo visto che in due anni e mezzo fu azzerato il debito. Inoltre hanno un bilancio sociale da 800 mila euro. Perché rimoduliamo adesso? Semplice, perché ora siamo alla fine di un processo e occorrono azioni di rilancio». Novità in arrivo da giugno: «La spending review ci permetterà di creare dei cuscinetti e avere piccoli risparmi da investire sul mercato. Inoltre daremo un contributo sociale: a giugno speriamo di far partire il primo paniere sociale per le famiglie ternane, tutte, non solo quelle in difficoltà, per beni di prima necessità su tutte le farmacie. Si tratta di 176 mila euro di beni. Tutte le azioni che abbiamo in mente riporteranno all’utile entro tre esercizi; la vecchia gestione finanziaria tecnicamente non è stata fatta bene e il nostro obiettivo è pagare solo gli oneri per il funzionamento».

Fausto Sciamanna e Nicola Nulli Pero il 6 settembre

Costo personale e i Fte: «Da 56 a 52». L’esodo incentivato

Diversi consiglieri infine pongono l’accento su quella riduzione del costo del personale esposta da Ricci: «Il rapporto con la redditività è fondamentale. Noi ragioniamo sugli Fte (Full-time equivalent, tempo pieno) per 8 ore. Il modello 2019 è sovrapponibile a quello del 2018 per quel che concerne gli orari d’apertura: vogliamo ottimizzarli su richiesta del socio e sono passati dai 56 del 2018 a 52,7 odierni, 45 dei quali sono manodopera diretta e i restanti 7 indiretta. Ha senso tenere gli interinali con questi numeri Fte? No, ti danno un aggravio di circa 45 mila euro, vanno bene solo per una misura straordinaria. Il costo medio di un Fte di FarmaciaTerni è stratosferico, 44 mila euro dovuto anche al personale anziano e pensiamo all’idea di una politica di esodi incentivati per il futuro». Breve passaggio sul notturno: «Riaperto – Porta Sant’Angelo – e sta ripagando, servizio importante».

Il marchio e il revamping

Si parla anche di investimenti quando Ricci fa il punto su ciò che è stato fatto: «C’è stata una risistemazione del merchandising dei punti vendita, erano più dei bazar. Abbiamo utilizzato il magazzino in senso strategico e con le promozioni è stato provato di tutto anche per le parafarmacie. I punti vendita è impossibile rifarli perché ha un costo tra i 120 mila e i 150 mila euro; segnalo poi che non c’è lo stesso marchio in tutte le farmacie e in tal senso vogliamo creare una rete, un investimento sarà quello. Per poi operare un ‘revamping’ delle strutture». Discussione tecnica conclusa, ma c’è ancora spazio per il quesito iniziale di Orsini, che deciderà di non votare perché non messo nella condizione di farlo: Bordoni respinge infatti la sua mozione d’ordine, procedere con l’apertura del voto e va avanti. «Fai pure, chiedo il parere del segretario comunale e alla prefettura. Ripeto, per me non esiste ciò che ha detto la Finocchio». Attesi sviluppi per mercoledì, seppur la dirigente specificherà di aver contattato il collegio dei revisori dei conti del Comune e di aver ricevuto in risposta l’affermazione che loro non se ne occupano.

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