Inchiesta sanità, le ‘soffiate’ agli indagati

Secondo il gip Bocci e Duca si misero in moto per conoscere, con la complicità di alcuni militari, dettagli sugli accertamenti nei loro confronti

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di F.L.

Gli indagati dell’inchiesta sulla sanità avevano timore di essere sottoposti ad indagini e a controllo delle comunicazioni. Proprio per questo, nel giugno 2018 avrebbero iniziato ad attivarsi con i loro canali per acquisire notizie più precise su eventuali indagini in corso, anche grazie ad alcuni componenti delle forze dell’ordine, in congedo e non: è uno degli elementi che emergono dall’ordinanza del gip Valerio D’Andria, che venerdì ha portato ai quattro arresti eccellenti.

«ERANO TANTI DA SISTEMA’…»

I vigili del fuoco piazzarono le spie

Secondo le carte dell’inchiesta il brigadiere in congedo Oreste Riocci, interpellato dal dg del Santa Maria della Misericordia Duca, ma anche il generale dei carabinieri in pensione Pasquale Coreno e carabinieri in servizio presso i Nas, chiamati in causa da Bocci, avrebbero fornito importanti informazioni agli indagati. Tanto che è lo stesso Duca a raccomandare a collaboratori ed interlocutori la «massima prudenza» nei dialoghi, in quanto probabilmente intercettato. Il direttore amministrativo Valorosi avrebbe invece affermato che da quanto saputo da Bocci le intercettazioni erano in corso anche all’interno degli uffici e che le spie erano state piazzate quando si presentarono i vigili del fuoco per alcune verifiche relative all’antrace. Un’informazione corretta, visto che le attività di intercettazione ambientale, iniziate nel novembre 2017, vennero effettivamente attivate utilizzando come copertura un intervento dei pompieri.

L’INCHIESTA

Le conoscenze istituzionali e nella polizia giudiziaria di Bocci

Per questo secondo il gip la misura dei domiciliari nei confronti di Gianpiero Bocci – accusato di favoreggiamento in questo filone d’indagine – si rende necessaria «in ragione della capacità dimostrata dall’indagato di interferire con l’attività d’indagine con condotte favoreggiatrici nei confronti di altri indagati. Bocci ha comunicato a Valorosi l’esistenza delle attività d’indagine precisando anche l’epoca in cui erano stati attivate». Secondo D’Andria è dunque «particolarmente elevato che egli, sfruttando conoscenze acquisite nell’ambito istituzionale e in particolare tra ufficiali di polizia giudiziaria, possa porre in essere altre condotte analoghe a quelle già approfondite con conseguente pregiudizio per le indagini».

L’ ‘autodenuncia’

Ma riguarda da vicino l’attività di intercettazione anche un’altra delle ipotesi di reato, quella di peculato, contestata dalla procura al dg Duca: l’azienda ospedaliera perugina ha pagato 1.342 euro ad un’azienda privata per un’attività di bonifica delle microspie presenti all’interno del suo ufficio. Due giorni dopo lo stesso Duca, insieme al direttore amministrativo Valorosi e a quello sanitario Pacchiarini, si recò presso la stazione carabinieri di Castel del Piano dando conto degli strumenti audio e video trovati e giustificando l’intervendo di bonifica con voci di una «possibile attività di intercettazione nei confronti della direzione aziendale». Nella denuncia si allude ad un iniziale sospetto di attività di spionaggio privato, ma secondo il gip «è evidente che la decisione di verificare la presenza di strumenti sia adottata da Duca sin dall’inizio per tutelare interessi meramente personali».

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