Industria 4.0: «Terni sia area di sviluppo»

La giornata di studio voluta da Gianluca Rossi sulla ‘quarta rivoluzione industriale’: «Non solo crisi, ma opportunità. Italia e Germania hanno gli stessi interessi»

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di Francesca Torricelli

La fabbrica del futuro – il processo si chiama Industria 4.0 e prevede una maggiore qualificazione dei lavoratori – è un posto che si può e si deve realizzare. Un posto in cui la qualità diventerà decisiva. Italia e Germania uniscono le proprie forze ed esperienze, puntando a consentire ad un’area di crisi complessa di diventare un’area di sviluppo complesso, in cui fondamentale dovrà essere il ruolo delle istituzioni. Questi gli argomenti discussi venerdì pomeriggio al Caos di Terni, nel dibattito organizzato dal senatore Gianluca Rossi, sul tema ‘La quarta rivoluzione industriale, Italia e Germania si confrontano su Industria 4.0’.

Le direttrici dello sviluppo «L’obiettivo del confronto di oggi – ha sottolineato il senatore Gianluca Rossi – è quello di insistere perché questo territorio, riconosciuto ‘Area di crisi complessa’, scelga in modo deciso e convinto le direttrici dello sviluppo indicate nel progetto Industria 4.0. Italia e Germania sono i due principali Paesi industriali d’Europa, hanno molti punti in comune, forti e di debolezza, vogliamo mettere a confronto i due programmi e cercare di cogliere le grande opportunità che si offrono».

PARLA GIANLUCA ROSSI – L’INTERVISTA

Il settore manifatturiero Secondo il sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, «Terni è una città legata all’industria, alla manifattura e ha fatto battaglie rilevantissime su questo tema. Noi vogliamo agganciare, con gli strumenti che anche il Governo ci mette a disposizione questo futuro, questa innovazione. È un confronto importante anche perché avviene all’indomani della prima Conferenza economica italo-tedesca, in cui due Paesi manifatturieri, il primo e il secondo dell’Europa, si sono confrontati, hanno elaborato documenti comuni, che sono una base importantissima da cui partire, hanno proposto di coinvolgere anche la Francia per fare un fronte europeo solido, in grado di competere con le sfide portate dagli altri ‘colossi’ industriali, quelli asiatici, ma non solo, la stessa America che ha investito attraverso un programma di network sulla manifattura 4.0, perché l’Europa in questi anni purtroppo ha perso mercato, valore aggiunto, Pil, nel settore manifatturiero che invece rappresenta ancora il futuro per creare ricchezza e lavoro». È importante, per Di Girolamo, «il confronto con la Germania perché dal 2012 ha in iniziato questo percorso, noi ci arriviamo un po’ più tardi, ma come sanno anche nel calcio siamo abbastanza bravi a recuperare e speriamo questa volta di andare insieme, abbracciati, verso un orizzonte di lavoro e ricchezza per le nostre rispettive comunità».

Progettualità condivisa Da ‘Industria 4.0’, il dirigente di Invitalia Corrado Diotallevi, si aspetta che «mettendo in relazione la media impresa, in modo particolare, con il sistema digitale, si possa riuscire a sviluppare progettualità condivisa e di rete, che permetta di entrare nella relazione di tutta quella che è la scala del valore in un modo coordinato. Ad esempio l’azienda che deve fare un suo progetto di digitalizzazione, che senso ha se lo fa da sola e non si mette in relazione con quelle che sono le possibilità e le strategie che può adottare insieme ai propri fornitori, ad esempio?» Un altro aspetto su cui Diotallevi ha posto l’attenzione è stato il tempo. «L’orizzonte, per il momento, è il 2020 perché c’è un obbligo di coerenza con quella che è la programmazione comunitaria, ma sicuramente il percorso che abbiamo difronte è molto più ampio. Inevitabilmente la definizione di questa strategia dovrà essere affinata e adattata a quella che sarà l’evoluzione dei primi risultati».

Digitale Massimo Temporelli, fondatore di ‘The FabLab’ di Milano credo che l’Italia «sia una nazione dove il tessuto industriale è fatto da piccole e medie imprese. In quest’ambito laboratori di ricerca e sviluppo condivisi, come i FabLab che io rappresento qua oggi, possono essere strategici per il futuro del nostro Paese. Piccole aziende che si trasformano in qualcosa di digitale, il cui processo non è più basato solo sulla manodopera, ma sull’intelligenza di saper far programmare nuove macchine per fare quello che facevano prima gli operai. Si alzino le competenze e si lasci il lavoro noioso alle macchine».

PARLANO IRMGARD MARIA FELLNER E MASSIMO TEMPORELLI – LE INTERVISTE 

La formazione Gerhard Dambach, Ad di Bosch, ha sottolineato che «abbiamo cominciato circa 10 anni fa a pensare a Industria 4.0, siamo stati quasi i primi, ma è stato sprecato un sacco di tempo non sapendo da dove iniziare. Non c’erano le tecnologie e tante cose non hanno funzionato. Oggi c’è un bagaglio pubblico molto più ricco e perciò chi vuole recuperare il tempo perduto ha il gioco facile». Industria 4.0, «secondo la nostra esperienza, può portare dei vantaggi. All’interno del nostro organico abbiamo una quota tra il 30% e il 40% di operai che non hanno uno specializzazione. Quello che abbiamo adesso sperimentato è far scendere questa quota, raggiungendo circa il 10%, qualificando coloro che fino ad oggi non siamo riusciti a ben qualificare. Come facciamo ad inserire una persona già qualificata in azienda? Semplice, grazie all’alternanza scuola-lavoro. I giovani passano molto più tempo in azienda e l’azienda si occupa della loro formazione tecnica, facendo lavorare i ragazzi all’interno della produzione con le ultime tecnologie. Perciò, quando in futuro entreranno a lavorare in azienda, sapranno più o meno di cosa si parla». L’Italia, per Dambach, «non ha questo vantaggio perché la maggior parte del tempo gli studenti la passano a scuola. C’è bisogno estremo bisogno di fare seria formazione, investire sugli insegnanti, per fare il salto di qualità».

Le sfide La terza rivoluzione industriale, secondo Alessio Gramolati, responsabile del coordinamento delle politiche industriali della Cgil, «non è stata capace di creare quel benessere diffuso che voleva chi l’aveva teorizzata. La quarta, invece, sarà una rivoluzione soltanto se saprà effettivamente dare risposte alle sfide ambientali e del welfare che sono state sostanzialmente cancellate in molti Paesi occidentali». Non va sottovalutato, però, «che in questo Paese c’è una crisi della domanda e tutto l’intervento è giocato sul lato dell’offerta. L’innovazione sui grandi progetti, in Italia, può farla solamente il pubblico, come innovatore. C’è bisogno di un grande piano nazionale per l’alfabetizzazione digitale che metta milioni di persone nella condizione di non essere esclusi dal processo».

Italia e Germania Al dibattito di venerdì pomeriggio ha preso parte anche Irmgard Maria Fellner, Ministro Plenipotenziaria dell’Ambasciata tedesca in Italia. «In Germania – ha ricordato – l’impulso in questa direzione è stato dato diversi anni fa da alcuni imprenditori lungimiranti di Siemens e Robert Bosch, ma anche da molte aziende medie. In seno al Governo Federale ha preso poi rapidamente piede la convinzione che le nostre economie devono affrontare un profondo cambiamento. Seguiranno processi industriali di produzione in gran parte digitalizzati. È però emersa anche la certezza che noi possiamo mantenere la nostra posizione come Stati industriali leader solo se incidiamo attivamente su questo cambiamento». Quindi in Germania l’economia, la ricerca e il Governo «hanno creato la piattaforma Industria 4.0; qui i partecipanti elaborano raccomandazioni operative per la politica e l’economia. Particolare peso viene dato a indicazioni pratiche per le aziende manifatturiere e allo scambio di ‘best practices’. Temi importanti sono la standardizzazione, la sicurezza, la formazione e il perfezionamento professionale. In Germania le aziende manifatturiere contribuiscono per un quarto alla creazione di ricchezza». Se l’industria manifatturiera adotterà pienamente la digitalizzazione, «il Governo Federale prevede entro il 2025 un aumento della produttività di circa 78 miliardi di euro, quindi circa il 12% in più, in alcuni settori come l’industria meccanica addirittura fino al 30%. Come maggiori nazioni industriali in Europa, Germania e Italia hanno gli stessi interessi a proposito di Industria 4.0. Noi vogliamo che le nostre aziende continuino a essere anche in futuro competitive sul mercato mondiale». Infine il Ministro ha sottolineato che «qui noi non siamo concorrenti, ma possiamo trarre vantaggio a vicenda e, grazie alle sinergie, darci slancio a vicenda. I nostri settori manifatturieri sono infatti strettamente interconnessi. Questo vale soprattutto per i settori nel focus della nuova rivoluzione industriale, ovvero industria meccanica, impiantistica, elettronica, automobilistica e chimica, agricoltura e tecnologia dell’informazione e della comunicazione. Non meraviglia che Industria 4.0 sia divenuta un tema centrale nei rapporti di politica economica fra Italia e Germania».

«Area di sviluppo complesso» Il piano Industria 4.0, secondo Marco Gay, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria, «in un territorio come quello umbro, diventa un acceleratore di produttività e competitività. Si tratta di un piano trasversale, non ci sono settori per cui funziona e settori per i quali non funziona, se scavalliamo il concetto che l’industria è fatta solo di pezzi. Industria 4.0 passa al concetto di interconnessione adattandosi a qualsiasi impresa. Ovviamente quelle più piccole fanno più fatica, perché non facile far accettare il concetto del ‘Cresci e cambi o esci dal mercato’, ed è anche comprensibile». Le piccole e medie imprese e le start up «possono crescere andando ad insistere sulle capacità del territorio, ripartendo dalle competenze e dalla storia industriale, e da lì costruire il futuro attraverso un tessuto imprenditoriale e produttivo a sostegno della grande impresa. Industria 4.0 consente così ad un’area di crisi complessa di diventare un’area di sviluppo complesso».

La consapevolezza Soddisfatta della riuscita del dibattito, a concludere è stata il vicepresidente della Camera, l’Onorevole Marina Sereni. «Le novità di cui stiamo parlando sono enormi e noi abbiamo bisogno di animare un dibattito pubblico consapevole su questi temi. Abbiamo bisogno di andare un po’ più in profondità e creare una consapevolezza diffusa nel territorio. Credo che la partnership Italia-Germania sia molto rilevante per la prospettiva anche del contesto europeo. Ci siamo impegnati a collaborare, in particolar modo, su tre punti: la standardizzazione delle tecnologie digitali, il sostegno alle piccole e medie imprese e la formazione delle competenze. Due Paesi che vogliono dare un impulso all’Europa, siamo in un mondo che sta cambiando molto rapidamente ma l’Europa sta andando troppo lenta». Le istituzioni, per Marina Sereni, «devono investire in infrastrutture materiali e immateriali, ma soprattutto sulla qualità delle risorse umane. In particolare la scuola, la buona scuola, deve saper creare progetti capaci di dare nuovi strumenti didattici innovativi».

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