I ricordi di Ravanelli: «Mai perso un derby»

Penna Bianca fa 50 anni. È stato uno dei calciatori simbolo del Perugia e rivela: «Da Terni mi arrivavano telefonate notturne e dovetti cambiare numero»

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A Perugia ha giocato relativamente poco – tre anni da giovanissimo (dopo la formazione nelle giovanili) poi un anno e mezzo in chiusura di carriera – ma Fabrizio Ravanelli da Mugnano è, per tutti, indissolubilmente legato al Grifo, simbolo che ha nel cuore e anche sulla pelle, visto il tatuaggio che esponeva con orgoglio quando segnava, nella sua seconda vita da biancorosso. Ora, a 50 anni appena compiuti, Penna Bianca si racconta…

Grifo doc

Ravanelli in C2 col Perugia

La sua peruginità è stata sempre un tratto distintivo, anche quando, dopo la promozione in C1, cominciò a girovagare per l’Italia prima di approdare alla Juventus, dove ha vinto tutto (Coppa Italia, Scudetto e Champions League, segnando nella finale di Roma con l’Ajax), prima di essere venduto in Inghilterra – uno dei primi italiani ad espatriare – dove ha fatto la storia realizzando un hattrick, una tripletta, all’esordio in campionato con la maglia del Middlesbrough. Eppure, dopo ogni partita, il primo pensiero è sempre stato per il Grifo, per i colori biancorossi, per la sua città: «Il risultato del Perugia era il primo che chiedevo quando finivo di giocare», dice, e in molti ricordano la sua dedica agli amici di Mugnano dopo lo scudetto con la Juve di Lippi. Fra l’altro Perugia gli ha regalato l’ultimo scudetto, visto che la sua Lazio divenne campione proprio mentre la Juventus perdeva al Curi, sotto il diluvio.

Quelle telefonate da Terni

«Il mio essere così marcatamente perugino mi ha creato non pochi problemi, inevitabilmente, con i tifosi della Ternana. Ricordo i derby in trasferta come delle guerre, in cui i tifosi ci accoglievano male fin dal nostro arrivo in pullman, ma ricordo anche che gli ultras del Perugia ci facevano sentire a casa con le loro coreografie. Posso vantarmi del fatto di non aver mai perso un derby – ricorda Ravanelli – e forse anche per questo i tifosi della Ternana non mi hanno mai amato. Ricordo che per un periodo mi sono arrivate talmente telefonate notturne di offese che il mio povero papà fu costretto a cambiare numero al telefono di casa».

«Gaucci mi offrì la panchina di Cosmi»

«Quando tornai a Perugia nell’ultimo anno di serie A – ha raccontato Fabrizio Ravanelli a Umbria TV a Grifo Ricordi, trasmissione in cui vengono intervistati vecchi campioni del Perugia – il presidente Gaucci mi propose la panchina del Perugia al posto di Serse Cosmi, come allenatore-giocatore, ma stimavo troppo Serse Cosmi, così come lo stimo tuttora, e non potevo prendere il suo posto anche perché ero convinto che con lui il Perugia si sarebbe salvato e così dissi al presidente. Fu un rifiuto dettato dall’amore per il Grifo. E in effetti le cose andarono proprio come avevo pronosticato, visto che dall’ultimo posto arrivammo a giocarci lo spareggio contro la Fiorentina».

«La promessa al mio papà»

«Gaucci mi stimava tantissimo mi chiamava spesso e quando vinsi la Champions mi regalò un quadro che ancora conservo, poi quando lasciai la Juventus più volte aveva provato a riportarmi al Perugia. Ricordo che prima di andare alla Lazio mi chiamò, ma io stavo per andare in una grande squadra che puntava allo scudetto e non potevo accettare. Lui ci rimase un po’ male, infatti quando poi Sabatini mi chiamò per tornare dovette convincerlo, ma ci mise poco e così riuscii a tornare a casa, onorando la promessa che avevo fatto al mio povero papà che voleva chiudessi la carriera al Perugia: ricordo che quando entravo in campo istintivamente mi giravo verso la curva per salutarlo, poi mi veniva in mente che non c’era più».

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