Lavoro in Umbria, ‘match’ Cgil-Paparelli

Per il segretario Ciavaglia «l’assessore sottovaluta la crisi», ma lui replica: «Ad un livello così semplicistico una grande forza sociale non dovrebbe mai scendere»

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L’attacco, portato dal segretario della Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia, è frontale: «L’assessore Paparelli sottovaluta la crisi strutturale che attraversa l’Umbria. Sciorina buoni propositi (crescita dimensionale delle imprese, digitalizzazione, migliore allocazione finanziaria del capitale, eccetera), ma evita di fare un’analisi approfondita su quello che è successo all’Umbria negli ultimi 10 anni». Per Ciavaglia, infatti, «ha poco senso esaltare la crescita del Pil nel 2015 ( +1,9%) dopo una perdita di circa 16 punti dall’inizio della crisi nel 2008», senza considerare poi «che già nel 2016, secondo i più recenti dati Bankitalia, la crescita del Pil è riscesa allo ‘zero virgola’ (+0,6%, meno di un terzo del 2015)».

«Situazione grave» Quindi, secondo il segretario della Camera del lavoro di Perugia, «non siamo difronte, purtroppo, ad una reale inversione di tendenza. La crisi dell’Umbria rimane grave e strutturale, come dimostrano anche i dati sul lavoro, con il tasso di disoccupazione che nel primo trimestre 2017 è risalito al 10,3%,dal 9,7% di fine 2016. Al contempo continua il crollo delle assunzioni a tempo indeterminato (-6%) e le cessazioni, grazie al jobs act, superano le attivazioni. Insomma, l’unico lavoro che si crea è quello precario e sottopagato, ma noi pensiamo che i giovani dell’Umbria meritino un futuro diverso. Si esce dalla crisi se si ha la consapevolezza delle difficoltà, ometterle non serve a nessuno. Serve invece un progetto per il futuro dell’Umbria, un Piano di sviluppo complessivo nell’interesse di tutti i cittadini, che vada oltre le scadenze elettorali e soprattutto oltre l’interesse di parte».

La replica Fabio Paparelli replica a stretto giro: «Al segretario generale della Cgil di Perugia, Filippo Ciavaglia, pur rispettando il suo punto di vista, voglio replicare che è opportuno un confronto di merito sulle questioni dello sviluppo, perché non è con i comunicati stampa contro le istituzioni regionali che si genera lavoro. Troppo delicata e sensibile è la materia del contendere per definire un’azione di governo, frutto di confronti con le parti sociali, come ‘sciorinamento di buoni propositi’ di chi sottovaluta la crisi dell’economia umbra. A questo livello di riflessione, così semplicistico e liquidatorio, una grande forza sociale non dovrebbe mai scendere. Innanzitutto, sarebbe utile capire la posizione di Ciavaglia e quali sono le proposte. Quella della Regione è nota».

Gli investimenti Paparelli, poi, contrattacca: «Partiamo dalla realtà dei fatti e dai numeri di Banca d’Italia, ricordando che la Regione ha investito e continua ad investire risorse straordinarie per lo sviluppo e l’occupazione ed è stata in prima linea per la risoluzione di crisi aziendali importanti non lasciando mai nessun lavoratore da solo. Il rapporto di Banca d’Italia sul 2016 ci consegna un quadro che, sia pure meno positivo rispetto al 2015, mantiene comunque il segno più anche nel 2016 (la stima attuale è di un + 0,9%, non 0,6% come riportato da Ciavaglia) lasciando intravedere trend positivi anche sul 2017. La crescita del PIL per il 2016 che prosegue dopo il record del 2015, il trend dell’occupazione in aumento, il credito che evidenza la riduzione del flusso dei crediti problematici da una parte e, dall’altra, trend positivi in termini di richiesta di nuovi finanziamenti da parte di famiglie ed imprese, il valore dell’export regionale costantemente in crescita non sono segnali sporadici, una convergenza complessiva verso una crescita forse ancora al di sotto delle aspettative, ma comunque, pur sempre di crescita si tratta».

Battaglia di numeri Secondo il vice presidente della Regione, insomma, «Possiamo e dobbiamo quindi avere fiducia nel futuro, nonostante qualche battuta a vuoto e nonostante permangano criticità, poiché la ripresa si consolida. Dopo due anni e mezzo di ciclo sostanzialmente positivo è utile chiederci quali possano essere le condizioni per cui il ritorno ed il consolidarsi della crescita possa anche in Umbria determinare le condizioni per uno sviluppo collocato in un contesto diverso rispetto al passato e con prospettive che possano raccogliere il potenziale rappresentato dal ciclo tecnologico in atto. I dati del rapporto sull’Umbria obiettivamente smentiscono molti di quelli che, ai fini della mera contrapposizione, dipingono uno scenario assai più fosco di quello che risulta dai dati ormai convergenti verso una crescita che ci impegna a collocare anche il ruolo e gli interventi regionali in un contesto diverso e per certi versi radicalmente nuovo».

La produttività Il tema «su cui tutti siamo chiamati anche come governi locali ad operare – prosegue Paparelli – è quello della produttività su cui innestare un sistema integrato con il livello centrale di politiche pubbliche convergenti verso questo obiettivo. Con un taglio che superi il quotidiano concentrando lo sforzo su alcuni macro obiettivi: la crescita dimensionale del sistema imprenditoriale. La produttività è ancora ridotta nel vastissimo mondo della micro e piccola impresa ed è proprio qui che si annida una delle principali cause del ritardo. Imprese più grandi possono infatti, sfruttare le economie di scala e investire in fattori abilitanti quali innovazione e organizzazione aziendale. Una migliore allocazione del capitale finanziario, superare il ritardo nella digitalizzazione del sistema produttivo. Nel nostro Paese ed ancor più in Umbria il gap di produttività è anche spiegato da un bassissimo investimento in capitale e tecnologie digitali. La rivoluzione digitale in questo senso sarà uno strumento potente per il superamento dei limiti della piccola dimensione. L’industria 4.0, le tecnologie e le infrastrutture digitali – grazie a una maggiore capacità di interconnettere e far cooperare le risorse produttive (macchinari e persone ma sempre di più anche dati e informazioni), sia all’interno dei luoghi di produzione, sia lungo l’intera catena di fornitura e di creazione del valore – stanno prepotentemente cambiando non solo il modo di fare impresa e di organizzare il lavoro, consentendo una gestione in real time del processo produttivo, ma stanno anche rivoluzionando i modelli di business, in taluni casi in modo inaspettato e dirompente».

I mercati Per Paparelli occorre «guardare ai mercati internazionali. Dobbiamo infatti uscire dalla sola logica asfittica del mercato domestico per consentire a tutte le imprese che intendano farlo di cimentarsi sull’internazionalizzazione. I dati che da diversi anni ci consegnano un quadro di crescita confermati sia nel 2016 sia nel primo trimestre 2017, non possono che indurre ad un rafforzamento del sistema di politiche pubbliche che abbiamo perseguito in questi anni. Altro obiettivo è qualificare le risorse umane. E’ evidente che senza una nuova qualificazione del fattore umano non vi può essere sviluppo duraturo e sostenibile in un contesto competitivo in cui l’innovazione e la tecnologia sono le determinanti dinamiche dell’economia moderna».

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