Foligno, parla il papà: «Maestro razzista»

Il maestro si difende: «Solo un esperimento». Ma i genitori non gli credono e lo denunciano. Il ministero lo sospende. E sul web piovono insulti su un profilo col suo nome – Video

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di P.C.

Il suo nome è rimasto un mistero per tutta la giornata e i pochi che lo conoscevano non si azzardavano a rivelarlo; poi in serata è lo stesso maestro folignate – Mauro Bocci (ora possiamo scriverlo) – a parlare pubblicamente e lo fa nel modo più clamoroso, intervenendo telefonicamente alla trasmissione ‘Porta a Porta’. E subito dopo il suo (presunto) profilo viene preso d’assalto.

LA DENUNCIA: «IL MAESTRO HA OFFESO UN ALUNNO DI COLORE»

La scuola Monte Cervino di Foligno

Le spiegazioni in tv

Incalzato da Vespa, il maestro 42enne – laureato in Antropologia, insegna ‘Alternativa all’educazione cattolica’ agli alunni non cattolici –  spiega in tv i motivi che lo hanno indotto a comportarsi in quel modo con un alunni di colore, esposto alla classe con frasi a sfondo razzista («Ma che brutto che è questo bambino nero! Girati, così non ti devo guardare») ed obbligato a voltarsi verso la finestra, stando di spalle ai compagni. «Si è trattato di un equivoco, le parole non sono state quelle che ho letto: è una sperimentazione didattica che io puntualmente ho annunciato ai ragazzi – ha detto Bocci parlando su Rai Uno – parlavamo della Shoah, dell’integrazione e io ho proposto loro di fare un esperimento per simulare. Ho proprio detto: ‘Possiamo fare una cosa di questo tipo?’. E loro hanno risposto: ‘Proviamo’. Era per suscitare una provocazione positiva nella classe. È importante educare i nostri giovani a pensare criticamente, il mio obiettivo era suscitare una reazione, al fine di porre accento sull’esigenza del rispetto delle peculiarità di ciascuno e dell’assurdità della Shoah. Era una provocazione. Ho detto: ‘Se qualcuno facesse una cosa di questo tipo’. E la reazione è stata: ‘Non si fa’. Quindi l’esperimento è riuscito».

Insulti sul profilo ‘Mauro Bocci’

Il contrappasso ‘social’

Ma subito dopo succede qualcos’altro. Diffuso il nome, in tanti lo cercano su Facebook. Lo insultano, lo minacciano, auspicano una sua cacciata dalla scuola. C’è chi pubblica il link al suo profilo invitando altri ad intasarlo di offese. Chi la butta in politica (preceduto, in questo, da molti politici). Chi addirittura scrive: «Al rogo». Per una incredibile ‘legge del contrappasso’, scritta e applicata da quel tribunale popolare che sono diventati i social, Mauro Bocci, il docente che ha messo alla berlina due alunni, viene egli stesso esposto pubblicamente ad offese e insulti, come aveva fatto con quei due bambini di colore, a suo dire per un esperimento didattico male interpretato da qualcuno. Non più ‘maestro’ ma ‘mostro’. E poco importa che il profilo ‘Mauro Bocci’ che viene rintracciato dalla folla social potrebbe non essere quello della persona in questione. È la giusta valvola di sfogo. E giù commenti.

Alla Rai le dichiaraziohi di Bocci, del papà del bimbo e di Antonella Iunti

L’intervista in presenza dell’avvocato

Poco prima, Bocci ha incontrato i cronisti nello studio del suo avvocato. Le dichiarazioni sono state poi riportate dal Corriere della Sera: «Chiedo scusa a tutti, non sono un razzista, sono papà anch’io, se fosse accaduto a mio figlio sarei stato il primo a correre a scuola a chiedere spiegazioni. Insegno ‘Alternativa alla religione cattolica’, passo il tempo coi ragazzi musulmani. Quel sabato dovevo sostituire un collega e sono entrato in classe. Ho deciso di parlare ai ragazzi della Shoah. Era un esperimento didattico, col senno di poi non lo rifarei più. Ma in quel momento sentivo che il mio esperimento sarebbe stato apprezzato dalla classe e ho chiesto loro il permesso. Vi va? Ho domandato. E hanno risposto di sì. Era un esperimento al contrario, come se ne vedono tanti in rete, per suscitare la reazione della classe davanti a una palese ingiustizia. Così mi sono rivolto all’unico bambino di colore, a cui voglio un bene dell’anima. Ho fatto vedere alla classe quello che non si dovrebbe mai fare, isolare qualcuno perché non ha la pelle del tuo stesso colore. Tutti si sono subito indignati, hanno detto in blocco che non era giusto continuare. L’obiettivo l’avevo raggiunto». Il docente ha smentito la notizia, che si era diffusa nelle ore precedenti, che un ‘esperimento’ analogo fosse stato condotto in precedenza anche nella classe della sorella del bimbo.

L’ironia della sorte

Il precedente a Ravenna

Nel corso della sua intervista a ‘Porta a Porta’, Mauro Bocci cita Diego Baroncini. Si tratta di un insegnante di lettere in un istituto di Ravenna che alcune settimane fa aveva sottoposto i suoi studenti ad un ‘esempio di Shoah’ dal vivo, in occasione della Giornata della Memoria, meritandosi in quella occasione apprezzamenti trasversali per il coraggio. Si era presentato in classe ordinando: «Chi non è di Ravenna non potrà più venire a scuola». Gli studenti (più grandi di quelli di Foligno, va detto) lo guardarono con sospetto ma stettero al ‘gioco’. I non ravennati si misero da una parte e si tolsero gli oggetti di valore: orologi, braccialetti, collanine, occhiali, cinture, scarpe. In quella occasione, ai ragazzi del gruppo ravennate il professore chiese «E voi, perché siete stati zitti?». La risposta: «Perché lei è il professore». E qui l’insegnamento: «Se l’autorità commette qualcosa di atroce voi non dovete tacere. Succedeva cosi anche con le leggi razziali: alcuni avevano paura di esporsi pur riconoscendo che non erano giuste, altri hanno reagito con un atteggiamento superficiale».

Mismetti a Porta a Porta

Il sindaco: «Siamo sgomenti»

A ‘Porta a Porta’ è intervenuto in collegamento anche il sindaco di Foligno Nando Mismetti, che ha sottolineato la «reazione della comunità, che è solidale, con grande attenzione alle politiche di integrazione, con una scuola importante che fa tante iniziative per far crescere i ragazzi in termini di educazione e rispetto». Al tempo stesso però Mismetti ha parlato di una «comunità sgomenta» per quanto accaduto e per l’improvvisa visibilità negativa a livello mediatico. Resta la condanna unanime del mondo politico. L’ex ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini, presente in studio, dopo aver sentito le parole del maestro: «Speravo fosse un equivoco, ma le giustificazioni del docente mi lasciano basita, secondo me questo docente non è adatto a questo lavoro».

In serata la notizia della sospensione

Come anticipato da umbriaOn, nel corso del pomeriggio c’era stata una lunga riunione al Miur, alla presenza della dirigente dell’ufficio scolastico regionale, Antonella Iunti, chiamata a fare chiarezza sulla vicenda con una relazione dettagliata. Era stata lei a raccogliere la segnalazione della dirigente scolastica Ortenzia Marconi, a sua volta allertata dalle denunce dei genitori degli alunni che frequentano la classe del bambino (il minore dei due fratelli di colore) oggetto di quello che poi è risultato essere, nelle parole dello stesso Bocci, un ‘esperimento didattica’. In serata fonti del Miur confermavano che il docente, che ha un contratto di supplenza fino al 30 giugno, è stato sospeso dall’insegnamento. E l’avvocato della famiglia ha confermato che si procederà per vie legali.

Aggiornamento

I genitori dei bimbi: «Altro che esperimento, era razzismo»

Nuovi sviluppi nella mattinata di venerdì. In collegamento con una trasmissione Rai parla il papà del bambino che suo malgrado è stato protagonista della vicenda di Foligno. È già stato dall’avvocato per sporgere denuncia. E giura che, a differenza di quanto asserito da Bocci, l’esperimento sia stato fatto anche in un’altra classe, frequentata dalla sorella. «Ma che esperimento. Questo è razzismo. Come si fa a fare una cosa del genere in una scuola, a dei bambini piccoli?»: queste le parole dell’uomo, intercettato da un inviato Rai venerdì mattina.

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