Perugina, i dettagli dell’accordo quadro

Ecco cosa dice – punto per punto – l’accordo del 2016 e sul quale la Nestlé e i sindacati si stanno dando battaglia da mesi

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di P.C.

I sindacati accusano («accordo non rispettato»), Nestlé risponde («esuberi previsti»), i sindacati rilanciano («bugiardi»), Nestlé puntualizza («no, voi mentite). Al centro di questo botta e risposta c’è l’accordo quadro firmato il 7 aprile 2016 a Perugia nella sede di Confindustria Umbra e salutato da tutti come la soluzione dei problemi dello stabilimento Perugina di San Sisto, per l’azienda e per i lavoratori, che lo approvarono a larga maggioranza. Poi, però, è successo il patatrac, con la rottura e l’annuncio degli esuberi, che ha portato agli scioperi, che avranno il loro acme nella manifestazione programmata per sabato, in vista dell’incontro in Confindustria, venerdì 13.

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Il confronto a Montecitorio

Tante firme Nell’ultima conferenza stampa, in Regione, i sindacalisti al tavolo sventolavano in continuazione le pagine dell’accordo davanti alle telecamere: 4 pagine stampate in caratteri piccoli piene di sigle. Tanti i firmatari del documento. La Nestlé era rappresentata da Francois Pointet, Stefano Di Giulio, Elena Savinelli e Gianluigi Toia, assistiti da Confindustria Umbria nella persona di Alberto Arata. In rappresentanza dei lavoratori c’erano le segreterie provinciali e le strutture nazionali di Flai Cisl, Flai Cgil, Uila Uil: Dario Bruschi, Michele Greco, Daniele Marcaccioli, Giorgio Galbusera, Armando Savignano, Mauro Macchesi, Angelo Paolella e Pietro Pellegrini.

ECCO IL TESTO DELL’ACCORDO, PUBBLICATO DA UMBRIAON – DOCUMENTI

L’importanza delle premesse «Ci sono 4 pagine di premesse e di impegni di rilancio prima di arrivare a parlare di ricollocazioni – urlavano i sindacalisti nell’ultimo incontro con la stampa, sventolando il documento – e comunque si parlava di soluzioni eventuali, su base volontaria, come ultima ipotesi, qualora non si riuscisse a trovare una soluzione per tutti. Minacciare 365 esuberi e far passare questa cosa come condivisa con i sindacati è una operazione che non condividiamo. Non c’è altro da aggiungere». Per questo motivo, sabato è prevista una grande manifestazione per la Perugina, a cui parteciperà anche Maurizio Landini.

L’ultimo incontro in Regione

Extrema ratio In effetti, a leggerlo, seppur di sfuggita, l’eventualità di esuberi e licenziamenti si paventa solo nell’ultima pagina. E comunque sotto forma di «processi di riconversione e ricollocazione esterna», come vengono elegantemente definiti nel titolo del paragrafetto. In pratica, durante la messa in atto del piano di rilancio industriale, esaurito il trattamento straordinario di integrazione salariale (che scade a giugno 2018), siccome la fabbrica cambia, il lavoro operai che c’era prima non serve più, almeno non fatto in quel modo. Serve quindi un operai che sappia fare cose diverse. Da qui il ricorso (innanzitutto) ai «processi di riconversione e ricollocazione professionale interna» (attraverso la frequenza di corsi di formazione e aggiornamento in relazione alle nuove attrezzature e attraverso la possibilità di riportare sotto la competenza diretta di Nestlé determinate mansioni – ad esempio le pulizie – che in questo momento sono appaltati a ditte esterne). Poi, in secondo luogo, anzi come extrema ratio, la famosa «ricollocazione esterna».

Le modalità della ricollocazione «Coerentemente con il progressivo ridisegno delle attività e nel rispetto delle esigenze tecnico organizzative dell’unità di San Sisto, eventuali (da notare: eventuali; ndr) opportunità occupazionali disponibili sul territorio saranno rese note a tutti i lavoratori tramite una società specializzata nella ricollocazione professionale. Al lavoratore che volontariamente (da notare: volontariamente; ndr) opti per una ricollocazione esterna sarà assicurato: il supporto organizzativo da parte di una primaria società specializzata in processi di outplacement e di sviluppo dell’autoimprenditorialità; l’erogazione di incentivi all’esodo». Che significa? Che chi vuole andar via può farlo e, per ringraziarlo, Nestlé gli dà un incentivo (al momento si parla di 60mila euro lordi) e lo aiuta a trovare lavoro o a crearsi una sua attività imprenditoriale. Ma solo chi vuole: questo è il punto. Infine, nei casi in cui è possibile farlo, c’è l’opzione prepensionamento.

L’INCONTRO AL MINISTERO LO SCORSO LUGLIO

Nessun licenziamento di massa Il passaggio più importante per i lavoratori è esattamente a metà documento: «Durante il periodo di progressiva implementazione del piano di riorganizzazione, l’azienda non adotterà azioni unilaterali di licenziamento collettivo». In favore dei lavoratori che risulteranno anche temporaneamente in esubero in relazione alle esigenze tecnico produttive, viene poi aggiunto, saranno adottate due tipologie di misure: contratto di solidarietà fino al 31 agosto 2016, trattamento straordinario di integrazione salariale fino al 30 giugno 2018. E poi? Quello che accadrà dopo il primo luglio non è scritto, segno che l’azienda (forse bluffando, non lo sappiamo) e i sindacati erano fiduciosi, dando per scontato che il piano non avrebbe portato a esuberi che comunque, lo dice l’accordo, dovevano essere extrema ratio e gestiti con ricollocazioni (interne o esterne) o prepensionamenti.

Sarà sciopero

Il piano industriale: la destagionalizzazione Ma prima delle ricollocazioni – interne o esterne che siano – ci sono tre pagine che parlano di tutt’altro. Confermano il ruolo di riferimento di San Sisto come polo produttivo, annunciano ingenti investimenti per il rilancio della fabbrica, fissano precisi obiettivi di crescita nelle produzioni a base cioccolato, sia per il mercato interno che per quello estero, che – sempre a leggere il documento firmato da Nestlé e sindacati – offre «interessanti opportunità di progressiva destagionalizzazione delle produzioni». In pratica, visto che il cioccolato si mangia prevalentemente nei mesi freddi, la fabbrica finora era stata strutturata in modo tale da aumentare i carichi di lavoro in determinati periodi dell’anno. Il piano, invece, puntava a vendere il cioccolato anche all’estero dove fa freddo quando in Italia fa caldo e quindi mangiano cioccolato. Altra azione per contrastare la ‘stagionalità’ sarebbe stata la produzione del biscotto per il gelato alle consociate della zona ‘Emena’ (che è un acronimo per indicare – in inglese – Europe, Middle East and North Africa).

La riorganizzazione Questo è il paragrafo che ha più termini stranieri: «Il piano, oltre all’automazione e al rinnovamento tecnologico delle linee produttive, prevede l’introduzione e la progressiva diffusione di un nuovo modello organizzativo lean che – in particolare – caratterizzerà il nuovo reparto confiserie a vocazione internazionale, un reparto core per il successo della strategia di posizionamento internazionale di Baci Perugina, che dovrà veicolare immagine e contenuti di qualità, eccellenza, eleganza, e artigianalità tipici del made in Italy». Confezioni fatte in Italia, accordo scritto in inglese. Sarà per questo che non si capiscono?

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