Terni, Papigno e quel campo contaminato

Dal 2005 è tutto off-limits in attesa della bonifica: stallo a causa dell’indagine per la caratterizzazione dei suoli e delle acque dell’ex discarica. «Trascorsi troppi anni»

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di S.F.

Area spogliatoi

Una storia lunga, decisamente troppo, che parte dal lontano 2001 quando un decreto del ministero dell’Ambiente fece scattare l’inserimento tra i siti inquinanti del programma nazionale di bonifica. Perché di sano c’è ben poco in quella zona: parliamo del Sin ‘Terni-Papigno’, con successivo passaggio del luglio 2002 che sancì la perimetrazione dell’area per il ripristino ambientale. Sono trascorsi quasi vent’anni e di passi in avanti di una certa rilevanza non se ne sono visti granché: lo stallo si è registrato sull’indagine per la caratterizzazione dei suoli e delle acque sotterranee dell’ex discarica, punto nevralgico del sito. In questo contesto ci rientra anche l’impianto sportivo, ormai in disuso da anni e che ha altri problemi.

CAMPO PAPIGNO E SCORIE AST, TUTTO FERMO: «IN ATTESA DI BONIFICA»

L’accesso bloccato

Off-limits da anni

Nel parcheggio di piazzale Jean Baptiste Camille Corot ci sono recinzioni – come nella maggior parte dei casi bypassabili senza troppi sforzi – per dividere l’area off-limits da quella frontale rispetto agli ex studios di Papigno: è ancora in vigore il provvedimento dell’allora primo cittadino Paolo Raffaelli di ‘interdizione all’uso pubblico di tutta l’area ex discarica dello stabilimento di Papigno a salvaguardia della salute pubblica’ e che giocoforza coinvolge il terreno di gioco (tra l’altro fuori norma). A fare il punto della situazione – su input della consigliera Doriana Musacchi – ci ha pensato lo scorso febbraio l’assessore allo sport Elena Proietti: «Il campo è stato reso inutilizzabile con un’ordinanza sindacale del 2005 per ragioni ambientali. Il fondo è stato realizzato con scorie provenienti dall’Ast rendendolo rischioso per la salute e c’è necessità di quantificare per la bonifica». Insomma, roba seria. A ciò si aggiunge il dissesto finanziario che non agevola – sempre che ne valga la pena visto l’affanno generale dell’impianstica sportiva cittadina – per l’eventuale tentativo di recupero. Anche perché è il guaio meno rilevante.

IL PIANO INTEGRATIVO PER LA CARATTERIZZAZIONE

Il terreno

Il campo e l’attesa

Per accedere si deve percorrere una stradina laterale – non manca la vegetazione a fare da ostacolo – che finisce a lato del campo. C’è un varco nella recinzione – evidente che qualcuno ci ha trascorso del tempo qui, ci sono oggetti qua e là – ed ecco che ci si ritrova nel ‘famoso’ terreno con sotto le scorie dell’Ast: ci sono due piccoli palloni sgonfi all’altezza delle due aree, del vestiario poggiato sopra una delle traverse e, a fare da contorno, alberi e abitazioni dei residenti a sovrastare la zona. L’ultima gara ‘ufficiale’ qui è stata disputata nel 2005, poi l’ordinanza di Raffaelli che ha spento la luce: «La prima cosa – spiega Rolando Sabatini, a capo della Polisportiva Papigno dal 1972 e coinvolto anche nella gestione della Grs Papigno – che dovevano fare era il campo era stato detto. Fu deciso il trasferimento all’antistadio ‘Taddei’ fin quando non avrebbero rimesso a posto il campo, all’epoca il ‘Taddei’ era in terra battuta e poi fu sistemato con il sintetico». Sa bene che la questione è ben più grande e complessa rispetto alla mera struttura sportiva, ma la speranza di riaverlo a disposizione non è tramontata. Certo, magari ci crede meno.

A MARZO IL VIA LIBERA DELLA GIUNTA AL PIANO INTEGRATIVO

Il campo e, dietro, Papigno

Lo spazio che manca: «Defraudato»

Sabatini amplia il discorso e tira in ballo l’intera frazione: «La situazione si protrae da troppo tempo. Prima c’era un po’ di verde da sfruttare per bambini ed anziani. Se conviene recuperare lo spazio? Ci sono due squadre ospiti all’antistadio, stiamo andando fallite perché non abbiamo la possibilità di piazzare cartelloni pubblicitari al momento. I ragazzi dell’amatoriale si autotassano per l’iscrizione al campionato Uisp; per la seconda categoria si trova qualche piccolo contributo per l’amore dello sport. Arriveremo ad un punto dove lasceremo, sinceramente ci siamo stufati se devo essere onesto: ho iniziato nel 1972 con la Polisportiva Papigno e mi sento defraudato per tutte le persone del paese che dal 2005 non hanno uno spazio. A ridosso del campo – conclude – avevamo piazzato giochi per i bambini, pini e panchine. Uno spazio polifunzionale, si poteva praticare anche il tennis, il basket e la pallavolo. Ora nulla». La sensazione è che la storia sia destinata a proseguire ancora per anni.

IL PASSAGGIO DELLA COMMISSIONE ECOMAFIE

Un pallone sgonfio sul campo

La messa in sicurezza 

Come detto si è bloccati per la necessità di procedere con il piano integrativo di caratterizzazione – input dell’Ispra – da 158 mila euro che il Comune ha messo in piedi, creando anche una struttura di lavoro con a capo Raffaela Petralla: senza la definizione di «un modello concettuale del sito sia per la contaminazione dei terreni, sia per l’assetto idrogeologico dell’area» non si può andare avanti. Indagini sono già state effettuate – già nel 2014 il ministero dell’Ambiente aveva imposto al Comune l’utilizzo dei piezometri per la caratterizzazione – ma i dati non hanno consentito di chiudere questa fase. Nel piano per i campionamenti si legge che «l’area, interamente circoscritta da recinzioni e muri perimetrali, presenta alcune zone adibite nel tempo ad uso sportivo con edifici utilizzati come spogliatoio e magazzini. La restante parte è inutilizzata da lungo tempo ed è pertanto soggetta a sviluppo di vegetazione di vario tipo che viene periodicamente tagliata; non si svolgono attività da decenni, solo una parte degli impianti sportivi veniva utilizzata sino a circa dieci anni fa. Dal momento che è stata inserita nel Sin ‘Terni-Papigno’, si sta provvedendo alla messa in sicurezza (ed entra in gioco la caratterizzazione). Attività propedeutica alla bonifica ed al recupero per poter proseguire. Parte dell’area veniva utilizzata dai cittadini come area relax per passeggiate e per il gioco dei bambini».

IN UMBRIA 120 DISCARICHE INATTIVE

La panchina

Fitorimedio 

Ciclicamente l’argomento viene ritirato in ballo ma in concreto si muove pochino. In passato – per fare un esempio – era stato ribadito come l’area del campo avesse una contaminazione uniforme e delineata per consentire di elaborare un modello concettuale del terreno da trattare con fitorimedio: nel progetto preliminare si indicava la possibilità di un recupero dell’area sportiva a sei mesi dall’inizio dei lavori. Peccato che una partenza non ci sia mai stata. A proposito di fitorimediazione: per le altre aree si era parlato anche dell’impiego di cannabis sativa. Tutto caduto nel vuoto.

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