Lotta alle leucemie, umbro protagonista

Matteo Marchesini, di Montecchio, si è distinto negli Usa per uno studio che ha coinvolto le università di Parma e Perugia

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di Federica Liberotti

C’è anche un cervello umbro tra i ricercatori impegnati nella lotta ai tumori e alle leucemie che si sono distinti al 61° congresso dell’Ash, l’American society of hematology, in corso fino a martedì ad Orlando, in Florida. Matteo Marchesini, 39enne originario di Montecchio (Terni), biologo ad indirizzo molecolare del dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Parma, è stato infatti premiato in quanto autore del miglior testo di ricerca (abstract achievment reward) in merito ad una patologia tristemente diffusa tra i bambini e aggressiva per gli adulti, la leucemia linfoblastica di tipo T.

Battaglia da vincere, italiani in prima linea

«È il quarto premio che ricevo in occasione di questo meeting annuale – spiega lo stesso Marchesini dagli Stati Uniti -, ma questa volta la soddisfazione è maggiore perché è stato ottenuto con un lavoro totalmente italiano, che ha saputo distinguersi in un processo di selezione molto competitivo, dimostrando dunque un livello molto alto». La ricerca che ha visto protagonista il 39enne umbro – di lui si è occupata pure La Repubblica – è stata infatti coordinata dal professor Giovanni Roti, docente di malattie del sangue al dipartimento di medicina e chirurgia dell’Università di Parma, e ha coinvolto anche l’Università di Perugia. Il gruppo ha compiuto uno screening su 191 mila molecole per trovare una via di inibizione ad un fattore di trascrizione alterato (una proteina) riscontrato in molti tipi di tumore. «Questo fattore di trascrizione – spiega Marchesini – molecolarmente agisce in via conosciuta, ma mai approcciata farmacologicamente». Dallo screening è stato identificato un ‘candidato’ e condotti studi in modelli preclinici che, continuando sulla strada della ricerca e compiendo test sui pazienti, potrebbero portare ad una terapia. «È solo un primo passo – sottolinea Marchesini -, ma si tratta di un progetto di impatto importante per un ampio spettro di patologie tumorali, non solo la leucemia linfoblastica di tipo T».

Montecchio nel cuore

Marchesini ha lasciato Montecchio ormai una ventina di anni fa – «qui ho frequentato le medie, mentre le elementari le ho fatte a Melezzole, la frazione dove vive la mia famiglia» spiega -, quando, finito il liceo scientifico a Todi, si è iscritto alla facoltà di biologia dell’Università di Perugia. Nel capoluogo umbro ha conseguito anche il dottorato, poi il trasferimento a Milano, presso i laboratori dell’Istituto europeo di oncologia e, per 5 anni, l’esperienza per un post-dottorato presso l’Md Anderson Cancer Center di Houston (Texas), uno dei maggiori centri del settore a livello mondiale. Nel 2017 la scelta di tornare in Italia, iniziando a lavorare all’Università di Parma. Dunque un cervello di ritorno. «Ho scelto di provarci – spiega ancora il biologo -, pur nelle difficoltà che attraversa la ricerca nel nostro Paese. Una scelta non semplice, ma presa anche per motivazioni personali, visto che sono legatissimo all’Italia e alla mia casa. Per il momento sono molto soddisfatto, in futuro vedremo». Molto soddisfatto dei risultati raggiunti da un suo concittadino «in giro per il mondo e su un tema così delicato» anche il sindaco di Montecchio, Federico Gori. «Questo riconoscimento ottenuto da Matteo mi fa molto piacere – commenta il primo cittadino -, perché essendo quasi un suo coetaneo colgo la sua particolare propensione all’aiuto, in termini di ricerca, in una società al contrario sempre più volta all’individualismo e all’egoismo. Il fatto di avere un giovane del territorio, come tanti altri, che si impegna in temi così importanti ci rende molto orgogliosi».

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