Terni, beni comuni: «Dialoghiamo»

Le realtà sociali riunite nel ‘Comitato beni comuni 11.1’, chiedono al Comune di «rivedere il regolamento sulle sedi»

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A seguito della decisione da parte del Comune di Terni di considerare conclusa l’esperienza dei centri giovanili, «richiedendo lo sgombero dei locali, annunciando un bando per assegnarli, chiudendo definitivamente il Cimarelli e Palmetta; così come i centri sociali anziani», l’11 gennaio le organizzazioni dei centri giovanili della città hanno convocato un’assemblea pubblica e da quel momento di confronto è nata una rete composita che si è riunita nel ‘Comitato beni comuni 11.1’.

«Desertificazione sociale e culturale»

Come comitato, però, «abbiamo sempre trovato un rifiuto del confronto, l’assenza di progettualità condivise e la volontà di chiusura del patrimonio sociale e culturale di questa città. Di fronte a questa chiusura abbiamo lanciato una mobilitazione permanente: una manifestazione ‘Il dito e la luna il 9 febbraio, un presidio insieme all’Anpi contro la presentazione di un libro di Casapound in consiglio comunale il 24 febbraio, la Casa (R)esiste l’8 marzo e a Cimarelli Parade il 30 marzo. Il Comune di Terni in questi mesi ha attivato 3 differenti bandi per l’assegnazione di 22 immobili e locali. Quello destinato alle attività associative, con scadenza 8 marzo 2019, ha visto partecipare 8 associazioni per 6 immobili su 8 disponibili. Di questi ne sono stati assegnati 4, lasciandone altrettanti liberi. Il bando relativo ai centri anziani, anche questo con scadenza 8 marzo, ha visto partecipare solo 8 associazione per 11 immobili messi al bando, e di questi ne sono stati assegnati solo 7, lasciando fuori un’esperienza storica come quella del centro sociale ‘Matteotti’. Infine, del bando per gli spazi prima dedicati ai centri giovanili scaduto il 18 febbraio e che riguardava 3 immobili non si sanno ancora gli esiti. Come da noi previsto la politica messa in campo e l’atteggiamento non dialogante sono andati nella direzione della desertificazione sociale e culturale di questa città».

Le sedi

Degli immobili messi a bando «quasi la metà non sono stati assegnati. Alcune associazioni come ‘Arciragazzi – Gli anni in tasca’, anziché pagare un affitto all’amministrazione locale, hanno intrapreso la strada della sede presso privati. Intanto, l’associazione ‘Il Progetto’, ideatrice e animatrice per anni del ‘Progetto Mandela’ e proprietaria e gestrice del Centro di documentazione sui diritti umani, è anch’essa sotto sfratto e sta cercando la strada per proseguire l’attività di biblioteca con i libri che mette a disposizione della città attraverso un patto di collaborazione, che questa amministrazione non ha ancora voluto sottoscrivere. Stessa inerzia riguarda l’associazione ‘Demetra’ che, nonostante il progetto ‘Orto 21’, non ha avuto alcun riscontro da parte del Comune. Intanto la ‘Casa delle Donne’ sta raccogliendo in città centinaia di firme per evitare lo sfratto dai locali di via Aminale.

‘Talk#1 – Dagli usi ai patti’

Venerdì 14 marzo tutte queste realtà, raccolte nel ‘Comitato beni comuni 11.1’, hanno organizzato a Terni un incontro sui beni comuni – patrocinato dall’Anci Umbria – ‘Talk#1 – Dagli usi ai patti’, che soprattutto grazie alla partecipazione della professoressa Valastro del dipartimento di scienze politiche dell’Università degli studi di Perugia, «ha avuto il merito di mettere molti puntini sulle ‘i’ sui patti di collaborazione e sul rapporto tra cittadini ed amministrazioni locali, le quali devono agire applicando il principio costituzionale di sussidiarietà. Infatti, la logica che anima i patti di collaborazione è opposta a quella che ha ispirato i bandi di concessione degli spazi di aggregazione. La prima è aperta, trasparente, democratica e generativa; la seconda può fare a meno di tutto ciò».

La gestione condivisa dei beni comuni 

I beni comuni, si legge ancora nella nota del comitato, «non possono essere individuati a priori o essere circoscritti ad un elenco. Esiste un regolamento dei beni comuni, che definisce i modi, i tempi e le garanzie della partecipazione. Questo regolamento individua nei patti di collaborazione lo strumento che consente la gestione condivisa dei beni comuni indipendentemente dal trattamento di favore o meno che la amministrazioni locali decidono di riservare ai cittadini e alle loro organizzazioni; e la partecipazione alla stesura dei patti deve essere aperta. Non ci sono lettere di sgombero; non ci sono atteggiamenti intimidatori. La logica dei patti di collaborazione è trasparente, perché le proposte vengono pubblicate sul sito istituzionale, democratica, perché consente la definizione comune di obiettivi e generativa, perché il consenso che creano è indipendente dalle intenzioni dell’amministrazione comunale di turno. I patti di collaborazione non devono essere ridotti al mero strumento per risparmiare sulla gestione degli spazi e sulla loro manutenzione. Dietro una proposta di collaborazione ci sono competenze, desideri, bisogni da affrontare, idee e, soprattutto, persone. Eppure questa amministrazione continua ad ignorare diverse proposte di patto, semplicemente perché chi la propone non è nelle grazie di qualche assessore. Evidentemente c’è chi amministra la nostra città, che non ha ancora capito cosa sia il regolamento comunale sui beni comuni».

«Rivedere il regolamento»

Per questo motivo «invitiamo l’amministrazione Latini a rileggere e a studiare il regolamento del Comune di Terni sui beni comuni, evitando pose monocratiche. L’amministrazione non può opporsi aprioristicamente alle proposte di patto; quindi, chiediamo che venga dichiarata conclusa la stagione pseudo-immobiliarista e fallimentare che ha portato alla pubblicazione dei bandi di assegnazione degli spazi, molti dei quali rimarranno vuoti. Solo in questo modo si può arginare il deserto che avanza e promuovere una cultura dei beni comuni. Attendiamo una risposta».

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