San Gemini, S. Egidio: «Non costruire»

Il comitato in difesa dell’area torna a farsi sentire: «Verrà presentato nuovo progetto da realizzare sopra i reperti archeologici. Soluzione improponibile»

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Non si arrendono, perché quell’area secondo loro «deve essere vincolata come archeologica ed essere fruibile al pubblico». Si parla della zona ex chiesa di Sant’Egidio a San Gemini, oggetto di discussione tra il locale comitato, la Regione, la Sovrintendenza e il Comune: «Abbiamo recepito – fanno presente i residenti dell’area – che verrà presentato un nuovo progetto da realizzare sopra i reperti archeologici e quest’ultimi saranno interamente reinterrati. Soluzione improponibile».

L’ultima puntata della vicenda risaliva allo scorso gennaio, quando la Sovrintendenza dell’Umbria sospese i lavori – ristrutturazione edilizia in via della Rocca, che coinvolgeva anche il complesso di palazzo Calori – in corso a causa del ritrovamento di alcuni resti della cinta muraria medioevale del borgo umbro. Una parziale vittoria per il comitato a difesa dell’area ex chiesa di Sant’Egidio che, tuttavia, a distanza di tre mesi torna a farsi sentire.

La missiva a vuoto A fine marzo il comitato aveva chiesto ulteriori delucidazioni alle istituzioni per lo sviluppo della situazione ma – ed è per questo che si rifanno vivi – di risposte neanche l’ombra: «Si rinnova la richiesta – si legge – di intervento per evitare che sull’area venga rilasciata l’autorizzazione per la costruzione di un nuovo immobile. Alla luce degli scavi eseguiti ed ai numerosi reperti archeologici rinvenuti, riteniamo al fine di salvaguardare l’area, che non vi sono le condizioni per costruire; rimane difficile comprendere come sia stato possibile concedere l’autorizzazione, sia da parte del Comune che da parte della Sovrintendenza, quando nel 2015 sulla stessa area, su richiesta della Fondazione ‘Museo dell’Opera di Guido Calori’ la Sovrintendenza stessa ha concesso l’autorizzazione agli scavi archeologici, per approfondire, quanto già era emerso da varie ricerche sull’area dei resti della chiesa di S. Egidio e delle strutture murarie. All’autorizzazione della Sovrintendenza non è stato dato seguito dal presidente della Fondazione, perché sicuramente incompatibile con la successiva richiesta di concessione edilizia di ristrutturazione dell’area. I reperti sino ad oggi ritrovati, attestano che l’area riveste sicuramente un carattere storico, culturale, ambientale e paesaggistico (all’interno del centro storico di San Gemini) che non può essere degradato con una nuova costruzione, superando tutte le norme e leggi che dovrebbero tutelarla (legge regionale n. 12 del 10 luglio 2008)».

Distanze e regole Si torna al punto di partenza: «Rispetto al piano attuativo – prosegue il comitato – presentato, non risulta nessuna convenzione tra il Comune e la Fondazione, che dovrebbero regolare rintervento a la pubblica utilità. Per quale motivo si dovrebbe concedere l’utilizzo dello spostamento di cubatura, del sedime e I’incremento di cubatura ( da mq. 87 a a 106,94) senza che sia certificata/garantita la pubblica utilità. Può essere genericamente accettata la proposta del piano attuativo che prevede la fruibilità della corte-giardino, nella quale sarà costruito il nuovo fabbricato? Chi garantisce che la Fondazione lascerà l’ingresso libero all’area dove ci sara un’abitazione privata, costruita sopra i reperti archeologici? Forse tale scempio sarà tenuto nascosto e non sarà lasciato alla fruibilità pubblica. Si fa presente che l’area è soggetta a vincolo con decreto del 23 marzo 1959 ( ai sensi del D.L del 21 gennaio 2004 n. 42 e Legge regionate n. 1 del 2015 art. 64). In merito alla progettazione del nuovo edificio, si fa presente che non risultano rispettate le distanze dalle cinte murarie demaniali, come previsto dalle NTA, dal regolamento edilizio, dalle leggi regionali e nazionali; ai lati dell’area dove si vuole costruire ci sono le mura castellane identificate chiaramente nelle mappe catastali come demaniali da un lato e dal lato opposto le altre cinta di mura castellane ( proprietà messa in discussione della Fondazione), che sono state oggetto di un intervento di restauro nel 2006, con l’utilizzo dei fondi regionali PUG del 2000 e quindi sicuramente di proprietà pubblica. I vincoli per le distanze sono inderogabili da regolamenti o leggi speciali, come è stato definito dalla Corte di cassazione n. 19449/2004. In merito al progetto presentato o ad eventuali progetti alternativi che saranno presentati, si fa presente the la Sovrintendenza ha già espresso il parere prot. 14899 del 30 luglio 2014 sulla compatibilità paesaggistica, che prevede, tra le altre prescrizioni, ‘l’edificio di progetto non deve alterare la percezione dello skyline eistente del centro storico e le visuali circostanti rispetto alla sistemazione anteoperam’. Su questo vincolo ci sono molte riserve sulla possibilità che venga rispettato, sia sul progetto attuale che su eventuali progetti futuri, anche alla luce del reperti archeologici che sono stati ritrovati e che occupano quasi totalmente l’intera area, sulla quale dovrebbe essere realizzato il nuovo immobile. Si chiede di fornirci indicazioni su chi ha l’obbligo di vigilare su questo vincolo e di chi è la responsabilità se non viene rispettato. Per le sopracitate motivazioni, il comitato ritiene che tale area venga segnalata all’attenzione del ministero dei Beni culturali per essere sottoposta a vincolo archeologico, considerando che oltre ai reperti ritrovati e sicuramente ad altri reperti the potrebbero essere riportati alla luce con ulteriori scavi sull’area dove nelle mappe dello Stato pontificio risulterebbe la ex Chiesa di S. Egidio, c’è anche un percorso sotterraneo di epoca preromanica e/o romanica, ben conservato e restaurato dal presidente della Fondazione, mai reso pubblico e probabilmente non portato a conoscenza della Sovrintendenza».

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