Agricoltura, proteste per contributi e Psr

Agea ancora nell’occhio del ciclone per i ritardi nei pagamenti, che provocano danni a tutta la filiera. La proposta di Fabio Rossi. Al Broletto la protesta dei produttori di biologico

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Continuano le polemiche sui mancati o (nei casi più fortunati) tardivi pagamenti di Agea – l’agenzia per le erogazioni in agricoltura – dei contributi agricoli. Sul tema interviene Confagricoltura, che chiede l’apertura di uno sportello in Umbria per facilitare le aziende agricole nella presentazione delle domande di contributo e per risolvere con maggiore celerità le problematiche che ne impediscono il pagamento.

Fabio Rossi, Confagricoltura Umbria

Rossi: «Stanchi di aspettare» «Fin dal settembre dell’anno scorso – ha ricordato il Presidente di Confagricoltura Umbria Fabio Rossi – uno degli impegni presi è stato proprio quello di mettere Confagricoltura e le altre organizzazioni in condizione di individuare le anomalie nelle domande di contributo che ne ritardano o addirittura bloccano il pagamento, dando alle stesse organizzazioni sul territorio la possibilità di intervenire, adeguando o integrando la domanda stessa al fine di facilitare e rendere più veloce il pagamento dei contributi. Ad oggi nulla di tutto questo è stato fatto e, ancora una volta, AGEA -dopo nove mesi- si limita a dirci “che è quasi tutto pronto per attivare questo servizio e nel breve sarà messo a disposizione».

«Agea si assuma responsabilità» Dopo i solleciti dell’assessore regionale Fernanda Cecchini e le proteste di agricoltori e allevatori – che furono raccolte anche dai Cinque Stelle – i rappresentanti di Agea vennero sul territorio per incontrare le istituzioni e gli imprenditori. Ma per Confagricoltura Umbria quell’incontro è stato insoddisfacente «per la mancanza di assunzioni di responsabilità, di impegni generici, più volte presi, anche negli incontri del settembre 2017 e di febbraio 2018, e mai finora rispettati».

Ritardi creano incertezze Secondo l’organizzazione sindacale la situazione è grave, con un progressivo accumularsi di anni di ritardo nei pagamenti per le aziende locali, anche più strutturate, con dipendenti, con fatturati importanti, che cercano di stare sul mercato. Ritardi che, a cascata, creano ulteriori incertezze per il futuro stesso delle aziende e “inquinano” il rapporto con le banche, dando vita ad un circolo vizioso a danno delle imprese agricole. A ciò si deve aggiungere – come è emerso chiaramente dagli interventi nel corso dell’ultimo incontro – un dialogo che viene definito «difficile ed inadeguato» tra Regione dell’Umbria ed Agea, di cui a fare le spese – ancora una volta – sono le aziende. Eppure, il costo di Agea per il nostro Paese – ha denunciato Confagricoltura – è pari a 450 milioni di euro in 9 anni, come è stato accertato nel 2015 da una commissione parlamentare d’inchiesta, ovvero una cifra equivalente ai PSR della regione Liguria e Basilicata.

Il sit-in al Broletto

Fave e pecorino in Regione Intanto i produttori agricoli del biologico si sono ritrovati al Broletto, sede dell’assessorato regionale all’Agricoltura, per una simbolica protesta durante la quale hanno distribuito ai presenti fave e pecorino. A promuovere l’iniziativa Aiab e Probio, in concomitanza con il Tavolo verde, in corso in contemporanea, che discuteva sul Psr 2014 – 2020 le ragioni di un settore che si sente penalizzato dall’applicazione della misura 11. «L’agricoltura del futuro, anzi del presente, punta decisamente sulle produzioni biologiche – fanno sapere i proponenti – ha segnato in un quindicennio, in termini di valore monetario, un incremento medio annuo del 19,5%. Risultati resi possibili anche dalle scelte delle regioni nei loro programmi di sviluppo rurale. Ma l’Umbria – denunciano le associazioni – si trova in netta controtendenza».

I dati Sono questi alcuni dei motivi che fanno dell’Umbria l’unica regione dove non aumenta il numero totale di operatori bio (-21,3% contro un +20,4 di media nazionale). A fronte di circa 370 cancellazioni ne sono entrate circa 40 medio grandi che hanno portato nello stesso periodo mantengono il saldo in negative. Le superfici coltivate a bio a +10,2% con altri 3.526 ettari (2016 su 2015). Un indice pari alla metà della media nazionale che, incrociato con l’andamento delle iscrizioni, rivela la sostituzione delle piccolo aziende da parte di realtà di media grandezza (70 – 100 ettari).

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