Risparmi di una vita bloccati: parte la causa

Terni, un pensionato 79enne ha cercato di liquidare quanto investito a suo tempo. Niente da fare: parte la causa civile alla banca

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Investire una bella somma, tutti i risparmi della propria vita, e non solo vedersela ridurre quasi all’osso, nonostante si fosse scelto a suo tempo un profilo di ‘basso rischio’, ma non avere neanche la possibilità di liquidarla, tornando in possesso di ciò che è rimasto. Il tutto quando, oltre all’età che avanza, si è anche alle prese con una malattia che richiede soldi, pazienza ed energie. Tutto ciò accade ad un 79enne di Terni, ex rappresentante di commercio che, alla fine e dopo vari tentativi, si è visto costretto ad avviare un’azione civile nei confronti della Cassa di Risparmio di Orvieto, chiedendo al tribunale di Terni – fra le altre cose – la risoluzione del contratto con la restituzione di quanto perso ed il risarcimento dei danni patiti in seguito alla condotta dell’istituto di credito. Il tutto attraverso un avvocato ternano, Federico Mattiangeli, che in tema di diritto finanziario – fra vicende come quelle dei bond argentini, Parmalat, Cirio, Madoff e Lehman Brothers – ha maturato un’esperienza fatta di centinaia di azioni legali in favore di altrettanti risparmiatori beffati.

Investimento ‘sicuro’

Certo di ricevere un’assistenza competente, sicura e disinteressata in fatto di investimenti, nel 2009 l’ex agente di commercio ternano – che all’epoca aveva 70 anni – aveva contattato la banca di cui era cliente, la Banca Popolare di Bari, indicando una propensione al rischio ‘bassa’ e l’obiettivo di mantenere intatto il capitale. Da qui la proposta di diventare socio ed acquistare titoli. Cosa che lui fece in più tranche, fino ad un ammontare di quasi 183 mila euro, anche attraverso la ‘sorella’ Cassa di Risparmio di Orvieto che era compresa nello stesso gruppo della BpB. A corredo, le rassicurazioni ricevute sul mantenimento del capitale e la sicurezza dell’investimento.

L’avvocato Federico Mattiangeli

«Non si possono vendere»

Quando con il passare degli anni il pensionato si è trovato a dover fare fronte ad esigenze finanziarie del tutto comprensibili, sono iniziate le prime difficoltà. Alla richiesta di liquidare le azioni, esternata alla filiale che nel frattempo era diventata a tutti gli effetti Cassa di Risparmio di Orvieto, per un certo periodo di tempo erano giunte repliche vaghe, ‘prese di tempo’. Fino a quando – nel 2016 – non gli era stato spiegato che le azioni della Banca Popolare di Bari non erano quotate regolarmente nella Borsa Italiana e la vendita delle stesse non poteva essere immediata, dovendo sottostare ad una serie di regole e condizioni poste dalla banca stessa.

Le ragioni della battaglia

«In pratica – spiega l’avvocato Mattiangeli – vengono definiti titoli ‘illiquidi’, che comportano cioè delle forti difficoltà nello smobilizzo. Per questo leggi e regolamenti prevedono delle cautele e delle prescrizioni per la banca che li colloca. In particolare obblighi di informativa, intesa come la necessità di far comprendere al cliente le caratteristiche del prodotto e consentirgli un acquisto consapevole, e obblighi di valutazione di adeguatezza e appropriatezza dell’investimento in base alle caratteristiche dell’investitore. Nel caso specifico il cliente aveva dichiarato di avere un propensione al rischio ‘bassa’ e di voler ‘proteggere il capitale nel tempo’ e quindi l’investimento era del tutto inadeguato, almeno stando alla giurisprudenza formatasi sul punto». Da qui la decisione di intraprendere una causa civile in tribunale: scelta a cui presto potrebbero accordarsi diversi altri risparmiatori, anche ternani, nelle stesse condizioni del 79enne ‘beffato’.

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