Gli attivisti ‘portano’ Romizi in consiglio

Perugia, il primo cittadino arriva in ritardo: cittadini e consiglieri fanno un presidio davanti al suo ufficio per farlo entrare nell’emiciclo. Si parla del caso Joan

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L’immagine di Leonardo Varasano, presidente del consiglio comunale di Perugia, seduto da solo in mezzo a quel banco lungo lungo, a presiedere l’assemblea, con accanto una sedia vuota, senza il sindaco e spesso senza neanche altri membri della giunta comunale (salvo che non siano direttamente coinvolti dalla discussione) è ormai diventata iconica. Pubblichiamo quella di oggi, ma potremmo pubblicarne una qualsiasi di una delle precedenti sedute: cambierebbe poco.

Varasano e la sedia vuota

Tema antico Quello della presenza del sindaco Romizi in consiglio comunale è un tema spesso rilanciato dalle opposizioni – in particolare da Cristina Rosetti, capogruppo dei Cinque Stelle – così come quello della partecipazione dei consiglieri alle sedute: non è infrequente, infatti, che le stesse vengano rinviate o addirittura annullate per mancanza del numero legale. Un aspetto che di recente ha fatto inalberare proprio il solitamente pacato Varasano, che è espressione della stessa maggioranza, fino a indurlo a durissime dichiarazioni per richiamare all’ordine i colleghi di maggioranza, oltre quelli di opposizione.

VARASANO: «C’È BISOGNO DI MAGGIORE PARTECIPAZIONE»

Il fuso orario Ora una nuova puntata, che il presidente si trova a gestire al ritorno dal viaggio di nozze e con ore di fuso orario da smaltire: «Non mi aspettavo una seduta così movimentata», ha confessato a chi glielo chiedeva. Ma un po’ doveva aspettarselo, considerando il numero di fotografi presenti in aula, evidentemente opportunamente informati che ci sarebbe stata in platea folta presenza di attivisti Omphalos i quali, in attesa del Gay Pride, hanno sfilato in Comune – una ‘gaia invasione’, così definita in un post di Perugia Pride, ma senza vessilli né piume colorate, solo con qualche drappo arcobaleno – per protestare contro la decisione dell’ente (e del ministero dell’Interno) di appellarsi alla Corte di Appello contro l’imposizione del tribunale di trascrivere integralmente l’atto di nascita del piccolo Joan. Una vicenda di cui ci siamo occupati lungamente.

IL CASO JOAN (ARCHIVIO UMBRIAON)L’INTERVISTA IN ANTEPRIMA ALLA ‘MAMMA’

Il sit-in Il tema è stato introdotto in aula da Sarah Bistocchi (Pd), che fra l’altro ha fatto presente di aver ricevuto rassicurazioni dal sindaco Romizi circa la sua presenza. Ma il sindaco non c’era. Aveva annunciato che sarebbe arrivato in ritardo, come del resto anticipato dallo stesso Varasano in apertura di seduta: «Aspettava un ultimo aggiornamento dagli uffici – ha spiegato il presidente – per dare una risposta più puntuale possibile». Non vedendolo arrivare, ovviamente gli attivisti e i consiglieri si sono insospettiti e per questo sono andati fuori dal suo ufficio per reclamarne la presenza in aula. C’erano anche Rosetti e Bistocchi. Dopo un po’, il sindaco è effettivamente entrato in aula e la discussione si è effettivamente svolta, con i consueti scambi di accuse si cui sono piene ormai gli archivi dei giornali e le bacheche social.

L’arrivo di Romizi (post Rosetti)

L’accusa: «Brutta pagina» Ribadendogli le accuse di ‘latitanza’ dall’aula, Bori ha rinfacciato a Romizi di essere il «principale responsabile» dei disagi che sono stati arrecati al piccolo Joan (che, lo ricordiamo, per mesi è rimasto in Spagna, con le due ‘mamme’) e di essere «l’unico sindaco in Europa a non aver trascritto l’atto di nascita di un bambino con due mamme». In un comunicato il Pd parla di «pagina più brutta in tema di diritti mai scritta al Comune di Perugia», che avrebbe prodotto ricorso all’insaputa del consiglio.

La difesa di Romizi «Nessun pregiudizio morale o ideologico su questa vicenda, nella quale sono intervenuto non come sindaco ma come ufficiale di governo – ha detto Romizi in aula – trascrivendo parzialmente l’atto, senza che ciò avesse fermasse l’opposizione dei genitori del bambino, pertanto sono continuati i ricorsi come quello ultimo che si vuole addebitare al comune ma che invece è stato compiuto dall’avvocatura dello Stato e dal ministero degli Interni, previa comunicazione al sindaco».

Il commento di Omphalos «Non abbiamo più parole per descrivere la nostra rabbia e lo sconcerto nell’apprendere questo ulteriore atto discriminatorio del Comune di Perugia – commenta Stefano Bucaioni, presidente di Omphalos – siamo di fronte ad un accanimento senza precedenti sulla pelle di un povero bambino per il solo fatto di avere due mamme. Il Sindaco aveva raccontato alla città che il suo iniziale rifiuto a trascrivere l’atto era meramente tecnico e che in assenza di una legge precisa spettava al Tribunale decidere. Ecco, la scelta di ricorrere anche contro la decisione del Tribunale svela ancora una volta le intenzioni chiaramente discriminatorie di questa amministrazione».

Il Comune: «Il ricorso non è nostro» «Non corrisponde assolutamente al vero quanto afferma l’Omphalos in un comunicato in merito alla notizia che il Comune di Perugia avrebbe impugnato la decisione del Tribunale di Perugia di trascrivere integralmente l’atto del bambino nato in Spagna. Il reclamo è stato presentato lo scorso 14 maggio dall’avvocatura distrettuale che rappresenta autonomamente gli ufficiali di stato civile in tutti i gradi del giudizio. L’Amministrazione di Perugia non è intervenuta in nessun modo nella decisione di quel reclamo, che rappresenta nel caso i diritti del ministero dell’interno, bensì è l’avvocatura dello Stato che ha agito nell’esercizio delle proprie prerogative dandone comunicazione alla Prefettura e al Sindaco. Quanto affermato dall’Omphalos non è veritiero ed all’evidenza strumentale. Non si può fare disinformazione in nome dei diritti».

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