Stupro a Terni, 18enne egiziano in carcere

Arrestato Ramy Hakim per i fatti avvenuti all’alba del 30 giugno al Chico Mendes. La vittima: «Mi ha costretta, ho paura»

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I carabinieri del comando provinciale di Terni lo ‘monitoravano’ da giorni, in attesa di un passo falso, di quegli elementi in grado di chiarire definitivamente come fossero andate le cose all’alba di domenica 30 giugno, nel parcheggio del parco Chico Mendes. «Sono stata violentata lì dopo la festa» aveva raccontato la vittima – una ragazza ternana di 20 anni – ai medici e ai carabinieri giunti al pronto soccorso per sincerarsi dell’accaduto. E in quel momento erano scattate le indagini che giovedì mattina hanno portato all’arresto di Ramy Misail Nagdyun Hakim, 18enne di nazionalità egiziana residente a Terni, a meno di due settimane di distanza da quei terribili fatti.

VIOLENZA AL CHICO, FOTOGRAFIE DECISIVE

VIDEO – PARLA IL COMANDANTE PROVINCIALE DEI CARABINIERI DAVIDE ROSSI

Ramy Hakim

L’indagine

I dettagli dell’operazione sono stati illustrati giovedì pomeriggio dal procuratore capo Alberto Liguori e dai vertici dell’Arma ternana – il comandante provinciale Davide Rossi, il comandante del reparto operativo Stefano Verlengia e del nucleo operativo e radiomobile Mirco Marcucci – in una conferenza stampa appositamente convocata. Accanto al riconoscimento fotografico che ha consentito di risalire all’identità del soggetto, un ruolo lo ha certamente avuto il racconto della ragazza, le parole scritte, pronunciate e le azioni messe in atto subito dopo quei terribili momenti: una ricostruzione, la sua, avvalorata dai riscontri ginecologici – altri, biologici, verranno eseguiti nei prossimi giorni dal’Arma a Roma – e ritenuta di assoluta attendibilità e affidabilità. I contenuti della relazione inviata dai militari alla procura, hanno convinto gli inquirenti sulla necessità di procedere senza indugi, fino all’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal gip di Terni, Margherita Amodeo. Dopo un breve passaggio presso il comando provinciale dell’Arma di via Radice, nel primo pomeriggio di giovedì il giovane è stato tradotto nel carcere di vocabolo Sabbione, a disposizione dell’autorità giudiziaria.

VIOLENZA AL CHICO, RICERCATO UN RAGAZZO: SOLUZIONE PIÙ VICINA

La ricostruzione

Il procuratore capo Alberto Liguori racconta che «i veri protagonisti di questa vicenda, profondamente triste ma risolta positivamente, sono stati l’alcol, la gioventù, l’incoscienza e anche la malvagità di uno sconosciuto che ha approfittato di questa miscela esplosiva. La ragazza era insieme ad altri amici, una comitiva allegra e spensierata. Intorno alle 3 di notte lo sconosciuto l’ha ‘agganciata’ in pista, forse anche per via del suo stato di ubriachezza, visto che barcollava. Lei stessa ha ammesso di aver alzato il gomito prima di andare in discoteca e forse anche durante. Il soggetto ha messo fatto delle avances sempre più spinte, fino a realizzare che la situazione poteva tornargli ‘favorevole’. Infatti l’ha invitata a seguirlo per andare nel vicino parcheggio. Ed è lì – spiega Liguori – che distesa sul cofano di un’auto, la giovane ha subìto la violenza sessuale».

«Locale senza videosorveglianza»

«Anche stavolta – aggiunge il procuratore capo – la sfortuna ha voluto che non vi fosse un sistema di videosorveglianza in zona. Come si può rilasciare l’autorizzazione ad un locale del genere se non c’è un sistema minimo? Telecamere sono presenti allo stadio, in centro e in altri luoghi pubblici. Forse sarebbe stato un deterrente, magari anche utile a ricostruire i fatti. Ci siamo invece basati su indagini ‘artigianali’ dimostratesi comunque del tutto efficaci. A partire dai fotografi presenti nel locale per immortalare la serata. Tutte le foto sono state, infatti, analizzate dai carabinieri, al pari dei tabulati telefonici: quella sera la cella registrava l’utenza del telefono del giovane proprio in quella zona. Ma la procura è stata convinta anche dalla ricostruzione assolutamente coerente, precisa, calibrata e credibile della ragazza. Lei non lo conosceva, perché avrebbe dovuto accusarlo falsamente? Vero le 4.15 ha raccontato all’amica l’accaduto e poi lo stesso ha fatto con i carabinieri in ospedale. Al Santa Maria lo specialista ginecologo ha riscontrato i segni della violenza. Tutto ciò è bastato per applicare, su ordine del gip, la misura cautelare della custodia in carcere».

Il capitano Marcucci

La strada verso l’arresto

Al capitano Mirco Marcucci, che si è speso in prima persona nell’indagine, il compito di descrivere l’operazione: «Passo dopo passo, siamo riusciti a mettere insieme tutti i tasselli. È stato fondamentale aver iniziato subito, sentendo lei e le sue amiche, anche se in quel momento avevamo solo la descrizione degli indumenti indossati dal soggetto. Abbiamo controllato ogni filmato e ogni foto della serata, soprattutto quelle scattate dai professionisti. Cercavamo un ragazzo giovane, non italiano e fra le immagini abbiamo trovato una persona che poteva somigliare alla descrizione fornita. Poi l’intuizione: la questura, con grande disponibilità, ci ha fornito le schede di ogni ragazzo che ha ottenuto un permesso di soggiorno nella provincia di Terni. E anche qui, immagine dopo immagine, permesso dopo permesso, abbiamo trovato chi corrispondeva alla nostra foto, con un nome ed cognome sopra. Si tratta di un ex minore non accompagnato, collocato in una comunità del ternano. Prima siamo andati presso la struttura di accoglienza per vedere se si trovava ancora lì, ma era diventato maggiorenne e non aveva più alcun obbligo di restarci. Dov’era? Era residente a Terni? Tutto negativo. Aveva parenti o amici? In una banca dati abbiamo scoperto che lavorava in un bar di Terni e lì lo abbiamo trovato. Sono iniziati i pedinamenti mattina e sera (il giovane abita a Terni, ndR), per capire chi frequentasse e scoprire tutto su di lui. Un giorno lo abbiamo visto con la stessa maglietta, bianca e con una scritta, che indossava la notte del 30 giugno, quella dello stupro. Abbiamo scoperto che fra i suoi amici c’era un ragazzo egiziano, che frequenta spesso e che quella sera era nella stessa discoteca, anche lui gravato da una violenza sessuale compiuta sempre a Terni presso una piscina, ma meno grave di questa. A quel punto abbiamo rendicontato tutto all’autorità giudiziaria che ha emesso l’ordinanza di custodia cautelare in carcere».

Tenuto d’occhio per giorni

Il capitano Marcucci ha anche spiegato che, quando sono andati a prenderlo a casa, i militari hanno trovato nell’abitazione la stessa maglietta che Ramy Misail Nagdyun Hakim indossava al parco Chico Mendes. Il giovane vive in città, come detto lavora in un bar frequentato ogni giorno da centinaia di persone, nei pressi della stazione ferroviaria di Terni, ed è in possesso di regolare permesso di soggiorno. In Italia c’era arrivato come ‘Sprar’ nel programma riservato ai minorenni non accompagnati. «Di lui sapevamo tutto – ha aggiunto il capitano Marcucci – ma con pazienza siamo riusciti ad acquisire quegli elementi che lo hanno inchiodato alle proprie responsabilità». Chi lo conosce di vista parla di un ragazzo «a posto, simpatico e alla mano. Preciso sul lavoro», insomma nulla che potesse far immaginare che un giorno sul suo capo sarebbe piombata un’accusa così pesante.

«Mi ha costretta, ho paura»

La 20enne violentata, appena subito dopo il fatto, ha mandato un messaggio ad un’amica: «Mi ha costretta, ho paura». Parole ritenute di piena e totale sincerità dagli inquirenti, perché rivolte all’amica del cuore, a pochi minuti dall’accaduto, in uno stato di totale prostrazione. Ora sta un po’ meglio, forse anche alla luce del fatto che il suo ‘orco’ è in carcere. Nei prossimi giorni Ramy Misail Nagdyun Hakim verrà sentito dal gip di Terni per la convalida: è difeso dall’avvocato Andrea Solini di Orvieto. Per gli inquirenti il 18enne «non pensava di essere finito sotto la lente, tanto che dopo quella notte ha continuato a fare le cose di sempre, a lavorare e uscire con gli amici. Come se nulla fosse».

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