Perugia, Han e Choe: intrigo internazionale

I due gioiellini sono sotto controllo del governo dopo un’interrogazione parlamentare: c’è rischio di violazione dell’embargo alla Corea

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di P.C.

Ci sono di mezzo due giovani calciatori, ma non si parla di calcio. O almeno non solo. Si parla di contratti, autorizzazioni, bonifici, intermediari. E sullo sfondo ci sono temi e concetti ancora più grossi, che vanno ben oltre un campo di pallone e riguardano invece la politica internazionale, i diritti umani, la libertà personale e di espressione, il riarmo atomico. Insomma, temi che sembrano più appropriati per uno di quei film di spie ambientati in un paese dell’est nel periodo della guerra fredda. E invece ci troviamo ad affrontarli qui ed ora, a Perugia, nel 2017.

HAN E CHOE GOLEADOR NELLA FINALE DELLA COPPA D’ASIA UNDER 16 – VIDEO

perugia allenamento han e monaco (choe sullo sfondo)

Han dopo l’allenamento

Dalla Corea con passione Di mezzo ci sono due ragazzi che vogliono solo giocare a pallone. E hanno ottime qualità: possono diventare dei campioni, se riescono a pensare solo al rettangolo verde. Si chiamano Han Kwang-Song e Choe Song Hyok, hanno 19 anni e vengono dalla Corea del Nord, paese asiatico che negli ultimi mesi siamo ormai abituati a vedere nei Tg per i test nucleari e le prese di posizione del suo presidente, Kim Jong-un.

Aiuti indebiti? Proprio per i suoi test nucleari, la Corea del Nord è attualmente soggetta a embargo economico da parte di Usa, Cina e Unione Europea, quindi anche dal nostro Paese. Ciò significa che non si possono intrattenere relazioni commerciali che in qualche modo finanzino quel governo. E qui veniamo al punto: l’arrivo di calciatori nordcoreani, acquistati e messi sotto contratto da squadre italiane (ma non solo: ce ne sono diversi in Europa), costituisce violazione di embargo?

Kim Jong Un con la nazionale

Interrogazione Se lo sono chiesti ormai diversi mesi fa i deputati Michele Nicoletti e Lia Quartapelle, firmatari di due interrogazioni parlamentari sul tema: «L’organo di governo del calcio nella Corea del Nord è la DPR Korea Football Association, la Federazione nordcoreana di calcio; essa, come tutte le istituzioni di Pyongyang, dipende dal Governo di Kim Jong-un», scrivono i deputati nelle interrogazioni, ricordando fra l’altro che il segretario generale della Federazione nordcoreana di calcio «si è recato in Italia nel mese di gennaio 2016 per discutere dei contratti e delle condizioni di permanenza dei giocatori nordcoreani nel nostro Paese». Insomma, secondo loro, con l’arrivo dei due nordcoreani nel calcio italiano c’entra il governo della Corea del Nord.

Dove va il salario Il problema di un eventuale aiuto economico non riguarda solo l’acquisto dei calciatori, ma anche e soprattutto lo stipendio che viene loro versato. Infatti, secondo lo studio «Human Rights and North Korea’s Overseas Labor: Dilemmas and Policy Challenges», pubblicato nel maggio del 2015 dal Database center for North Korean Human Rights e citato nelle interrogazioni parlamentari, «nessun nordcoreano che lavori fuori dai confini nazionali può tenere per sé lo stipendio»: «Il rapporto – puntualizzano i parlamentari – sostiene in particolare che le politiche di indottrinamento e le misure di sorveglianza valgono a maggior ragione per i nordcoreani che si trovano all’estero, a cui vengono normalmente negati contatti con la stampa, mentre le relazioni con i colleghi stranieri sono limitate a quanto strettamente necessario per l’effettiva esecuzione del lavoro».

L’italiano di Choe Questo vale per i lavoratori oggetto dello studio. Non è detto valga anche per gli altri. Ad onor del vero, dobbiamo dire infatti che a Perugia tutte queste limitazioni contenute nel rapporto non le abbiamo percepite: Han ha tenuto una conferenza stampa di presentazione, in cui – è vero – ha parlato poco, ma la sensazione era che le sue difficoltà di espressione fossero legate alla scarsa conoscenza dell’italiano. Viceversa, Choe parla molto bene l’italiano, a differenza delle voci circolate in sala stampa secondo cui la sua mancata presentazione ufficiale, nonostante sia arrivato da oltre un mese, fosse addebitabile a problemi di comprensione delle domande. Abbiamo scoperto che non è così.

Il precedente a Firenze Piccola curiosità: non è la prima volta che questo accade. Anche nel periodo nella Fiorentina, il fantasista era tenuto in un’ampolla di vetro, senza contatti con la stampa, seguito sempre da un tutor. E anche allora si diceva che il motivo fosse legato alla sua presunta scarsa conoscenza dell’italiano. Ma in un articolo del marzo 2016, Giulia Pompili sul Foglio, faceva notare una apparente incongruenza: «Choe, però, ha frequentato la scuola d’italiano, altri giornali sportivi scrivono che parla italiano e chi lo ha visto giocare dice che sembra capire bene le indicazioni del mister, Federico Guidi».

perugia allenamento CHOE ok

Choe Song Hyok

Bravo nei dribbling Come mai quindi non è stato presentato ufficialmente, né a Firenze né a Perugia? Non è dato saperlo. Di certo Choe parla bene italiano. Non solo: lo parla in modo spedito, è simpatico e sveglio. Perfettamente in grado di gestire una conferenza stampa (comunque molto meglio di tanti calciatori, allenatori e addetti ai lavori che abbiamo visto all’opera). Lo sappiamo perché lo abbiamo incrociato per caso a Pian di Massiano in questi giorni. Ci siamo fatti una piccola chiacchierata generica e poi abbiamo provato a fargli qualche domanda più specifica, ma lui è stato bravissimo a dribblarle tutte: «Parlate con il mio agente, vi dirà tutto lui». Insomma, il ragazzo ci sa fare anche con le parole, oltre che col pallone.

Han fotomodello Pochi minuti dopo è passato anche Han: gli abbiamo chiesto una foto e Monaco, suo compagno di squadra, lo ha preso in giro per il modo in cui si metteva in posa. Insomma, per quel poco che ci è stato consentito, abbiamo assistito a comportamenti normalissimi per dei ragazzi di quella età. Comportamenti che confermano come i due nordcoreani sembra si stiano integrando bene con il gruppo italiano, nonostante la giovanissima età, le differenze culturali e la fisiologica timidezza che può avere qualsiasi 19enne al primo impatto con un ambiente nuovo. Han e Choe parlano liberamente sia con i compagni che con gli estranei e non si segnalano ’eminenze grige’ alle loro calcagna, eccezion fatta per Alessandro Dominici, che però è italianissimo e di mestiere fa l’agente e il talent scout.

Alessandro Dominici È titolare della Italian Soccer Management, società specializzata nella ricerca e nella formazione di giovani talenti, che ha sede a Corciano, a un tiro di schioppo dallo stadio Curi. È stato lui a portare in Italia i nordcoreani, precisamente a Perugia, nel 2014: li ha fatti allenare e li ha fatti studiare alla Stranieri. Sacrosanto che gli stia vicino, quindi, soprattutto nei primi tempi: «Siamo la loro famiglia», ci dice al telefono. E infatti, quasi come un papà, confessa di esserci rimasto un po’ male quando Han, in conferenza stampa, ha dimostrato tante difficoltà con l’italiano: «Lo abbiamo fatto studiare, mi ricordavo che parlasse in modo molto più spedito; a Cagliari è peggiorato da questo punto di vista». Migliorato invece il suo feeling col gol: in rossoblù ha trovato il primo gol in serie A, entrando a suo modo nella storia come il primo calciatore nordcoreano ad aver segnato una rete nel massimo campionato italiano.

perugia allenamento Han

Han Kwang-Song

Con Razzi in Corea Dominici – lo ricorda sempre la Pompili sul Foglio, nell’articolo che poi ha portato all’interrogazione parlamentare – faceva parte della delegazione italiana che, guidata dal senatore Antonio Razzi, si recò in Corea del Nord nel 2014 per tessere relazioni diplomatiche e calcistiche col governo locale. Fu in quella occasione che nacquero i rapporti fra l’allora neonata accademia di calcio perugina e la federazione nordcoreana di calcio, che poi portarono alle trasferte dei giovani calciatori asiatici in Italia (e in Spagna), per volontà del governo di Pyongyang.

Stage decisivo per la Coppa d’Asia I primi arrivarono a fine 2014: una decina, fra loro anche Choe e Han, i più talentuosi del gruppo. Le regole Fifa sul trasferimento dei minorenni però impediscono di mettere sotto contratto giovani minorenni extracomunitari. Per questo motivo, ufficialmente, i ragazzi erano qui per motivi di studio. E studiavano, in effetti: calcio e italiano. Il portale Chollima Football Fans – specializzato proprio sul calcio nordcoreano – in occasione della morte di Kim Chun Guk, ambasciatore coreano in Italia venuto a mancare nel febbraio del 2016, ha sottolineato che «l’accordo con la scuola perugina dell’Italian Soccer Management ha contribuito alla vittoria della nazionale nordcoreana nel campionato di calcio asiatico under 16 e alla qualificazione ai quarti della coppa del mondo under 17». Guarda caso, proprio Han e Choe segnarono i gol vittoria nella finale contro la Corea del Sud.

Razzi in Corea con la maglia di Han

Ritorno a casa Ma l’esperienza italiana fu importante anche dal punto di vista umano, tanto che Han, durante la presentazione ufficiale, ha detto: «Sono felice di tornare a casa». Non è un caso, quindi, che per la loro definitiva consacrazione nel calcio che conta i due nordcoreani abbiano scelto proprio Perugia. Han arriva (in prestito con diritto di opzione e contro opzione) sull’onda dell’entusiasmo e con l’etichetta del predestinato, Choe un po’ abbacchiato per la brutta esperienza di Firenze, dove gli hanno fatto firmare un contratto senza depositarlo. C’è ancora una vertenza in corso con i viola, che intanto però lo hanno lasciato libero di accasarsi al Perugia (contratto triennale).

Limitazioni e divisioni Ma torniamo all’interrogazione parlamentare: «Sempre secondo il sopracitato studio – si legge sul sito della Camera – sono fortemente limitate le comunicazioni con la Corea del Nord, che possono avvenire solo parzialmente e per corrispondenza. Sono infine vietati l’utilizzo dei social network e l’accesso ad internet; appena arrivano in territorio straniero, ai nordcoreani vengono confiscati i documenti. In questo modo, se si allontanano dal luogo di lavoro, non possono provare la propria identità; per quanto riguarda il contratto di lavoro, solitamente l’azienda o la società che li assume contatta le autorità nordcoreane (nel caso del calcio, la Federazione nordcoreana di calcio). Pare che, in media, il 70 per cento dello stipendio debba essere devoluto all’autorità, mentre solo il 30 per cento resta al dipendente. Una parte di quest’ultima percentuale, tra l’altro, è utilizzata per sostenere il partito al governo. Tale sostegno è obbligatorio per ogni cittadino nordcoreano».

Una parte allo Stato Nello studio (le cui stime – va ricordato – si basano su interviste effettuate a una ventina di lavoratori nordcoreani) si evidenzia come, grazie a questo meccanismo, il governo di Pyongyang potrebbe aver racimolato fino a 2 miliardi di dollari. E parliamo di lavoratori normali, con stipendi normali. Se ciò fosse vero e se dovesse continuare accadere anche con i calciatori, visti i loro lauti stipendi, le cifre potrebbero aumentare vertiginosamente nei prossimi anni. E non è un’ipotesi peregrina. Basti pensare che – secondo gli addetti ai lavori – i due giovani attaccanti del Perugia potrebbero fare un’ottima carriera, anche ad altissimi livelli, in squadre dove si possono guadagnare cifre stratosferiche. Ma, alla fine di tutta questa storia, manca la risposta alla domanda chiave: «È vero i lavoratori nordcoreani (in generale) e i calciatori (in particolare) girano una parte del loro compenso al loro governo?».

«Rispettata la legge italiana» In attesa della risposta dell’ambasciata della Repubblica Popolare Democratica di Corea a Roma e del Perugia Calcio, cui abbiamo chiesto informazioni in quanto parti direttamente interessate, una prima risposta è intanto arrivata proprio da Alessandro Dominici: «Han e Choe sono lavoratori stranieri su suolo italiano, pertanto rispettano le leggi italiane, gli stipendi sono tracciati e vengono versati nel rispetto dei regolamenti direttamente su un conto a loro intestato e sulla somma ricevuta pagano le tasse in Italia, come qualsiasi altro calciatore». Poi aggiunge: «Questa è la stessa risposta che le darà anche il Perugia; non potrebbe risponderle diversamente, visto che i bonifici sono controllati dalla Figc». Chiaro quindi: i soldi passano direttamente dalla società di calcio (ora il Perugia, prima erano Cagliari e Fiorentina) al calciatore, tramite conto corrente. Prima di arrivare al calciatore non seguono altre strade. Poi – aggiungiamo noi – ciò che accade dopo non lo sappiamo: sono questioni che, in teoria, riguardano solo il calciatore, che dei suoi soldi fa ciò che vuole. In ogni caso, la società titolare del cartellino sarebbe estranea ad ogni eventuale addebito.

Illeciti difficili da provare Sarebbe davvero difficile provare un eventuale aiuto indebito nel caso in cui – ad esempio (ma è solo un’ipotesi) – i ragazzi spediscano soldi a casa, come fanno tutti gli immigrati che lavorano in Italia. Ancor più difficile se tale operazione avvenisse tramite intermediari. Di certo c’è che il Governo Italiano ha promesso di indagare: lo ha scritto anche il sottosegretario Benedetto Della Vedova nella sua risposta scritta all’interrogazione parlamentare, arrivata lo scorso 25 maggio (un anno dopo la prima richiesta di chiarimento in aula presentata da Nicoletti).

Svincolati Appurato che sia Choe che Han sono arrivati in Italia da calciatori svincolati e quindi sono stati tesserati dalle rispettive squadre (Fiorentina e Cagliari) senza che venisse pagato il prezzo del cartellino alle società coreane dove militavano in precedenza; appurato inoltre che – nonostante entrambi avessero sottoscritto un contratto – non avevano ancora ricevuto stipendi; Della Vedova assicura che «gli ingaggi di calciatori nordcoreani presso società calcistiche italiane sono stati oggetto di segnalazione da parte del Ministero degli Esteri al Comitato di Sicurezza Finanziaria (organismo interministeriale competente per l’attuazione delle sanzioni finanziarie adottate dalle Nazioni Unite e dall’Unione Europea) affinché possa essere esercitata la necessaria ed opportuna vigilanza sulla compatibilità con il quadro sanzionatorio vigente verso la Corea del Nord». E, nel chiudere l’intervento, il sottosegretario ha annunciato che «il Governo continuerà a monitorare attentamente tutte le transazioni finanziarie concernenti l’ingaggio di calciatori nord-coreani da parte di club italiani».

Non solo soldi Oltre all’aspetto economico c’è quello delle libertà individuali: «L’interrogazione non riguardava solamente gli aspetti contrattuali – ha dichiarato Nicoletti – ma anche il rispetto delle libertà e dei diritti fondamentali», sui quali il governo è stato chiamato a vigilare: come e quando, lo scopriremo presto.

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