Il dolore di Bevagna per il suo fiume

Molto partecipata l’assemblea di mercoledì sera nell’auditorium Santa Maria Laurentia. Il corteo funebre per il Teverone. Gli appelli alla Cecchini. Il fuori programma con Liberati

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di P.C.

«Noi la merda di Foligno non la vogliamo». C’è chi lo dice con eleganza, chi usando un eufemismo, chi lo urla e chi lo sussurra. Ma il concetto è sempre lo stesso. Il Teverone Timia è fortemente inquinato – e lo è da anni – perché c’è stata una scelta politica che ha penalizzato questo tratto della vallata, destinato a raccogliere i rifiuti urbani, agricoli e industriali della parte alta del corso del fiume. E questo gli abitanti di Bevagna non lo sopportano più. Muoiono i pesci perché sta morendo il fiume. Così, prima dell’assemblea pubblica organizzata per mercoledì sera, per le strade del borgo umbro c’è stato un vero e proprio corteo funebre. Con tanto di bara in legno, croce e dicitura latina.

IL FUNERALE PER LE STRADE DI BEVAGNA – VIDEO

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Barbini e Meniconi con la bara del fiume

Le istituzioni e i cittadini Due anni dopo l’ultimo incontro sul tema, mercoledì tornava a Bevagna l’assessore regionale all’ambiente Fernanda Cecchini, convocata dopo gli ultimi allarmanti episodi che umbriaOn ha ampiamente documentato di morìa di pesci nel Teverone Timia in concomitanza con le forti piogge di inizio e fine estate, precisamente a fine giugno e a metà ottobre. Moderatrice il sindaco Annarita Falsacappa. Al banco degli oratori, Luca Proietti (Arpa), Maurizio Salari (Valle Umbra Servizi), Giuliano Nalli (Consorzio bonifica). Ma gli interventi più attesi erano quelli dei cittadini, in particolare gli attivisti: quelli, più oltranzisti, che hanno inscenato il funerale (capitanati da Girolamo Barbini e Loris Meniconi) e quelli, più dialoganti, che fanno capo a Mario Lolli, presidente del Comitato per la difesa dell’aria e dell’acqua. Non c’è contrapposizione, solo due modi diversi di denunciare il problema. C’erano soprattutto molti cittadini, in attesa di sapere perché il fiume è inquinato ma soprattutto – cosa ben più importante – come risolvere il problema.

IL CORTEO E L’ASSEMBLEA – GALLERY

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Imbarazzo all’arrivo della bara

La pazienza della Cecchini L’inizio ha avuto anche momenti di imbarazzo. Il corteo funebre non era preventivato e la Cecchini è rimasta spiazzata (minacciando anche di andarsene) quando ha visto che la bara era stata appoggiata sul tavolo degli oratori. Poi tutto è tornano sui binari del confronto, acceso ma sostanzialmente pacifico e costruttivo, e l’assessore ha avuto il merito – riconosciuto da molti – di pazientare, ascoltando tutti con attenzione, riservando per sé solo la promessa finale di convocare quanto prima («già mercoledì prossimo per me va bene», ha detto) un tavolo tecnico con i sindaci del comprensorio, quelli dei territori vittima degli scarichi ma soprattutto quelli dei territori in cui operano gli inquinatori, che sono soprattutto allevamenti, agricoltori e piccoli insediamenti industriali. L’azoto ammoniacale è 100 volte al di sopra del limite consentito, il coefficiente di inquinamento 241 volte sopra il limite, i solidi sospesi 301 volte, il fosforo e i nitrati 635 volte sopra il limite consentito. Le zone industriali insistono in minima parte in questo tratto: l’inquinamento arriva per il 66% dagli allevamenti e per circa il 30% dall’uomo. Oltre che sul letame animale, sparso sui terreni come concime e destinato ad arrivare in acqua quando ci sono forti piogge, l’indice viene puntato su concimi chimici e fitofarmaci. Ne sono stati trovati alcuni tolti dal mercato da oltre 10 anni.

SCONTRO FRA LIBERATI E IL DIRIGENTE REGIONALE – VIDEO

Il preambolo istituzionale Tensione anche fra gli attivisti, quando si sono resi conto che la prima parte dell’assemblea era riservata agli interventi tecnico istituzionali: prima il sindaco, poi Proietti, poi Salari, infine Nalli. Tutti a dire che sì, il problema c’è, ma tutto sommato la situazione sta migliorando: nella tabella di valutazione, la condizione del fiume è passata in molti tratti da ‘cattiva’ a ‘scarsa’. Come se ci fosse da farsi i complimenti l’un con l’altro per questo risultato. Annunciata anche l’installazione di due centraline (una a Bevagna, l’altra a Foligno): gara d’appalto il 28 novembre, annuncia il sindaco. Ma i dati ci sono e si sono capite anche le cause: occorre risolvere il problema, oltre a continuare a misurarlo. Per fortuna era solo la prima parte. Poi è toccato ai cittadini parlare. E il primo è stato proprio Mario Lolli: lungo e articolato il suo intervento. È stato lui a dire per primo la frase che è stato il leitmotiv della serata, quella sulla merda di Foligno, laddove il termine ‘merda’ è metaforico (a indicare i rifiuti sversati nel fiume) ma anche sostanziale. È proprio merda: umana e animale. E puzza.

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L’intervento di Lolli

Le concessioni alle coop e i by-pass «Noi non cerchiamo capri espiatori, però vogliamo che tutti quanti si prendano le proprie responsabilità – dice il presidente del Comitato – e certe affermazioni sanno di presa in giro». Poi un’espressa richiesta all’assessore Cecchini: «Vorremmo sapere come vengono date le concessioni alle cooperative agricole. Abbiamo cooperative che avevano poche decine di capi e che sono state autorizzate ad averne 6-700 e senza depuratori scaricano direttamente nei fossi. Come è possibile dare certe autorizzazioni? I nostri fiumi sono stati svenduti: sono stati fatti bypass per salvaguardare il Clitunno e il Topino facendo confluire tutti gli scarichi nel Marroggia e nel Teverone Timia, che passano per Bevagna e Cannara. Siamo davanti a un allarme di sanità pubblica, di cui istituzioni e Asl dovrebbero farsi carico. Bisognerebbe verificare i casi di tumore lungo il fiume. I dati sarebbero molto diversi da quelli, disomogenei, raccolti finora. Infine, servirebbe un catasto unico delle discariche, con il coinvolgimento di tutti i comuni».

Gli amici degli amici «Questo problema se non si affronta in maniera unitaria non si risolve – continua Lolli – e non bisogna guardare in faccia a nessuno. Non c’è nessuna parzialità politica, nessuna amicizia, nessun interesse di impresa, che può giustificare una situazione del genere. I nostri passi li abbiamo fatti Abbiamo portato i nostri dati alla magistratura. C’è un indagato e ci costituiremo parte civile. Voglio proprio vedere se i sindaci di quel territorio si costituiranno parte civile. Non possiamo essere solo noi a metterci il ‘didietro’. Tra poco ci chiamerà il magistrato. Voglio vedere, quando ci sarà l’udienza, se i sindaci saranno disponibili a stare dalla parte dei cittadini anziché dalla parte degli amici degli amici. E mi dispiace che qui non ci siano le rappresentanze delle aziende, degli agricoltori e degli artigiani. Gli imprenditori che vogliono mettersi in regola devono essere aiutati, quelli che non lo fanno devono essere bloccati. La Regione e i Comuni dove sono stati finora?».

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Il fuoriprogramma con Liberati

Il paradosso del Casone Il depuratore a valle di Foligno funziona bene ma ha una portata scarsa. Che diventa non sufficiente considerando che le acque bianche (quelle piovane) non vengono separate da quelle nere (fognature e scarichi industriali). Quindi, quando piove tanto, la portata d’acqua rimane ingestibile. E per questo si è costretti a far defluire le acque nel tratto dell’alveolo, arrivando fino a Bevagna attraverso lo sportone di Carlo Maderno. Paradossale che nessuno abbia mai compreso le conseguenze di una rete gestita in questo modo. Paradossale che nessuno abbia finora provato a porvi rimedio.

Ma dov’erano i tecnici? Un concetto – quello dell’omesso controllo – tornato anche nel finale dell’incontro, quando la conversazione si avviava verso le conclusioni e si era nella fase delle risposte tecniche, e c’è stato anche il tempo per un fuori programma politico, con il battibecco fra Andrea Liberati e Angelo Viterbo, dirigente regionale responsabile del servizio risorse idriche e rischio idraulico. «Come è possibile che lei, che lavora da 15 anni su questi temi, si accorga solo ora di questi problemi? Cinque anni fa – ha urlato Liberati – le ho chiesto informazioni sui danni ambientali e non ho mai ricevuto risposta». Ma tutto è finito lì. La priorità, oggi, non è fare politica né rintracciare colpe. La priorità è salvare il territorio di Bevagna e i suoi fiumi.

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