Tavolo sviluppo, Cgil ‘sferza’ gli industriali

Umbria, il segretario generale Sgalla dice la sua sugli incontri in Regione: «Confronto sia davvero aperto. Da Confindustria serve protagonismo, non inerzia»

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di F.T.

Un primo bilancio fatto di proposte, ‘paletti’ e qualche sferzata. A stilarlo, sul tavolo avviato lo scorso 19 marzo a palazzo Donini per discutere del futuro sviluppo dell’Umbria, è il segretario regionale della Cgil, Vincenzo Sgalla. L’ultima ‘puntata’ è andata in onda giovedì, alla presenza dei rappresentanti della Regione, di tutte le associazioni di categoria dell’artigianato, del commercio e del turismo, dei tre sindacati confederali – Cgil, Cisl e Uil – dell’università di Perugia e di Confindustria. Diversi i concetti operativi espressi nel corso dell’incontro, legati soprattutto al metodo di analisi da seguire. A lasciare perplesso Sgalla sono stati però alcuni ‘silenzi’, su cui il numero uno della Cgil in Umbria non evita di soffermarsi.

Vincenzo Sgalla

Le premesse «L’obiettivo dichiarato del tavolo – afferma il segretario generale della Cgil – è giungere entro l’estate ad un quadro condiviso sullo stato di salute della nostra regione, necessario per capire quale sia il modello di sviluppo da seguire. Il fatto che la Regione Umbria, ad esempio, intenda avvalersi anche di figure esterne per analizzare lo stato dell’arte ed individuare alcune potenzialità, non ci vede pregiudizialmente contrari, purché tali informazioni rappresentino solo un supporto ad idee e visioni che sono gli attori protagonisti del tavolo a dover mettere in campo».

«Discussione sia aperta» Partendo dall’ultimo incontro di giovedì – «estremamente operativo», lo definisce Sgalla – il segretario della Cgil umbra si sofferma su alcuni aspetti particolari: «Intanto, come ho avuto modo di ribadire, credo che una discussione di questo tipo – sullo stato di salute dell’Umbria e sui modelli di sviluppo che dovranno essere adottati – sia utile nella misura in cui non resti delimitata ad una ‘èlite’, ma diventi aperta, inclusiva, orientata ai veri bisogni dei cittadini. Non cerchiamo tavoli in cui riconoscerci reciprocamente come forze sociali ed ecomomiche. In passato abbiamo invocato a più riprese questa occasione che ora non intendiamo perdere».

‘No’ compartimenti stagni Il confronto è articolato in tre ambiti specifici: industria e turismo, welfare sociale, agricoltura e servizi. «Di fatto c’è un quarto filone – osserva Vincenzo Sgalla – che è quello legato alla ricostruzione post-sisma, fondamentale per il futuro sociale ed ecomomico delle aree interne della regione. Crediamo che i tavoli specifici su questi temi non debbano essere isolati l’uno dall’altro, perchè è evidente la stretta connessione esistente fra turismo, industria 4.0, welfare e ricostruzione. Se questi filoni non vengono incrociati fra loro, se non si crea un dialogo, si rischia di disegnare una traiettoria parziale rispetto alle reali esigenze del territorio».

Le ‘bacchettate’, Sgalla, le lascia per ultime: «La finalità è sempre propositiva e orientata a far sì che questa occasione venga sfruttata appieno – precisa -. Devo però registrare una certa passività da parte di Confindustria che, in virtù del suo ruolo-chiave nel contesto sociale ed economico, deve essere protagonista nella discussione. Dall’associazione, dai suoi nuovi rappresentanti che, come sindacati confederali non siamo riusciti ancora ad incontrare nonostante le richieste avanzate, ci attendiamo tutti una rinnovata dinamicità. Dinamicità che, e mi assumo la responsabilità di ciò che dico, non vedo ancora tradotta nei fatti. Questa inerzia, che non riguarda solo il tavolo sullo sviluppo aperto in Regione ma anche le relazioni sindacali ed alcune vertenze-chiave, deve essere sostituita da un nuovo protagonismo. Perché ognuno deve fare la propria parte, anche e soprattutto chi ha l’onore di rappresentare le imprese della regione. Questa riflessione mi sento di estenderla anche alle politiche attive del lavoro, perché dire ‘basta cassa integrazione’ non serve a nulla se poi a quelle parole non seguono i fatti, se le persone non vengono ricollocate».

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