Terni, Ast e sindacati: obiettivo comune?

Ai secondi, stringi stringi, interessano sempre il mantenimento della produzione e l’occupazione – Il corsivo di Walter Patalocco

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di Walter Patalocco

Uno stenta a crederci: il sindacato è contento di come vanno le cose all’acciaieria. In centoquarant’anni non era mai successo. Com’è, allora? Un colpo di sole marzolino? Demenza senile anticipata?

E’ che se l’Ast fosse venduta dalla ThyssenKrupp a qualcuno per cui la produzione di acciaio fa parte del core business, quelli del sindacato sgancerebbero un sorriso a sessantaquattro denti.

La ThyssenKrupp, quello che fu il gigante europeo e mondiale dell’acciaio, adesso di produrre acciaio non ne sente proprio la vocazione, anche se così facendo prende a calci la sua propria storia. L’acciaio come produzione residuale, quasi. Una specie di parente povero che non è stato possibile allocare (leggi Outokumpu) utile solo per procacciarsi ‘materia prima’ per le attività su cui punta oggi la multinazionale con sede in Germania: automotive, impiantistica, ristrutturazioni urbanistiche ecc. ecc.

Al sindacato, stringi stringi, interessa sempre la stessa cosa: mantenimento della produzione e dell’occupazione, anche se una crescita – ovvio – sarebbe meglio. Ecco perché destano attenzione le voci di cessione dell’Ast. Si vende solo il reparto del carbonio? Ormai non è nelle produzioni di prestigio (ma lo è mai stato?) delle acciaierie di Terni.

L’importante è che qualunque manovra si faccia, il Governo italiano in un modo o nell’altro ci tenga l’occhio sopra. Perché per un Paese che è il secondo consumatore europeo di inossidabile, fabbricarselo in casa non è un calcio negli stinchi.

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