Sangue a Spoleto, ‘guerra’ tra comunità

Dall’ordinanza emergono i dettagli dell’accoltellamento del marocchino di 22 anni: spedizione punitiva, l’ombra del regolamento di conti

Condividi questo articolo su

Una lite per futili motivi legati alla presenza di un cane non custodito ed una presunta offesa diretta alla fidanzata di uno degli aggressori, una sorta di ‘boss’ del gruppo: sarebbero questi i motivi – forse utilizzati come pretesto per un regolamento di conti – alle origini del tentato omicidio ai danni di un marocchino di 22 anni avvenuto agli inizi di maggio a Spoleto e per il quale i carabinieri del Nucleo operativo, nella notte tra lunedì e martedì, hanno arrestato quattro giovani italiani. Nuovi dettagli che emergono dall’ordinanza di custodia cautelare – in carcere per tre, ai domiciliari per il quarto – firmato dal gip Federica Fortunati.

Il provvedimento E’ «una vera e propria spedizione punitiva», secondo il giudice, quella realizzata da un 25enne originario di Napoli ma da tempo residente a Spoleto, del cugino di 19 anni – anche lui di origini campane – e di altri due fratelli spoletini di 34 e 36 anni (quest’ultimo ai domiciliari). A sferrare materialmente le coltellate alla vittima – due fendenti al braccio sinistro e al costato – sarebbe stato il 25enne (noto per i suoi trascorsi con la giustizia e il carattere violento), incitato dal parente. Il marocchino aveva cercato di reagire e scappare, ma era stato poi inseguito da tutto il gruppo armato di mazze, dopo che l’accoltellatore – del quale, secondo le testimonianze raccolte dai militari, tutti i ragazzi del quartiere sarebbero «terrorizzati» – aveva ordinato ai complici di «prendere le spranghe».

Il racconto della vittima Il fatto è avvenuto al parco vicino alla chiesa parrocchiale di San Giovanni di Baiano, mentre il 22enne stava giocando a pallone insieme ad alcuni amici. Tutto sarebbe nato da un bull terrier privo di guinzaglio in compagnia di due donne, tra cui la fidanzata del 25enne, che aveva disturbato la partitella continuando ad inseguire il pallone. A quel punto, di fronte al rifiuto delle due di legarlo, il marocchino avrebbe rivolto loro qualche parola di troppo. Da qui la reazione successiva del napoletano, arrivato sul posto, dopo che due ragazze si erano allontanate, proprio per ‘difendere’ la fidanzata. Un motivo banale, ma che secondo il giudice sarebbe stato probabilmente utilizzato come «pretesto per un regolamento di conti con la comunità marocchina, con cui i rapporti risultano particolarmente tesi» .

«T’accir» Così, in dialetto partenopeo, il 25enne si sarebbe rivolto al marocchino al momento delle coltellate, secondo quanto hanno riferito alcuni testimoni dell’aggressione. Una frase che, a detta del gip, testimonia «l’effettiva intenzione di uccidere» . Da parte degli altri tre, dal canto loro, ci sarebbe stata «la condivisione dei propositi omicidiari manifestati». Ma non sono stati solo i racconti dei testimoni e della stessa vittima – durante la denuncia sporta ancora sul letto d’ospedale – a permettere ai militari di risalire agli aggressori, quanto le intercettazioni telefoniche disposte, dopo i primi sospetti, sulle utenze telefoniche dei quattro e dei loro parenti più stretti.

Il conflitto razziale «Stiamo in guerra aperta con questi marocchini…» si è lasciato ad esempio sfuggire in una conversazione captata dagli inquirenti il 25enne con una zia. Il giovane, tra l’altro, dopo il fatto sarebbe rimasto chiuso in casa proprio – si legge sempre nell’ordinanza – per «paura di possibili ritorsioni da parte della comunità marocchina», mentre i suoi parenti più stretti si sarebbero attivati per contattare la famiglia della vittima e cercare, prima delle denuncia del marocchino, di mettere a tacere la vicenda.

I rischi Circostanze, queste, che hanno contribuito ad individuare le esigenze cautelari: secondo il gip esiste il concreto e attuale pericolo che di inquinamento delle prove e di reiterazione dei reati da parte di tutti gli indagati, al quale si aggiunge anche il pericolo di fuga per il 25enne. Motivi che hanno spinto la dottoressa Fortunati a firmare l’ordinanza di custodia cautelare, nei confronti dei presunti aggressori, due dei quali difesi dall’avvocato Francesco Mattiangeli del Foro di Terni e uno dal collega Roberto Coricelli del Foro di Spoleto.

Condividi questo articolo su
Condividi questo articolo su

Ultimi 30 articoli