Lavoro Umbria, cresce solo quello a termine

I dati dell’osservatorio sul precariato di Inps confermano la tendenza ormai consolidata: sempre meno contratti a tempo indeterminato

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A fare peggio dell’Umbria, nei primi sei mesi del 2017, sono state solo due regioni: il Lazio e la Liguria. Dove le assunzioni a tempo indeterminato sono diminuite, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, in maniera più evidente. Tutto il resto del Paese ha fatto meglio. Visto che il calo, a livello nazionale è stato del 3.8%. InUmbria, a conferma di un trend ormai consolidato, le assunzioni stabili sono invece calate dell’8,8%. A dirlo è l’Inps nel ‘Rapporto sul precariato’ pubblicato venerdì.

IL RAPPORTO INPS DI AGOSTO 2017 (ANCHE NELLA SEZIONE ‘DOCUMENTI’)

I dati aggiornati

Le assunzioni In Umbria le persone che sono state ‘collocate’ nei primi sei mesi dell’anno, aumentano complessivamente del 23%, ma sono soprattutto le assunzioni a termine (29.905 contro 21.572 nel 2016) e quelle per gli apprendisti (2.805 rispetto a 2.267), mentre calano – di poco – quelle stagionali (1.763 contro 1.793). Resta basso il numero di contratti a tempo indeterminato: 5.848 (erano stati 6.412 l’anno scorso,

In Italia Secondo l’Inps «el primo semestre del 2017, nel settore privato, si registra un saldo, tra assunzioni e cessazioni, pari a +945.000, superiore a quello del corrispondente periodo sia del 2016 (+719.000) che del 2015 (817.000).
Riportato su base annua, il saldo consente di misurare la variazione tendenziale delle posizioni di lavoro. Il saldo annualizzato – vale a dire la differenza tra assunzioni e cessazioni negli ultimi dodici mesi – a giugno 2017, risulta positivo, pari a +548.000 e in crescita continua da inizio anno». 

I dettagli Complessivamente «le assunzioni, riferite ai soli datori di lavoro privati, nei mesi di gennaio-giugno 2017 sono risultate 3.547.000, in aumento del 19,4% rispetto a gennaio-giugno 2016. Il maggior contributo è dato dalle assunzioni a tempo determinato (+27,0%) e dall’apprendistato (+27,3%) mentre sono diminuite quelle a tempo indeterminato (-3,8%: questo calo rispetto al 2016 è interamente imputabile alle assunzioni a part time). Tra le assunzioni a tempo determinato, appare significativo l’incremento dei contratti di somministrazione (+20,7%%) e ancora di più quello dei contratti di lavoro a chiamata, che, con riferimento sempre all’arco temporale gennaio-giugno, sono passati da 95.000 (2016) a 214.000 (2017), con un incremento del 126,7%».

Le retribuzioni Quanto alla composizione dei nuovi rapporti di lavoro in base alla retribuzione mensile, «si registra, per le assunzioni a tempo indeterminato intervenute a gennaio-giugno 2017, una riduzione della quota di retribuzioni inferiori a 1.750 euro (55,0% contro 57,6% di gennaio-giugno 2016)».

Offensiva Ires Cgil I dati dell’Osservatorio, secondo la Ires Cgil, «confermano e aggravano l’allarme rispetto al dilagare del lavoro povero e precario in Umbria, dove la situazione si conferma peggiore della media nazionale, già molto pesante e critica. 
Seppure si registra un aumento complessivo delle attivazioni (40.119, a fronte di 29.886 cessazioni), in questo quadro il lavoro a tempo indeterminato crolla. Tenendo conto anche delle trasformazioni da altri contratti (tempo determinato, apprendistato e stagionale) nel primo semestre 2017 il totale di nuovi rapporti a tempo indeterminato (8.031) non raggiunge il 20% del totale dei rapporti di lavoro attivati. Anche in questo caso con un dato peggiore della media nazionale, dove i tempi indeterminati raggiungono la quota, pur estremamente bassa, del 24,7%. È evidente che occorre ridare dignità al lavoro e che il futuro non può essere rappresentato dal dilagare del lavoro precario e povero. La narrazione per la quale i contratti a termine sono solo una porta d’ingresso per un lavoro stabile si infrange sul muro di una realtà che ci dice che si rischia di stabilizzare la precarietà. Tutto questo va profondamente e rapidamente modificato«.

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