Lavoro, Cgil: «30 mila disoccupati a Perugia»

«Situazione preoccupante» nel territorio provinciale. Nel capoluogo 64 mila poveri relativi e un indice all’11,8%, peggiore rispetto al dato nazionale

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Un’estate calda, non solo per le temperature, fatta di vertenze e situazioni critiche per il lavoro in Umbria. E’ un quadro con più ombre che luci quello rappresentato dalla Cgil di Perugia sui dati Istat-Prometeia per quanto riguarda la situazione del lavoro in provincia. «Una situazione in cui – spiega Filippo Ciavaglia, segretario provinciale Cgil – per fortuna ‘gli ammortizzatori’ sono rappresentati dal settore pubblico, in cui lavora circa il 70% degli occupati, tra università, ospedale, comune e regione. Perché altrimenti, su tutti gli altri fronti, la situazione non lascia presagire nulla di buono per l’autunno. Parliamo delle vertenze in atto, dalla Perugina alla Colussi, dei pensionati, dei servizi sociali i cui costi aumentano e la cui qualità regredisce, dei giovani che non trovano lavoro e di contratti part time. Situazioni di cui la politica si deve fare carico e su cui bisogna intervenire subito».

I dati Numeri preoccupanti, quelli divulgati venerdì mattina, per fare il punto sulla situazione occupazionale a Perugia e provincia. I dati, illustrati da Mario Bravi, presidente Ires Cgil dell’Umbria, mostrano chiaramente che, in alcuni settori, l’Umbria sta vivendo una situazione drammatica ben peggiore di quella a livello nazionale. «Se parliamo di occupazione – ha spiegato Bravi – possiamo subito dire che se a livello nazionale, nel 2016, c’è stata una piccola ripresa, a livello di provincia questa ripresa non c’è affatto stata. Dal 2008 a oggi abbiamo perso 8 mila posti di lavoro e oltre il problema della quantità, c’è quello della qualità dell’occupazione. In Umbria solo il 19% delle nuove assunzioni sono a tempo indeterminato, mentre a livello nazionale la percentuale è del 27%. Un dato negativo rispetto a entrambi i punti di vista, siamo riusciti a fare peggio della media nazionale».

Valore aggiunto Dati che preoccupano anche se si analizza il cosiddetto ‘valore aggiunto’, cioè il reddito di impresa e dei dipendenti all’interno del processo produttivo. «I grafici ci dicono che c’è stato un calo consistente nell’industria e nelle costruzioni, ma anche nell’agricoltura, anche se nell’ultimo periodo ha recuperato qualche posizione». Se nel 2000 il valore aggiunto dell’industria era di 3.625 milioni, oggi siamo passati a 2.538 milioni, mentre nelle costruzioni siamo scesi dai 839 milioni a 699 milioni del 2016. Cifre incoraggianti, invece, per quanto riguarda l’export, per cui si è passati da 1.655 milioni del 2000 a 2.346 milioni del 2016.

Disoccupati Ancor più tragica è la situazione dei disoccupati che sono balzati a 30 mila solo in provincia di Perugia nel 20156, mentre erano 18 mila nel 2000. «Se poi, a questi dati ufficiali, aggiungiamo quelli relativi ai sotto occupati, cioè quei 15 mila Neet -giovani che non studiano e non sono alla ricerca di un lavoro – solo in provincia di Perugia, e quel 22% di lavoratori dipendenti che lavorano part time, allora vediamo che il dato sull’occupazione è preoccupante» ha proseguito Bravi. Fa riflettere anche l’indice di povertà relativa, dato regionale, misurato dall’Istat: si passa dall’8% del 2014 all’11,8% del 2016. «Un’inversione di tendenza spaventosa – afferma ancora Bravi – perché finora l’Umbria aveva dati inferiori su salari e stipendi, però su questioni di coesione sociale e welfare aveva sempre avuto dati migliori. Sulla povertà superiamo in peggio la media nazionale».

Poveri Per quanto riguarda l’indice di povertà, il calcolo fatto dall’Istat è sulla spesa media, per famiglia, di circa 2.080 euro al mese. Chi spende la metà di quella cifra, 1.040 euro, o meno, viene considerato ‘povero relativo’. «Questo significa che in Umbria ci sono circa 90 mila poveri relativi, 64 mila solo in provincia di Perugia. Nel 2016, in Italia, i consumi sono aumentati del 9% rispetto al 2015,  solo 5 regioni hanno fatto registrare il segno meno, tra cui Umbria, con un risultato negativo in assoluto, -3,7%». C’è poi la questione inflazione: i dati di maggio indicano che in Italia è a 1,2 mentre in Umbria a 0,9. Solo a Perugia si registra -0,1, «una situazione di difficoltà che non permette di far ripartire i consumi»

Petizione Per tutti questi motivi la Cgil si prepara alla mobilitazione, nei prossimi mesi, affinché venga reintrodotta la quarta aliquota fiscale. «Oggi, paradossalmente, chi guadagna di meno paga di più di chi guadagna di più – ha affermato il segretario Ciavaglia – e questo non è possibile. Lanciamo quindi una per sottolineare, alle istituzioni, che una giusta progressività è elemento di uguaglianza rispetto alle condizioni economiche. Su questo vogliamo stimolare il consiglio regionale in primis per riprendere in mano questione fiscale». C’è poi da tenere sott’occhio le tante vertenze «che ci proiettano in un autunno con meno lavoratori. Bisogna ripensare una redistribuzione delle ricchezze – ha concluso Ciavaglia – e tornare a creare opportunità di sviluppo nella nostra regione, perché le risorse da spendere ci sono ma devono essere spese in un progetto integrato che crei una prospettiva da qui a prossimi dieci anni e non da qui alle prossime elezioni».

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